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Vicomoscano, Padre Bongiovanni dai
bimbi a raccontare la sua Sierra Leone

Padre Bongiovanni, dal canto suo ci sa fare a richiamare l'attenzione, a coinvolgere tanti piccoli cuoricini che lo hanno ascoltato a bocca aperta e col naso in su

Non ha mancato di far visita ai bambini della scuola di Vicomoscano, prima di ripartire per l’Africa, Padre Vittorio Bongiovanni, originario di Spineda e missionario Saveriano in Sierra Leone da cinquant’anni.

Ha catturato l’attenzione e la curiosità di tutti gli alunni raccontando di una terra a loro sconosciuta, di come si vive laggiù ma soprattutto di come vivono i loro coetanei aprendo così una nuova finestra sul mondo. I bambini si sa, traggono piacere dalla fantasia, sono curiosi, sono sensibili e per questo sanno accogliere con molto più interesse dei grandi storie che narrano di paesi lontani, di vite differenti, più difficili e bizzarre delle loro.

Padre Bongiovanni, dal canto suo ci sa fare a richiamare l’attenzione, a coinvolgere tanti piccoli cuoricini che lo hanno ascoltato a bocca aperta e col naso in su.

Ha portato un bongo perché nelle scuole in Sierra Leone non c’è la campanella e i maestri richiamano gli scolari a suon di bonghi, così: “Boys and Girls, come to school, please!”. Ha spiegato che la scuola è un diritto per i bambini di tutto il mondo, che è importante lavorare seriamente, studiare e imparare per garantirsi un futuro e, nello specifico di paesi in difficoltà, puntare sulla cultura per diventare adulti che lotteranno per la loro terra con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita e non dovere scappare più.

Ha poi mostrato una pelle di pitone vera e un nomolo, piccola figura di pietra, tipica di quella terra.

“E’ stato bello e interessante – dice una bimba interrogata sull’incontro con Padre Bongiovanni – ci ha raccontato di quanto è difficile per i bambini come noi vivere in Africa dove è lui, perché là i bambini hanno fame, sete e a volte vanno in guerra. Ma lui ne ha salvati tanti – aggiunge un bimbo – quando vengono morsi dai serpenti cobra lui li guarisce con la black stone, una pietra nera, forse un pò magica, che se la appoggi dove la pelle è stata morsa assorbe il veleno; poi la pietra viene fatta bollire nel latte donato da una mamma che sta allattando, il veleno esce e la pietra è pronta per essere riutilizzata. E poi….. ha suonato il tamburo che da loro è una campanella – conclude un altro alunno”.

Sono rimasti stregati i bambini da quell’uomo canuto con l’aspetto e la capacità di raccontare storie un nonno, storie però che non sono fiabe e proprio per questo sono arrivate dritte nei loro piccoli cuori che sanno farsi molto più grandi dei nostri.

Giovanna Anversa

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