Cronaca

Busi, arriva il Natale e regala
speranza e sorrisi dopo la lotta

Ora alla Fondazione Busi c’è tanta voglia di riprendere appieno il cammino interrotto, di riacquistare quella serenità che dà slancio per ricominciare, dalle cose più semplici, quelle che al Busi sanno fare bene, per dare linfa a nuove progettualità

Stanno riprendendo a vivere le Rsa, come prima della pandemia. Si respira aria di Natale alla Fondazione Conte Carlo Busi di Casalmaggiore: l’albero di Natale addobbato come sempre, il luccichio delle luminarie a simboleggiare una luce di speranza per un graduale ritorno alla normalità. Al bar interno le ospiti hanno ripreso a fare filos, come sempre. Qualcuna legge il giornale, qualcun’altra prende il caffé. La quotidianità dolce e gentile delle nonne. Le nonne di tutta la città.

Gli interni della struttura addobbati a festa dagli educatori infondono quell’atmosfera magica che solo le festività natalizie sanno creare; il personale sanitario ed assistenziale fa la sua parte, una parte fondamentale, con operatori preparati ed umanamente attenti che dedicano agli anziani ospiti, oltre alle prestazioni sanitarie dovute, l’impegno, le attenzioni e la vicinanza umana di chi è conscio del compito difficile che devono svolgere: spesso l’anziano ha bisogno di una parola di affetto, di un momento di ascolto, di quegli attimi di vita vissuta che danno un senso alla loro esistenza, ed il personale della Fondazione questo sa fare.

C’è voglia di riprendere un cammino di normalità alla Fondazione Busi: in verità, di vivere – e di lottare – non hanno mai smesso. Le Case di riposo hanno pagato un prezzo alto al Covid. Tutte, nessuna esclusa. Gli anziani sono fragili, spesso foglie d’autunno attaccate ai rami e basta un poco di vento a farle scendere a terra. Ce l’hanno messa tutta, al Busi. Una delle prime strutture in provincia e tra le prime dell’intera Lombardia a chiudersi all’esterno quando ancora del virus si conosceva poco, o quasi nulla. Non è stato un periodo semplice. Tra le proteste dei familiari, la ricerca spasmodica di dispositivi di protezione che non sono mai mancati, nemmeno per un giorno, ed acquistati a peso d’oro anche quando il loro reperimento assumeva le sembianze di una caccia al tesoro, il tutto pur di garantire un’assistenza continua da dover prestare sempre e comunque, senza tregua.

I mesi caldi della pandemia, da fine febbraio ai primi di giugno del 2020, hanno lasciato segni e ferite che non si dimenticano, il Covid ha colpito duro come altrove, ma dal 2 giugno 2020 la Fondazione Busi è Covid free. Anche gli operatori non sono stati risparmiati dal virus, ma fortunatamente senza gravi conseguenze ed ora sono lì, tornati al loro posto di lavoro appena finita la tempesta. Lo hanno fatto con la dedizione di sempre. “Facciamo tante cose per i nostri anziani – ci racconta una tra le veterane della struttura – ma se ne parla poco. Quando si parla del Busi e delle Rsa si sottolineano solo le criticità e a noi che dedichiamo sforzi e grande impegno, fa male sentire ciò: i problemi ci sono, ma cerchiamo tutti di affrontarli con la voglia di superarli”.

E l’amministrazione lo sa bene, perché alla Fondazione Busi tutti gli operatori sono tornati lì, al loro posto, anzi da lì non si sono mai mossi, anche quando sarebbe stato facile e giustificabile attuare scelte dolorose, come il ricorso agli ammortizzatori sociali: invece alla Fondazione Busi tutti i dipendenti, anche nei mesi più difficili, hanno goduto del sostegno di un’amministrazione che, consapevole di tanto impegno profuso, ha compiuto sforzi immani pur di assicurare a tutti il loro posto di lavoro e condizioni salariali dignitose, nel segno di una strategia aziendale che ha come obiettivo dichiarato quello di valorizzare le professionalità dei propri operatori.

Attualmente sono 160 gli anziani ospitati alla Fondazione Busi. La tempesta Covid, o almeno la fase più dura dell’emergenza è passata e si è cercato, pian piano e con le dovute cautele, di riaprire ai familiari: 180 incontri settimanali di media parlano chiaro. Non si entra liberamente come prima ma la possibilità di vedere i propri cari c’è. Quella di tenerli lontani il più possibile da ‘contaminazioni’ esterne è stata una scelta difficile, non certamente presa a cuor leggero, ma è stata fatta a loro tutela. Nei primi mesi della pandemia le strutture complesse come la Casa di riposo si sono trovate quasi sole ad affrontare il problema. E tutte, Fondazione Busi compresa, hanno cercato di fare il possibile per tutelare gli anziani: lo sanno bene i familiari, gli amici e tutti coloro che, pur privati di un gesto di caloroso affetto umano come può essere un abbraccio con un proprio caro, hanno mostrato è continuano a mostrare una comprensione ed una pazienza inimmaginabile ed affatto scontate.

Qualche settimana fa è ripartito anche il Centro Diurno ed anche questo è un chiaro segnale di voglia di ripartire.

Ora alla Fondazione Busi c’è tanta voglia di riprendere appieno il cammino interrotto, di riacquistare quella serenità che dà slancio per ricominciare, dalle cose più semplici, quelle che al Busi sanno fare bene, per dare linfa a nuove progettualità, come quando ci si risveglia da un brutto sogno e, dopo un sospiro di sollievo, si affronta una nuova giornata con immutato vigore e la voglia di scrivere una nuova pagina di vita.

Nazzareno Condina

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