16 luglio '74: 50 anni fa nasceva
la Tibre. Ora ci siamo davvero?
Mai nome più indicato come quello di bretella nel caso della TiBre è stato dato. Bretella elastica, nel senso che se ne parla da cinquant’anni e i momenti di speranza (almeno per i favorevoli all’opera) e quelli di sconforto si susseguono continuamente.
50 anni esatti oggi: il 16 luglio 1974 infatti venne firmata la convenzione per il prolungamento della A15 Parma-La Spezia, che venne aperta un anno più tardi. L’obiettivo era quello di realizzare gli 85 km tra il raccordo con la A1 all’altezza di Fontevivo e quello con la A22 del Brennero, in località Nogarole Rocca. Il Ti-Bre, appunto.
Dopo decenni di tira e molla, nel settembre del 2016 ha avuto inizio la costruzione del primo tratto, quello tra Fontevivo e Trecasali, e al momento l’autostrada si perde nei campi del Parmense. L’utilizzo era previsto a partire dal 2019, in realtà quell’autostrada deve ancora essere inaugurata, anche perché ancora si è in attesa del collaudo.
La concessione della Tibre era inizialmente fissata alla scadenza del 2004, poi spostata al 2010 e infine al 2031. Nel 2001 l’opera fu inserita nella Legge Obiettivo del Governo Berlusconi, ma anche in questo caso agli intenti non seguirono i fatti.
L’ultimo sussulto c’è stato all’inizio di giugno, quando il Ministero delle Infrastrutture ha firmato un accordo con le Regioni Emilia-Romagna e Lombardia, sulla base del quale c’è la consapevolezza dell’importanza del collegamento, ma anche in funzione della futura realizzazione dell’autostrada Cremona-Mantova: i due tracciati hanno infatti un tratto in comune, che compete proprio alla TiBre, di 8,5 km, tra Calvatone e Marcaria. Tutti d’accordo, ma come sempre manca il dettaglio economico. Pochi giorni fa poi lo schema del protocollo d’intesa è stato approvato dalle due Regioni interessate.
L’ex sindaco di Casalmaggiore Massimo Araldi, ai tempi membro del Cda di AutoCisa, nel 2012 ci disse di essere certo che l’opera sarebbe stata fatta, sbilanciandosi anche sui tempi, da lui previsti in 5-6 anni per percorrere l’intera bretella. Allora si parlava di 2,7 miliardi di costi, di cui 0,5 per il primo tratto. Cifre che ovviamente sono aumentate di parecchio. Poi AutoCisa nel 2017 fu incorporata alla Salt, Società Autostrada Ligure Toscana, e oggi è in mano a Gavio.
L’opera complessivamente prevede l’attraversamento di 4 fiumi: il Taro (in questo caso è stato fatto in quanto parte del primo tratto), il Po, l’Oglio e il Mincio. In particolare è impattante l’attraversamento del fiume Po, previsto nel Comune di Torricella del Pizzo vicino al confine con Gussola: il Ministero dell’Ambiente (come affermò in quel 2012 l’ingegnere di AutoCisa Diego Rubini) si oppose ai piloni in acqua, tanto che il progetto prevede una torre alta ben 180 metri con un’unica campata di 270 metri: una delle costruzioni più alte presenti nel nostro Paese.
Anche tre anni fa, proprio di questi giorni, sembrava che le acque si smuovessero, quando i 4 presidenti di Provincia di Cremona, Parma, Mantova e Verona fecero un appello al Governo, sostenendo l’importanza dell’opera non solo per il nostro territorio ma per la viabilità in ottica europea, collegando i porti del Baltico con quelli del Mediterraneo. Pochi mesi dopo (marzo 2022) seguì l’ennesima doccia fredda, quando l’assessore ai Trasporti dell’Emilia-Romagna Adriano Corsini dichiarò che gli investimenti previsti erano troppo elevati, tanto che la società concessionaria iniziò a valutare un’alternativa per collegare il terminale dell’autostrada di Trecasali con la strada a scorrimento veloce Cispadana, che corre in Emilia verso Ferrara fino al raggiungimento del casello di Pegognaga sulla A22.
Ci attende una nuova doccia gelata? È quel che fa intendere il consigliere di minoranza regionale Matteo Piloni del Pd, il quale ha applaudito il protocollo d’intesa, ma sottolinea come oltre le intenzioni non si parli di copertura finanziaria. Sempre in Regione il Movimento 5 Stelle è contrario all’opera, definita inutile oltre che una ulteriore colata di asfalto e cemento.
V.R.