Erba medica, una strada
per economia del futuro
Da coltura che fino a pochi anni fa sembrava destinata a scomparire, oggi per l’erba medica si aprono scenari molto interessanti sia da un punto di vista produttivo che economico. Lo dimostrano anche i numeri di AIFE che nell’ultimo anno ha esportato circa il 60% della sua produzione.
Oltre 200 persone, collegate anche da 9 Paesi europei ed extra UE, hanno partecipato al web meeting organizzato dall’Associazione italiana Foraggi Essiccati (AIFE) svoltosi venerdì 23 aprile e dedicato al progetto Medi-C-A-Rbonio (contabilizzazione delle emissioni e sequestri del carbonio nel processo produttivo del foraggio da prato di erba medica per valutarne il contributo alla mitigazione dei cambiamenti climatici), che vede coinvolte una quarantina di aziende associate ad AIFE/Filiera Italiana Foraggi e la collaborazione in qualità di partner scientifico del Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA) di Reggio Emilia.
“Questa partecipazione così numerosa è per noi motivo di grande soddisfazione – riflette Gianluca Bagnara, presidente di AIFE/Filiera Italiana Foraggi – e dimostra che nei confronti di un tema così importante e attuale come la valorizzazione di colture in grado di dare un valido contributo alla mitigazione dei cambiamenti climatici esiste una grande sensibilità e un forte desiderio di conoscenza al quale noi, col nostro evento dedicato all’erba medica e ai relativi processi di essicazione, pensiamo di avere risposto adeguatamente proponendo un programma dettagliato e un parterre di relatori ai massimi livelli”.
Tra essi Paolo De Castro del Parlamento Europeo, che sulla trattativa in corso a Bruxelles per la nuova Pac 2023-2027 ha ricordato che tra gli obiettivi della futura Politica agricola europea “vi è il rafforzamento alla sostenibilità e la lotta ai cambiamenti climatici – ha sottolineato – Siamo nel pieno di un negoziato che racchiude molte novità all’interno di una fase nuova più orientata alla tutela dell’ambiente e in un contesto in cui le colture leguminose come l’erba medica entrano a pieno titolo, offrendo a tutti gli Stati membri grandi opportunità. Il negoziato dovrebbe concludersi al massino entro il prossimo mese di giugno, mentre la pubblicazione del documento in Gazzetta Ufficiale Europea è previsto per l’autunno. A quel punto, prima dell’entrata in vigore della nuova Pac prevista per il 1 gennaio 2023, i Paesi membri avranno davanti un anno di tempo per conoscerla e approfondirne tutti gli aspetti”.
Gli ecoschemi saranno un asse portante della nuova Politica agricola europea, “ad essi è destinato circa il 30% del budget destinato ai pagamenti diretti – ha spiegato nel suo intervento Angelo Frascarelli dell’Università di Perugia – Entro Natale ogni Stato della Ue dovrà scegliere i suoi ecoschemi che più in generale prevedono tra gli altri attività già codificate come il biologico, ma anche il controllo meccanico delle infestanti e l’adozione di pratiche agroecologiche come la rotazione delle colture con inserimento di leguminose. Sarà quindi importante costruire dei buoni ecoschemi perché la nuova architettura verde della Pac è fatta di una condizionalità più alta rispetto al passato e il sostegno al reddito sarà sempre più orientato verso la sostenibilità”.
E per evidenziare e documentare i plus di sostenibilità ambientale dei foraggi da prati di erba medica ecco che il progetto Medi-C-A-Rbonio entra a pieno titolo nella discussione perché “attraverso questo progetto intendiamo valutare il contributo delle foraggere poliennali al sequestro di carbonio nel suolo e raccogliere gli elementi di sostenibilità documentandoli anche a supporto di una certificazione ecologica”. Così Maria Teresa Pacchioli del Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA) di Reggio Emilia, che è al fianco della Filiera Italiana foraggi come partner scientifico. Il progetto è partito verso la fine del 2020 e intende stabilire il ruolo della coltivazione di erba medica nel sequestro del carbonio nel terreno nella parte orientale dell’Emilia Romagna.
