Lancone di Gussola: la morte
tra speranza e rassegnazione
C'è chi pensa di lasciar perdere tutto, e chi ancora continua a sperare. Il male peggiore non è la siccità. Contro quella - e ne sono tutti consapevoli - non si può fare nulla. Il male peggiore è il non aver più speranze. E nessuno che possa aiutare a nutrirne
Altra giornata d’attesa. Altra giornata di morte. Ne senti l’odore già dall’argine. Il livello dell’acqua del lancone si è abbassato ancora un poco. Dal versante destro, guardando in fondo, una distesa infinita di carpe e lucciperca morti, in decomposizione. La sponda sinistra non è da meno. Ieri mattina un via vai di gente. Pescatori, Amici della Golena, semplici cittadini da Gussola e dalla vicina Martignana. Resta ormai ben poco da salvare. Nel punto più profondo, quello che passa sotto in ponticello, la lanca non è più profonda di 70/80 centimetri. Aggrappati alle sponde i miseri resti. “Ci sono anche anatre, due le abbiamo viste, morte a riva. E, come vedi, se ne stanno andando anche gli altri uccelli, sulla sponda sinistra non ce ne sono quasi più”. Un giovane pescatore ci accompagna sullo stradello sino al limite della lanca. L’area protetta, responsabilità della provincia. “Nessuno ha fatto nulla. Avremmo potuto fare qualcosa, e ormai forse è tardi”. Ci mostra un luccioperca. Quello che ne resta. Una carcassa.
Discutono tra loro i pescatori e gli Amici della Golena, c’è chi scuote la testa. Tra loro c’è Armando Bolsi. Ci sono i possibilisti, e quelli che ormai vedono solo nero “Non c’è più niente da salvare”. Discutono animatamente tra loro. Stanno pensando ad un ultimo tentativo, quello di gettare acqua con i getti nelle ore notturne. “Nessuno ce lo può impedire, se tiriamo su da pozzi privati”. Ce ne sono almeno cinque intorno all’area. Qualcuno dei proprietari – ci raccontano – ha dato l’assenso. Sono pozzi che vanno in profondità e servono aree non vaste. Non dipendono dal Consorzio, non dipendono dalla provincia. Hanno sentito i sindaci, hanno chiesto a loro un consiglio, sul da farsi. Senza entusiasmo, e senza eccessive speranze. Hanno recuperato, nel corso della mattinata tubi e una motopompa, per il gasolio si sono detti disponibili ad autotassarsi. Cercano un trattore. Guadagneranno forse qualche giorno, ammesso che sia possibile fare qualcosa. Il tentativo è quello di riossigenare un poco l’acqua, smuoverla. Un tentativo che fa quasi tenerezza. Ma almeno è un flebile segno di speranza. Quella che le istituzioni non sono state in grado di nutrire.
Su una cosa sono tutti daccordo. Chi poteva fare non ha fatto nulla. Chi doveva fare non si è mosso. Quel pezzo di cielo, di terra maledetta, di acque ormai putride e verdastre è un enorme cimitero a cielo aperto. Poco dopo le 11 arriva, in bicicletta, una mamma con una bambina. Venivano qui anche prima, a guardare pesci e uccelli. La bimba guarda verso l’acqua e poi chiede alla mamma di andare via.
Oggi il comune di Gussola consegnerà alla polizia provinciale il resoconto dell’ATS. Il lancone di Gussola, come lo conoscevamo, non esiste più. Quel pezzo di cielo, di acque, di pesci ed uccelli e canneti è solo un ricordo. Un’immagine sbiadita che cozza di fronte al disastro. Ci vorranno anni per ripristinare le cose, ammesso che ve ne sia l’intenzione e se ne ravveda la necessità. Adesso l’urgenza è di rimuovere almeno tutte quelle carcasse. Dovrà essere la provincia a provvedere, come spiegato dallo stesso sindaco di Gussola Stefano Belli Franzini.
C’è chi pensa di lasciar perdere tutto, e chi ancora continua a sperare. Il male peggiore non è la siccità. Contro quella – e ne sono tutti consapevoli – non si può fare nulla. Il male peggiore è il non aver più speranze. E nessuno che possa aiutare a nutrirne.
N.C.