La figura partigiana Lucia Sarzi
alla Camera del Lavoro di Mantova
Introduzione di Rita Bonizzi SPI CGIL MN e Donata Negrini Sezione ANPI CGIL MN. Interviene Laura Artioli autrice del Libro Storia delle storie di Lucia Sarzi. Contributo di Paola Longari della Sezione ANPI Viadanese Lucia Sarzi
Giovedì 16 Marzo alle 16 presso la Sala Motta della Camera del Lavoro di Mantova si terrà l’evento pubblico organizzato dallo SPI, dalla CGIL, dal Coordinamento donne SPI Mantova, dalle Sezioni ANPI CGIL di Mantova e ANPI Viadanese Dal Teatro di strada alla Resistenza, Lucia Sarzi: Con le sue recite seminerà ideali di speranza e fede nella libertà.
Introduzione di Rita Bonizzi SPI CGIL MN e Donata Negrini Sezione ANPI CGIL MN. Interviene Laura Artioli autrice del Libro Storia delle storie di Lucia Sarzi. Contributo di Paola Longari della Sezione ANPI Viadanese Lucia Sarzi.
“Abbiamo solo fatto ciò che si doveva”, quante volte si legge o ascolta questa affermazione dalle donne che, in differenti e molteplici ruoli, hanno contribuito alla Resistenza? In tale contesto si inserisce l’oblio che ha circondato la figura di Lucia Sarzi.
Lucia Sarzi non ha mai rilasciato interviste e ha scritto di sé una sola volta. Nata ad Acquanegra sul Chiese nel 1920, era un’attrice, per stirpe, voce e palcoscenico prima di tutto, di una famiglia che seguendo la scelta del nonno paterno mantovano si era data al teatro e ai burattini vivendo una vita girovaga, priva di certezze e stabilità quanto ricca di fascino, incontri e proprie regole di convivenza ereditate da una tradizione antica.
Ma Lucia fu anche tanto altro. Fu antifascista, di cuore, attiva fin da giovanissima; fu una militante comunista a cui si deve la tessitura di gran parte della rete che permise alle province di Reggio Emilia, Parma e Mantova di lottare culturalmente e armi in spalla il fascismo; fu una partigiana; fu esempio di emancipazione e impegno per tante ragazze di quegli anni. Fu moglie e madre ritirata a vita privata dal ’45 fino alla sua morte prematura, avvenuta nel 1968, due giorni dopo l’uscita del film di Gianni Puccini sui sette fratelli Cervi da lei fortemente voluto, da lei che nulla ha raccontato e tanto sapeva di quei contadini di scienza con i quali aveva condiviso progetti, azioni e affetto. Film che la ingabbiò nel ruolo, rassicurante e congeniale, di staffetta dei Cervi.
Lucia tuttavia, come emerge da Il mito sono io è colei a cui si deve molto del radicamento della rete clandestina che, fra case di latitanza, staffette, antifascisti e partigiani combattenti, rese possibile la Resistenza e la Liberazione in Emilia. Un ruolo praticamente da quadro di partito, come possiamo immaginare dall’orazione tenuta al suo funerale da Giorgio Amendola, il quale l’aveva conosciuta quando, sfuggendo alla persecuzione del regime, redigeva l’Unità in un casale di Correggio a Reggio Emilia in cui aveva trovato rifugio grazie a lei.
Laura Artioli è riuscita a raccontare Lucia, a restituirla e a salvarla dalla dimenticanza. Non trascura le voci, le leggende, le contraddizioni, ma le utilizza per meglio presentarci questa ragazza e il suo carattere. E così il libro non si presenta come un saggio ma come un racconto di vita, dove i testimoni emergono dalle pagine, coprotagonisti di un quadro che parlando di questa donna rende più nitidi e vividi i contorni dell’esperienza di tutta una terra.
Una storia sempre sul filo del mitico, dell’incredibile e del verosimile, passata di bocca in bocca e che non si lascia definire una volta per tutte, e qui sta il suo fascino, e qui troviamo il talento dell’autrice, perché, come ha sottolineato Lidia Menapace nella prefazione: “Ne è venuta un’opera che si raccomanda per aver unito storiografia e narrativa, documentazione e interpretazione. Questo libro inaugura una nuova forma della storiografia”.
Link Meeting per partecipante: http://www.sincgil.it/#/bigBlueButtonJoin/ad685844-6b55-4e5c-a404-a21d59186547/nxt
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