Addio al sindaco di Soragna:
la notizia che ha scosso tutti
Uno dei primi messaggi è stato del sindaco di Casalmaggiore Filippo Bongiovanni: “Sconvolto per la notizia, morto con la fascia tricolore indosso. Addio collega. Riposa in pace. Condoglianze alla famiglia e a tutta la comunità della stupenda Soragna”.
La prima domenica di luglio è stata segnata, nella Bassa Parmense, da un grave lutto. E’ infatti improvvisamente mancato, a causa di un malore, Matteo Concari, sindaco di Soragna, che proprio domani, martedì 5 luglio, avrebbe compiuto 45 anni.
Una tragedia che ha sconvolto non solo il suo paese ma l’intero territorio, dove Concari era molto conosciuto, stimato e apprezzato. E’ morto “sul campo”, a Salsomaggiore Terme, mentre stava partecipando, in veste ufficiale, al raduno interregionale dei Bersaglieri con altre autorità e primi cittadini del Parmense. E’ morto con la fascia tricolore indosso, quella fascia che portava con orgoglio e con reverenza, come un oggetto sacro, pienamente consapevole del peso che quella stessa fascia poteva avere. Un malore gli è stato fatale ed a nulla sono purtroppo valsi i ripetuti, numerosi e disperati tentativi di rianimazione.
Una notizia che ha lasciato tutti sbigottiti, non solo a Soragna, e da subito ha visto una larghissima partecipazione, da parte degli amministratori, del mondo della politica, ma anche di tanti semplici cittadini, al dolore della famiglia e di una intera comunità. Uno dei primi messaggi è stato del sindaco di Casalmaggiore Filippo Bongiovanni: “Sconvolto per la notizia, morto con la fascia tricolore indosso. Addio collega. Riposa in pace. Condoglianze alla famiglia e a tutta la comunità della stupenda Soragna”.
Soragnese doc, Matteo Concari, imprenditore di successo, era un uomo che amava profondamente la sua terra: quella terra in cui ha trascorso tutta la sua esistenza e per la quale si è prodigato sempre, come uomo, come volontario, come marito e come padre, come assessore prima e sindaco poi.
Era stato eletto in un momento non facile, a settembre 2020, in piena pandemia proseguendo, né più né meno, quello che aveva sempre fatto: amare la sua terra, con i fatti prima ancora che con le parole. Uomo lungimirante, ricco di idee, sapeva alternare la determinazione che giustamente deve caratterizzare chi ha responsabilità su un territorio e su una comunità, a quel carattere semplice e buono, garbato, si potrebbe dire “bonaccione” che lo animava.
Era un gigante buono, per la sua stazza notevole ma, soprattutto, per quella grande levatura morale che lo rendeva speciale. Un uomo delle Istituzioni, un amico della sua gente, una persona leale, con la quale ci si poteva sempre confrontare apertamente, che sapeva sempre trovare la soluzione in tutti i problemi, sempre con garbo, con sensibilità, cercando il giusto, il vero e il possibile.
Chi scrive queste righe ha avuto un privilegio di conoscerlo, apprezzandone non solo le chiare capacità amministrative ma, soprattutto, le grandi doti umane. Lo avevo incontrato, l’ultima volta, a Busseto, un po’ di settimane fa alla presentazione di un progetto della polizia locale. Anche in quella occasione ci si era scambiati un saluto, un sorriso, qualche battuta e non aveva mancato di darmi qualche dritta su un paio di locali in cui mangiar bene.
Meno di un anno fa, a Isola Pescaroli, era invece intervenuto alla presentazione del libro “I fossili delle alluvioni” del suo collega sindaco Davide Persico di San Daniele Po. Ovunque andasse era fiero di rappresentare il suo paese, la sua terra, la sua gente, tenendone alti il nome, le tradizioni ed i valori ed è questo l’esempio che lascia. Perché la morte non può toccare mai il seme che ognuno di noi, nei rispettivi ruoli, può mettere a dimora ed è questo uno degli aspetti da ricordare.
Se è vero che ognuno di noi è di passaggio, è altrettanto vero che le opere ed i fatti che realizziamo, anche quelli più semplici, non muoiono mai. Matteo Concari, nel suo improvviso addio, lascia l’esempio di un uomo buono e retto, leale e onesto, capace di amare in ogni momento, al di là dei ruoli, la sua comunità e la sua gente cercando sempre, per loro, il meglio e null’altro che quello.
Infine, purtroppo, una nota che non si può purtroppo tralasciare. Domenica mattina (e non è la prima volta che accadono cose del genere), a disgrazia appena avvenuta, ci sono stati soggetti che sui social network si sono affettati a fare le corse per dare, per primi, la notizia: con ogni probabilità prima ancora che i familiari stessi ne fossero informati. Del resto non sarebbe la prima volta che i diretti interessati vengono a sapere di disgrazie dai social o da qualche sito giornalistico (o presunto tale). Che dire di fronte a questi comportamenti? Qui si va oltre la deontologia e l’etica; qui sarebbe semplice questione di rispetto delle persone, della vita e della morte. E’ questione di dignità: un valore che certo non viene venduto sugli scaffali di qualche supermercato ma dovrebbe essere insito in ogni individuo.
A chi ha fatto le corse per avere la “soddisfazione” (che tristezza) di dare la notizia per primo si può solo dare un consiglio: quello di vergognarsi, ammesso conosca il senso della parola vergogna. A volte, specie di fronte a una tragedia, è meglio comunicarlo dopo ma farlo correttamente; è meglio scriverlo per ultimi ma avere la consapevolezza di avere rispettato le persone, i loro tempi, e le loro famiglie.
Infine, ancora una volta, tra la marea di commenti che si sono sprecati specie sui diversi social, quel classico, triste ed inutile “R.i.p.” che starebbe per “Riposa in pace”: un commento vuoto esattamente come la testa e il cuore di chi scrive quelle tre parole e, subito dopo, volta pagina perché ha già altro da fare. A volte, soprattutto di fronte alla morte, si fa più bella figura a stare in silenzio e, se proprio si vuole scrivere qualcosa, ricavare qualche semplice minuto e provare a usare, una volta tanto, la testa e il cuore utilizzando parole proprie e non stucchevoli e scontate abbreviazioni.
Eremita del Po, Paolo Panni