Ambiente

Acqua critica: un convegno sul Po
per non stare con le mani in mano

Da Ludovica Ramella e l’ingegner Marco Gardella del distretto idrografico del Po, ad Andrea Agapito del WWF, a Barbara Megetto di Legambiente, a Giorgio Osti, sociologo dell’ambiente all’Università di Padova. A fare gli onori di casa il sindaco Giuseppe Baruffaldi e Damiano Chiarini. GUARDA IL SERVIZIO TG DI CREMONA 1 E LE VIDEO INTERVISTE

E’ stato da subito definito come l’appuntamento più importante – a parte ovviamente la 12esima Discesa del Po vera e propria, nucleo centrale delle tre settimane e che cadrà il prossimo weekend in memoria di Umberto Chiarini – del calendario di eventi “Un Po di qua, un Po di là”. Parliamo del convegno organizzato al Teatro 900 di Pomponesco dal titolo “Acqua Critica”, per riflettere sulla più grande crisi idrica degli ultimi 70 anni in Pianura Padana, con esperti relatori.

Da Ludovica Ramella e l’ingegner Marco Gardella del distretto idrografico del Po, ad Andrea Agapito del WWF, a Barbara Megetto di Legambiente, a Giorgio Osti, sociologo dell’ambiente all’Università di Padova. A fare gli onori di casa il sindaco Giuseppe Baruffaldi e Damiano Chiarini, erede di Umberto e presidente dell’associazione Persona Ambiente, che ha ricordato quanto già evidenziato in sede di presentazione della Discesa del Po, a Colorno.

“L’eccezionale situazione metereologica di questi mesi – ha detto Chiarini – ci ha riportato all’attenzione il Fiume Po. Per la prima volta non lo ha fatto una situazione emergenziale quale una piena, bensì per la scarsità d’acqua. La bellezza, anche in questa crisi idrica, deve avere la prevalenza su logiche spesso interventiste, dall’apparente facile soluzione. La crisi climatica sta alla base dell’eccezionale condizione metereologica: se le temperature medie si alzano, se non nevica più ad inizio inverno, se i ghiacciai crollano, se il bacino idrografico è mutato, se il fiume Po è diventato monocorsuale, se non valutiamo la ricchezza di biodiversità che resiste in molte zone, non potremo avere una rapida soluzione. Queste azioni, generate in decenni, non è pensabile di risolverle in pochi anni. Definire obiettivi, strategie di intervento, politiche di azione invece sì”.

“Il fiume ci chiama – ha detto Chiarini – a cambiare il punto di vista, allargare l’orizzonte, metterci in collegamento con chi sta a monte e a valle per salvaguardarne le acque, la ricchezza di biodiversità, di questo bene comune condiviso, non con i nostri tempi, ma con i suoi tempi, in un dialogo aperto tra le proposte. Essere comunità di Fiume come avviene per la Discesa del Po, ha richiesto tempo, tempo per creare relazioni, superare i confini. In questi anni abbiamo consolidato legami, costruito ponti di iniziative, valorizzazioni reciproche dei territori, anche partendo dal modello organizzativo di Discesa del Po. Ed è proprio questa esperienza di condivisione e scambio tra elementi della natura e tra persone iniziata 12 anni fa, ora può avere un denominatore comune quale è il MAB Unesco uomo e biodiversità… Un equilibrio fragile, che vediamo disgregarsi giorno dopo giorno. Preservarlo e consolidarlo invece deve essere la sfida di questo tempo. Giornate come queste possono spronare e incoraggiare ad andare avanti, con perseveranza così come fa la corrente del fiume”.

In platea tra gli altri Paolo Antonini, presidente degli Amici del Po a Casalmaggiore. “E’ ora che venga data spazio a una governance unica sull’intero territorio del Po – ha detto Antonini – anche perché l’utilizzo plurimo di questa risorsa va considerato ed aggiornato”. Ludovica Ramella ha sottolineato l’importante dell’etichetta Mab Unesco Po Grande, che favorirà l’unione di enti e intenti, ma evidenziando come da solo questo riconoscimento non basti “perché servono educazione all’ambiente, sviluppo del turismo, attenzione alla biodiversità: sono varie sfaccettature, tutte importanti, per non fare rimanere Mab Unesco una dichiarazione di facciata, messa lì solo per fare bella figura”.

QUI SOTTO GLI INTERVENTI DEI RELATORI

Da Osti un invito a lavorare in sinergia, a patto di non creare frammentazione di competenze. “Le comunità di fiume possono dare una somma che è superiore al totale delle forze messe in campo da ciascuno”. “Ma è fondamentale – ha detto Agapito – avere una governance più efficiente. Il 42% dell’acqua si perde nelle reti idriche obsolete. Ha senso conservare acqua per mantenere neve artificiale nel periodo invernale primaverile? Il PNRR con 257 milioni di euro per la naturazione del fiume Po è l’unico progetto sovraregionale con un’unica regia che prevede opere di rinaturazione anche mediante l’incremento degli invasi. Va ripensata una strategia per l’uso plurimo dell’acqua”.

Megetto ha sottolineato come “nell’emergenza della crisi idrica si chiedono soldi. L’acqua però non è un bene monetizzabile, sostituibile perché non sappiamo dove comprarla. Legambiente ha progetti precisi, come la carovana dei ghiacciai, ad esempio, per mostrare ai bambini e giovani come stanno scomparendo i ghiacciai, ma oggi ci basta far vedere il Po, soprattutto quest’anno per il modo in cui è cambiato”.

Infine da Gardella una fotografia della situazione, ancora critica, attuale e la conferma degli ultimi provvedimenti presi. “La portata del Po a Pontelagoscuro è stata al 31 agosto di 380 metri cubi contro i 1000 metri cubi standard. E’ stata una estate con meno acqua perché -70% di neve in inverno, -50% di pioggia primaverili, temperature con anomalie record hanno creato un mix letale. E’ la peggiore crisi idrica degli ultimi 70 anni e il mondo dell’agricoltura assorbe il maggior consumo idrico: vanno trovate strategie condivise per incrementare la captazione ed immagazzinare acqua”.

Giovanni Gardani

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