Cronaca

Dalla Zardi agli altri misteri
dei "cold case" cremonesi

Dopo la richiesta di nuove indagini da parte del gip Pierpaolo Beluzzi sul caso di Arianna Zardi, la 25enne di Casalbellotto trovata senza vita nell’ottobre del 2001 sotto un ponticello di Torricella del Pizzo, la famiglia torna a sperare che uno dei “cold case” cremonesi si sblocchi e dia qualche risposta che possa far luce su un mistero che dura da 22 anni.

Dopo la richiesta di nuove indagini da parte del gip Pierpaolo Beluzzi sul caso di Arianna Zardi, la 25enne di Casalbellotto trovata senza vita nell’ottobre del 2001 sotto un ponticello di Torricella del Pizzo, la famiglia torna a sperare che uno dei “cold case” cremonesi si sblocchi e dia qualche risposta che possa far luce su un mistero che dura da 22 anni. “Chi sa, parli, abbiamo bisogno di conoscere la verità”, ha detto Sara Zardi, sorella di Arianna, che non ha mai creduto alla tesi del suicidio, così come non ci ha mai creduto nemmeno l’ex procuratore Roberto di Marto che coordinò le indagini. Nel 2016 il corpo della ragazza, studentessa di Teologia, era stato riesumato per essere esaminato, ma gli accertamenti scientifici non hanno portato a nulla. Ora ci si focalizza sulle ultime ore di vita della ragazza e sulle dichiarazioni, apparse al gip contraddittorie, di alcuni dei testimoni sentiti. Certo è che dopo tutti questi anni le speranze sono appese ad un lumicino.

Quello di Arianna Zardi non è l’unico “cold case” cremonese. Nel 2001, stesso anno della morte della giovane di Casalbellotto, il 12 luglio da Cremona spariva Maurizio El Abbasi (oggi avrebbe 70 anni), grossista palestinese di tessuti per grandi case di moda. Il mistero ruota attorno a Cremona, alla provincia di Varese e a Milano. Secondo la compagna, quando uscì di casa diretto verso Oggiona Santo Stefano, nel Varesotto, avrebbe portato con sé un’ingente somma di denaro, necessaria per saldare l’ultima rata per l’acquisto di una casa sull’isola d’Elba, e dei documenti importanti, sempre relativi alla casa. Ma diversa è la versione di Angelo, l’uomo che avrebbe dovuto incontrare: quel giorno El Abbasi gli avrebbe dovuto portare una partita di capi di abbigliamento firmati, e non i soldi per la casa.

A bordo della sua Kangoo blu, il commerciante percorre la Paullese. Alle 15 è a Rho dove si trova l’ufficio di uno spedizioniere. Qui parlerebbe di un affare importante che sta trattando con clienti coreani. Poi prende l’autostrada verso Varese. Alle 17.30 è a Oggiona. Sosta in un bar, aperitivo, la telefonata ad Angelo, ma i due non si incontrano perchè Maurizio non avrebbe avuto con sé i capi di abbigliamento. Alle 18, dallo stesso bar, la telefonata alla compagna per comunicarle il rientro. Da quel momento più nulla. Il 2 agosto la sua auto verrà ritrovata a Milano, parcheggiata sul marciapiede in viale De Gasperi. Chiusa, e senza telepass. Nel 2014, il tribunale di Cremona dichiarerà la morte presunta di Maurizio El Abbasi.

Quattordici anni, invece, sono passati dalla scomparsa di Angelo Faliva, il giovane cuoco cremonese sparito nel nulla mentre si trovava a bordo della nave da crociera Coral Princess in viaggio da Aruba a Cartagena, in Colombia. Una piccola luce di speranza si era accesa quando, il 25 novembre del 2019, i poliziotti della Scientifica di Milano inviati a Cremona dal Ministero degli Esteri si erano presentati a casa dei familiari per prendere il loro Dna e confrontarlo in Colombia con il profilo genetico di corpi mai identificati ritrovati in questi anni nella zona della scomparsa. La Scientifica aveva portato via anche una camicia e tre paia di ciabatte di Angelo, recuperate all’epoca dell’ultimo imbarco dalla sua cabina. “Nessuno ci ha più contattato e non abbiamo saputo più nulla”, ha commentato Chiara, la sorella di Angelo.

E poi c’è il giallo della morte Bledar Vukaj, il 20enne di origini albanesi, quarterback della squadra di football americano Panthers Parma, trovato cadavere il 25 marzo 2003 sul greto del Po a Casalmaggiore, sotto il ponte stradale dell’Asolana. In questi anni il caso ha visto diverse richieste di archiviazione da parte della procura, richieste a cui la famiglia si è sempre opposta. Francesk, il papà di Bledar, non ha mai creduto all’ipotesi del suicidio. Secondo la famiglia e gli esperti di parte incaricati di far luce sulle dinamiche della morte del giovane atleta, le ferite riportate non sono compatibili con una caduta dal ponte. Secondo Alberto Riccadonna, perito balistico forense, il giovane sarebbe stato colpito e lanciato dalla scogliera da più persone che avrebbero poi inscenato un suicidio.

Infine il caso più recente, l’omicidio irrisolto di Alessandro Fiori, il manager di 33 anni di Soncino partito il 12 marzo del 2018 per Istanbul dove aveva programmato di restare un paio di giorni e trovato cadavere il 28 marzo successivo sulle rive del Bosforo. L’autopsia sul suo corpo aveva individuato come causa della morte un profondo ‘solco’ nella parte posteriore della testa. Alessandro, dunque, sarebbe quindi morto in seguito a quel colpo e poi buttato nello stretto. Ma la burocrazia, i ritardi, l’indagine passata di mano in mano e i tanti silenzi hanno di fatto affossato l’inchiesta. Tra le ipotesi prese in considerazione dagli inquirenti turchi c’era anche quella della rapina finita male. Ma anche nel caso Fiori, tanti misteri, poche certezze.

Sara Pizzorni

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