Chiesa

Vidalenzo, la modernità di padre
Maldotti a 85 anni dalla morte

Quelle del Grande fiume, sull’una e sull’altra riva, sono terre che, nel tempo, nel solco della storia, hanno dato i natali a poeti e scrittori, musicisti e pittori, santi e beati.

Terre in cui le nebbie invernali e le afose giornate estive hanno modellato e temprato lo stile, l’identità ed il carisma di uomini e donne che, sia nel campo delle arti che in quello dei mestieri, hanno saputo lasciare tracce, esempi e opere importanti della loro esistenza. Sono anche terre che hanno visto crescere persone che, attraverso la loro fede, hanno dedicato la loro esistenza alla missione. In alcuni casi lo scorrere del tempo ha portato a ovattare il loro ricordo che merita invece di essere tenuto vivo e valorizzato.

Una di queste figure è quella di padre Pietro Maldotti, missionario scalabriniano, di cui proprio in questi giorni d’inizio febbraio, ricorre l’85esimo della morte. Classe 1862 era nativo di Vidalenzo, piccola ma vivace frazione di Polesine Zibello, posta proprio al crocevia tra due regioni (Emilia e Lombardia) e tre province (Parma, Piacenza e Cremona).

In lui la vocazione religiosa germogliò fin dalla più tenera età e fu ordinato sacerdote il 20 dicembre 1885. Per diversi anni fu professore in seminario a Fidenza mentre il 13 luglio 1893 entrò nella congregazione degli Scalabriniani, un ordine religioso missionario nato nell’Ottocento per l’assistenza ai migranti italiani oltre oceano.

Il 19 luglio 1895 fu inviato a svolgere il suo ministero al porto di Genova, dove confluivano ogni anno migliaia di poveri emigranti, spesso vittime di sfruttatori senza scrupoli. Maldotti incontrava gli immigranti alla stazione ferroviaria, provvedeva a trovare loro alloggio, forniva abiti per il viaggio, specialmente per i bambini, ed incoraggiava sacerdoti ad accompagnare i migranti durante il viaggio.

Padre Maldotti non esitò a porsi in aperto contrasto con la criminalità che gestiva il traffico umano oltre oceano, subendo per questo minacce e addirittura un attentato, dal quale uscì ferito. La missione genovese si occupava con eguale impegno sia di chi partiva in cerca di lavoro sia di chi rientrava dopo un soggiorno all’estero, facendo anche da punto di riferimento italiano per le attività della Italian St. Raphael Society fondata dai Padri Scalabriniani a New York nel 1891.

Compì anche i suoi primi viaggi sulle navi degli emigranti per toccare con mano le loro condizioni di vita e visitare le comunità all’estero. Il 10 novembre 1896, scrisse e pubblicò a Piacenza una prima relazione al Ministero degli Esteri sulla situazione degli emigranti. Una seconda relazione venne pubblicata a Genova il 1º marzo 1898 <sull’operato della missione del porto di Genova>; una testimonianza fondamentale sulla storia dell’emigrazione italiana di fine Ottocento, e sullo sfruttamento degli immigrati da parte di agenti e intermediari. Luigi Einaudi, allora giornalista de La Stampa incontrò Maldotti e il 9 settembre 1898 ne illustrò le attività in un lungo articolo elogiativo. Anche la Civiltà Cattolica del 10 gennaio 1899 fece riferimento all’opera di Maldotti a Genova.

La nuova legge sull’emigrazione approvata dal parlamento italiana il 31 gennaio 1901 recepì molte delle proposte dell’insigne missionario che dal febbraio al giugno 1903 Moldotti visitò l’Argentina. Alla fine dello stesso anno si recò in Perù, in Brasile (dove fondò diverse opere di accoglienza e promozione umana) ed in Cile rientrando a Genova nel 1904. Le attività della missione genovese cessarono nel 1905 con la morte di monsignor Giovanni Battista Scalabrini, recentemente proclamato santo Tra le iniziative successive di Maldotti a Genova va ricordata l’organizzazione di una imponente processione in mare, a chiusura del VII Congresso Eucaristico Nazionale nel settembre del 1923.

Padre Maldotti morì nell’Ospedale di San Giacomo di Genova l’1 febbraio 1939. In suo suffragio è celebrata una messa nella chiesa parrocchiale di Vidalenzo, dove alcuni anni si dipana il carisma benedettino grazie alla presenza della comunità monastica dei “Custodi del Divino Amore”. Padre Mario Masiello, superiore della comunità e vicario foraneo, nonché amministratore parrocchiale, ha presieduto la funzione, ricordando, di padre Maldotti, che “La sua testimonianza di fede e di carità ci invita a seguire il suo esempio, a essere solidali con i fratelli e le sorelle che cercano una vita migliore in terre lontane, a essere aperti al dialogo e alla condivisione con le diverse culture e religioni. Padre Pietro ci ricorda anche il valore della nostra vocazione battesimale che ci chiama a essere discepoli missionari di Cristo, portando il suo Vangelo di speranza e di gioia a tutti gli uomini. Preghiamo per la sua intercessione, affinchè ci aiuti a vivere con generosità e fedeltà la nostra missione nella Chiesa e nel mondo”.

Eremita del Po, Paolo Panni

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