“Gli studi che abbiamo condotto con altri progetti che hanno riguardato l’intera regione – ha spiegato la ricercatrice – ci hanno mostrato che mediamente lo stoccaggio nei primi 30 cm di suolo nei diversi territori e usi del suolo regionali è di 61Mg/ha, ma nei terreni dove si coltivano foraggere destinate a Parmigiano Reggiano possiamo arrivare anche a 75Mg/ha. Questo dimostra quanto possano essere interessanti le potenzialità di una leguminosa come l’erba medica sul sequestro di carbonio e il contributo che la sua coltivazione può dare alla mitigazione del cambiamento climatico”.
Un contributo che merita una giusta valorizzazione, la quale a sua volta va comunicata al consumatore finale affinchè la funzione dell’agricoltura sia realmente percepita come un valido contributo al miglioramento del nostro ambiente. Un percorso che conduce alla certificazione di prodotto, quel made green in Italy di cui ha parlato Sara Cortesi dell’Enea, illustrando il progetto Life Magis partito nel settembre di due anni fa per favorire la conoscenza sul mercato di prodotti made in Italy di alta qualità ambientale attraverso l’adozione di linee guida per il calcolo degli impatti, “mettendo a disposizione documenti, strumenti, dati e materiali di comunicazione che facilitino la conoscenza e l’adozione dello schema made green in Italy” ha puntualizzato la ricercatrice.
Non sono infine mancati gli approfondimenti sulle priorità delle iniziative messe in campo dall’Europa legate al sequestro di carbonio e i chiarimenti sulle migliori tecniche disponibili, le cosiddette Bat (Best available techniques) da adottare per il contenimento delle emissioni derivanti dalla produzione di foraggio disidratato. “Gli studi in corso ci faranno capire se le attuali norme ci permetteranno di arrivare nel 2050 alla neutralità da emissioni – ha spiegato Nicola di Virgilio della Commissione Europea DG Agri-Unit 4 Ambiente e Bioeconomia – o dovranno essere riviste. Per ora la Commissione ha concluso che da qui al 2030 l’obiettivo di riduzione al 55% è raggiungibile ed è superiore al 40% inizialmente previsto. È però necessario aumentare lo stoccaggio del carbonio nel terreno e arrivare alla sua rimozione dall’atmosfera. Un percorso particolarmente condizionato dal clima e dalla situazione geografica di ogni Stato membro che richiede l’individuazione di una corretta gestione agricola e del ruolo delle colture foraggere in ogni contesto”.
Infine le emissioni generate dagli impianti di disidratazione del foraggio. German Giner Santonja della Commissione Europea DG Joint Research Centre Directorate B Growth and Innovation, Circular Economy and Industrial Leadership ha ricordato che la Direttiva industriale europea è in fase di revisione e la nuova, che la Commissione intende ultimare entro quest’anno, sarà maggiormente orientata alla tutela ambientale puntando in special modo all’efficienza energetica per ridurre le emissioni e le polveri in atmosfera. “La Direttiva non obbliga a tecniche precise – ha sottolineato – ma le raccomanda, consigliando ad esempio l’uso di calore di scarto per le operazioni di essicamento o il filtro a manico o il ciclone per contrastare la diffusione delle polveri”.
Da coltura che fino a pochi anni fa sembrava destinata a scomparire, oggi per l’erba medica si aprono scenari molto interessanti sia da un punto di vista produttivo che economico. Lo dimostrano anche i numeri di AIFE che nell’ultimo anno ha esportato circa il 60% della sua produzione con un trend in continua ascesa. Il 90% della filiera dei foraggi essiccati e disidratati a livello nazionale e una produzione di circa 800mila tonnellate/anno, pari al 10% della totalità prodotta in Italia e trasformata nei 30 impianti distribuiti in diverse regioni, fanno dire al presidente Gianluca Bagnara che “vogliamo veder crescere questi numeri nel rispetto del legame col territorio, della salubrità del prodotto, della sostenibilità ambientale, sociale ed economica di questo settore in grande evoluzione”.
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