Arte

Non mi conosco più, esce oggi il
singolo da solista di Stefano Savazzi

Chitarrista, autore, compositore e front man del gruppo Acrimonia, Stefano vive fin da bambino la chitarra come una estensione del suo corpo; “è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra “, diceva Faber

Non mi conosco più è il nuovo singolo, in uscita oggi, di Stefano Savazzi, una nuova canzone che assieme ad altre otto andrà a comporre un disco che invece uscirà a fine anno. Un regalo che Stefano ha voluto farsi e che nasce nel periodo del primo lock down.

Chitarrista, autore, compositore e front man del gruppo Acrimonia, Stefano vive fin da bambino la chitarra come una estensione del suo corpo; “è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra “, diceva Faber. Dopo un po’ di tempo senza scrivere canzoni, perché l’ispirazione si era messa in pausa, la chiusura forzata risveglia la sua creatività e, dopo la fase depression da mancanza di palco, dal nulla e quasi di getto nascono, una dopo l’altra, nove canzoni.

Per forza maggiore, non potendosi trovare a causa del Covid, Stefano scrive la canzone e la mette a metronomo, poi la passa a Giovanni Tumino che aggiunge la batteria, a Dario Cavalli il basso e infine a Calogero Siracusa l’altra chitarra, compreso l’assolo finale di un minuto del singolo in lancio; il tutto viene poi concluso dal produttore Alessandro Favagrossa, che pone la firma al suono e all’arrangiamento.

La canzone non è il rock duro di cui Stefano è solito, è piuttosto un pop rock, più melodico, leggermente malinconico. Il testo è introspettivo, è un punto di riflessione dell’età di mezzo. Vi si scorgono due Stefano a confronto: quello che conduce una vita familiare, che ha un lavoro in proprio dove si reca ogni giorno per più ore come tutti, e il rocker, il musicista, l’artista, due personalità apparentemente opposte. Ad un certo punto del brano il dualismo si risolve nella frase “sono il ritratto che ho disegnato”, quindi non sono più lo Stefano uno e lo Stefano due ma una crasi di entrambi, risultato di un lavoro interiore che ha portato all’accettazione di sé con tutte le sfaccettature del caso.

“A quattordici anni scrissi Voglio essere un mito; allora portavo dentro il bisogno di creare in maniera istintiva e un titolo del genere è normale a quell’età tanto quanto lo è il momento di riflessione e di introspezione di questo mio ultimo pezzo. Quando si ha dentro l’impulso creativo, produrre diventa un bisogno e lo si fa per arrivare agli altri, per condividere, perché l’arte fine a sé stessa è autoerotismo, inoltre è un modo per esorcizzare la morte, affinché qualcosa di te rimanga dopo la dipartita”.

Assieme al brano esce anche il video, girato in tre luoghi diversi e che ha richiesto parecchio lavoro da parte di più persone. Vi si trova ancora il dualismo di Stefano e il superamento di esso attraverso un’opera davvero fine e raffinata; c’è un labirinto da cui si cerca di uscire e…. non vogliamo svelare di più per lasciare il piacere della scoperta. Stefano sottolinea più volte che sia i brani che il video hanno avuto bisogno di parecchie preziose collaborazioni e che non si è fatto assolutamente mancare nulla: “Volevo qualcosa di bello, qualcosa che arrivasse a più gente possibile, che venisse ascoltato. E’ un lavoro maturo, nato all’improvviso ma curato nei minimi dettagli ad opera di parecchi professionisti che ringrazio di tutto cuore”

Della levatura musicale di Savazzi siamo a conoscenza in molti così come della sua dipendenza dalla chitarra e dalla musica, della sua inclinazione artistica e della sua poliedricità… questa ultima fatica ne è un’ulteriore conferma.

Giovanna Anversa

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