Arte

A Mantova la mostra L'arte celata
del Sol Levante di Akihiko Takeda

Oggi, sabato 10 agosto alle 10.30 presso Casa di Rigoletto a Mantova, in piazza Sordello 23 è in agenda l’inaugurazione dell’esposizione L’arte celata del Sol Levante patrocinata dal Comune di Mantova. L’esposizione raccoglie una selezione rappresentativa della collezione in gesso realizzata dall’artista giapponese Akihiko Takeda a Mantova tra il 1990 e il 1993, oltre ad alcune opere in metallo esposte nel 1984 in Giappone. Con questa mostra viene omaggiato un artista poliedrico. E’ anche l’occasione per ricordare il gemellaggio storico siglato nel 2005 tra Mantova e Omihachiman, in Giappone, uno scambio culturale che testimonia il profondo legame tra queste due città.

BIOGRAFIA – Akihiko Takeda (5 settembre 1930 – 27 dicembre 2012) nasce a Toyohashi, nella prefettura di Aichi e qui trascorre i primi anni d’infanzia con la nonna, immerso nella spiritualità di templi e santuari, mentre i genitori vivono a Nagoya.

Nel 1937, all’età di sette anni, ritorna nella sua Nagoya dove rimane fino al 1948 per poi trasferirsi a Tokyo dove frequenta la Tokyo University of the Art GEIDAI, l’università d’arte più prestigiosa della capitale. Segue corsi di lavorazione del legno, vetro, metallo e tessuti, pittura ad olio, scultura e ceramica.

Terminati gli studi a ventuno anni, la casa automobilistica Toyota, riconoscendone le capacità artistiche, lo assume come designer pubblicitario per la sede di Nagoya; contemporaneamente si dedica all’insegnamento di pittura presso la scuola YMCA dove conoscerà la sua futura moglie, Sachiko Takahara.

A partire dal 1953, partecipa a diversi concorsi fotografici e di “Opere preziose laminate”, vincendo il primo premio. Takeda utilizza la smaltatura, una tecnica nata 3000 anni fa e che fa propria. Uno smalto perfetto nasce dall’equilibrio e dall’esperienza.

Negli anni ‘60 Takeda crea i primi gioielli d’arte e approccia per la prima volta il mercato giapponese. Takeda immagina, disegna e realizza le sue opere utilizzando non solo metallo e inserti di vetro colorato attraverso la tecnica della smaltatura, ma anche finiture in cotone e seta giapponese utilizzati per i kimoni tradizionali.

Dopo la seconda metà degli anni ’60 fonda la Takeda Design Jimusho (武田デザイン事務所) a Nagoya e successivamente, viaggiando tra Giappone e Stati Uniti d’America, collabora come Design Consultant per la Anthony Enterprises Ltd. con sede a Seattle, affacciandosi al mercato Americano con la sua produzione di gioielli.

Nel 1976, la scomparsa prematura della moglie e successivamente la lontananza dalla figlia trasferitasi in Italia, lo portano a diventare un tutt’uno con le sue opere, dando massima espressione alla sua creatività: da questo momento l’arte si trasforma in una necessità imprescindibile per colmare l’enorme vuoto.

All’inizio degli anni ’80, all’età di 50 anni, viene chiamato dalla Nagoya University of The Arts per condurre un corso sulle tecniche di lavorazione del metallo. Prosegue la sua ricerca creando, da una parte opere ricavate da sottili lamine d’argento e rame, dall’altra ulteriori serie di maschere e gioielli d’arte.

Nel marzo 1984, espone a Nagoya opere in argento e rame presso la Galleria Hakkakudou con i 10 migliori artigiani giapponesi del metallo e successivamente una serie di opere laminate in argento e rame presso la Akane Gallery che lo rappresenterà fino agli anni ‘90.

In questi anni anche Shiseido in Giappone e Tiffany & Co. negli Stati Uniti d’America, dove si reca per lavoro, manifestano interesse per la sua produzione di maschere e gioielli ad ispirazione giapponese.

Nel 1990 approccia la scultura in gesso con una tecnica singolare, sintesi dei suoi studi e della sua esperienza. Le sue forme, evocando Matisse e Picasso, dichiarano un forte interesse per l’arte occidentale, pur preservando radici e tradizione.

Tra il 1990 e il 1993 si reca in Italia più volte. Ospite della figlia, a Mantova, realizza alcune opere in gesso e approfondisce da un lato lo studio del marmo come base per le sue sculture e dall’altro la lavorazione del bronzo, appoggiandosi presso alcune fonderie del territorio.

Tornato in Giappone, decide di indagare nuove tecniche e materiali, prediligendo al gesso l’argilla, realizzando sia opere in terracotta che ceramiche. La conoscenza e l’esperienza maturate nel tempo, lo conducono ad una piena consapevolezza della lavorazione della materia. Dalla combinazione di più materiali, realizza opere multimateriche.

Nel 1998 Takeda sperimenta la tecnica della ceramica incisa, una collezione ampia sia per numero di opere che per varietà di soggetti rappresentati. Un percorso artistico che termina nel 2012 con gli origami, un ritorno non solo alle sue radici ma anche alla religione shintoista.

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