L'ultimo saluto a Giorgio Bianchi
Forte come la morte è solo l'amore
Amare nel silenzio, saper guardare oltre la cortina che fisicamente scende non è da tutti: ci vuole tantissima fede, e tantissimo coraggio. Giorgio Bianchi ora è dall'altra parte
“Non ho mai amato tanto mio figlio come in questi mesi”. Franco Bianchi ha gli occhi velati dalla pioggia, ed una forza sovraumana. Ieri mattina ha salutato il figlio Giorgio, 56 anni, spentosi dopo 16 mesi di coma a San Giovanni in Croce, dopo una rovinosa caduta che l’aveva visto coinvolto sulle Alpi Orobiche nell’agosto del 2021. Non ho amato tanto mio figlio come in questi mesi è una lezione di vita imperiosa, un pugno allo stomaco, una voce che risuona forte. E’ stato lui – insieme ad Annunciata – a cercare di consolare tutti. Lui la roccia e approdo tra navi nelle onde in tempesta.
Amare nel silenzio, saper guardare oltre la cortina che fisicamente scende, cogliere gli impercettibili segni di una presenza che per tanti è assenza non è da tutti: ci vuole tantissima fede, e tantissimo coraggio. Ci vuole il vero e fortissimo amore incondizionato di un padre e una madre. Forte come la morte -è vero – è solo l’amore. Giorgio Bianchi ora è dall’altra parte. Del cielo per chi crede, parte dell’energia dell’universo per chi non ha un Dio ma lo stesso conserva un piccolo lume. Giorgio adesso è con Andrea, con quel fratello partito 28 anni fa, in un giorno di sole e di vento.
Erano uniti Andrea e Giorgio. Andrea era il sorriso, la dolcezza – come la mamma – il buonumore. Giorgio era la roccia – come il papà – la forza. Franco e Annunciata il loro faro in quella casa che da bambini sembrava immensa a chiunque avesse la fortuna di entrarvi. Franco e Annunciata hanno sempre accolto tutti a braccia aperte e, dalla pianta, i semi avevano preso la stessa visione della vita. La socialità, l’accoglienza, la voglia di stare insieme e di stare bene era il loro faro. Andrea stimava Giorgio e Giorgio vegliava su Andrea. Poi la vita ha scritto le parole che ha scritto, Andrea se ne è andato e Giorgio l’ha adesso raggiunto. 28 anni e una vita dopo.
“Forte come la morte è l’amore” si legge nel Cantico dei Cantici. L’amore di più nella lezione di una mamma e di un papà…
C’era davvero tanta gente ieri mattina al funerale di Giorgio, e tantissimi abbracci. Ci si è salutati così tra gente meno forte di Franco e Annunciata e più spaesata di fronte alla morte. Gente che magari non si vedeva da tempo. Un abbraccio, una sigaretta, quattro parole, un ricordo, qualche lacrima e qualche rimpianto. Gente della bassa, come lo era Jorge, come lo hanno ricordato i suoi amici della curva della Cremonese. In silenzio, con gli striscioni. A scambiarsi una chiacchiera e un ricordo.
I sacerdoti, dall’altare, hanno ricordato la lezione di Franco e Annunciata, hanno parlato di una “Fede messa a dura prova, faticosa, ma chiara e limpida”. Hanno parlato di quel Cristo che messo in Croce ha urlato al padre perché lo avesse abbandonato, incarnandosi negli uomini di fronte al disagio e alla sofferenza. Hanno parlato di esempi elevati, di fede infinita, di accettazione di un dolore che – al solo pensiero – mette i brividi ad ognuno di noi. Dio c’è per chi crede. E – secondo i religiosi – anche per chi non crede affatto.
Franco è uomo dei campi, abituato alla fatica della stalla e della terra, abituato alla semina e al raccolto. Annunciata è la mamma, quella che nel suo amare diventa mamma di tutti perché per tutti ha una parola, una lacrima, un sorriso e un abbraccio. Il dolore é lì, è nella storia, è nei ricordi, vicini e lontani. Ma è un dolore che mamma e papà affrontano, consapevoli di quanta bellezza abbiano messo al mondo e di quanta ce ne sia adesso, da qualche parte, a vegliare sui passi di tanti. Di quanta ne resti nell’esempio, e nei ricordi.
Giorgio era un amico di tanti. Giampietro Lazzari al termine della messa lo ha ricordato, parlando a braccio: “Per ricordare una persona, in questo caso un amico fraterno, è necessario cogliere l’essenza. Non è facile in questo caso: Giorgio, Jorge per noi, è stato molte cose: un figlio, un fratello, un amico fraterno, un compagno di vita, un portatore di ideali; ma soprattutto è stato uomo fra gli uomini. Allora prendo spunto da una cosa che disse Papa Paolo VI: l’uomo contemporaneo, più che di maestri ha necessità di testimoni. Ecco Giorgio, in tutto ciò che ha fatto in vita, non si è mai eretto a maestro bensì è stato testimone. È stato testimone nella fede profonda. Lo è stato nel suo rapporto con la famiglia, fra gli uomini che ha frequentato, nelle associazioni, nei gruppi che amava e che animava. E lo è stato con la sua bontà d’animo, con quello spirito di solidarietà che lo caratterizzava, col suo essere compagno di tutti, esempio per tutti. E quello della sua testimonianza è stata quindi la sua essenza, ce lo fa rendere ancora vivo anche se non è più su questa terra. Caro Franco, ti ricordi quando nell’agosto dell’anno scorso ci trovammo qui al santuario, insieme a molti altri, per un momento di raccoglimento sperando in una sorte migliore. Ecco mi rivolsi a te, come uomo legato da sempre al lavoro della terra. Ti dissi che se semini bene i risultati si vedono e i frutti nascono belli e tu – più di tutti – potevi capire questa cosa. E del resto Georgos in greco significa colui che lavora la terra. Ecco dunque, lo dicemmo un anno fa e lo possiamo dire ancora: La vita di Giorgio è stata una vita di testimonianza, e dunque un seme fecondo che ci ha dato molte cose e molte ne rimarranno in noi nel futuro. Ed è un seme di luce, del resto oggi è Santa Lucia, patrona dei ciechi. È questa sua testimonianza, questo seme, il suo regalo più bello“.
Dopo la messa l’ultimo saluto alla tomba di famiglia al cimitero. Ci sono quasi tutti quelli che erano in Chiesa. Tutti gli amici più stretti. Andrea e Giorgio non sono più, e sono qui, come ha ripetuto a tutti Annunciata. “Se parli a loro, loro ti rispondono”. La voce, la loro voce, il seme ed i frutti che han dato in fondo, ce li portiamo dentro. Vivono dentro ognuno di noi. Insieme al disagio, al dolore e alla bellezza.
Nazzareno Condina