Economia

Nuove chiusure, la rabbia del commercio: 'Situazione insostenibile, danno enorme'

“Negozi, pubblici esercizi e ristoranti non sono solo numeri, sono i volti e le mani dei gesti quotidiani, una componente simbolica e materiale della vita quotidiana degli italiani, dei loro ricordi e della via trascorsa insieme” spiegano all’unisono Regina e Badioni.

Rabbia, delusione, indignazione: il commercio cremonese risponde con un coro unanime all’ennesimo provvedimento di chiusura emanato dal Governo. Un provvedimento che, di fatto, vanifica molti dei benefici che il commercio avrebbe ricevuto, in termini di ripresa economica, da questo periodo di feste. “La classe politica a Roma abbia il coraggio di dimettersi, perchè non è possibile lavorare così”. Parole forti quelle che usa Agostino Boschiroli, presidente di Confesercenti Cremona, per commentare quanto accaduto. “Devono rendersi conto che è  il momento di fermarsi” prosegue, commentando le decisioni degli ultimi mesi: “Non è accetabile che a settembre e ottobre ci dicano di fare un sacrificio a novembre, chiudendo, per salvare il Natale, per trovarci poi sotto le feste in una situazione peggiore di prima. Hanno fatto riaprire domenica scorsa i bar e i ristoranti e ora li fanno richiudere.  Ci fanno perdere anche il 24, giorno di lavoro importantissimo, così come il 5 e 6, data in cui iniziano i saldi. A questo punto mi viene d pensare che le opzioni siano due: o si sono affidati a un guppo di esperti che brancolavano nel buio, o ci son disegni politici diversi”.

Scontento anche sul tema dei ristori: “Dicono che li daranno subito per bar e ristoeanti, mentre alle altre categorie a gennaio. Personalmente, da commerciante, non ho ancora visto un euro. Quello che proviamo ora è rabbia, una rabbia cattiva. Questo Governo non è all’altezza di governarci, l’Italia non merita questo. E vorrei che a livello locale la politica prenda atto del fallimento di questo Governo”.

Parole di fuoco anche da parte di Antonio Pisacane, segretario generale di Asvicom: “L’ennesima follia” commenta. “Innanzitutto è stato scandaloso tenere l’Italia incollata per 2 ore alla tv, per sentirsi dire ciò che già si sapeva. In seconda istanza, arrivare a pochi giorni dal Natale senza avere certezze sulle decisioni da prendere è assurdo. Eravamo già abituati a questo modus operandi, ieri sera si è confermato l’ennesimo schifo”.

Commento duro anche in merito alle misure adottate, che “sono folli” comment Pisacane. “Ricordiamo che le uniche attività sottoposte a protocolli rigidi e controllabili sono proprio le imprese, mentre gli assembramenti per strada non vengono controllati. Costringere persone che hanno investito e accetato protocolli e regole a rimanere chiusi non è accettabile”. Per quanto riguarda i ristori, sebbene i numeri sembrino elevati, per Asvicom sono in realtà poca roba: “I 645 milioni di ristoro promessi, declinati al dettaglio delle varie attività commerciali, significano che forse si arriverà a vedersi compensato l’incasso di un solo giorno di lavoro, il Natale. E tutto il resto?”.

Non da meno Confcommercio, che condanna senza se e senza ma i provvedimenti: “Ancora una volta il Governo cambia le carte in tavola e impedisce alle imprese di organizzarsi” dichiara Andrea Badioni, presidente di Confcommercio Cremona. “Con un danno enorme per le tutte le attività. Pubblici esercizi e realtà della ristorazione innanzitutto ma anche i negozi e le imprese commerciali. Una situazione paradossale e insostenibile”. Non manca l’attacco alla politica, che “in modo irresponsabile e spregiudicato, senza seguire alcuna logica, usa una retorica mielosa fatta di promesse (come quella di un ritorno alla normalità il 7 gennaio con la riapertura delle scuole e dei trasporti) e – al tempo stesso – velate minacce (con la reintroduzione di una zona rossa fino al 6 gennaio). Così si uccidono le imprese, così si nega il futuro al Paese”.

“Per mascherare il suo fallimento nel contenimento del Covid-19, il governo ancora una volta decide di scaricare l’onere della riduzione del contagio sui pubblici esercizi e sui negozi, sottoposti da ottobre ad uno stillicidio di provvedimenti” rilancia il segretario generale Paolo Regina. Poi analizza più in dettaglio la situazione della ristorazione. “Che si tratti di zone rosse o arancioni (come si alternano in questo periodo di festività) per noi di Confcommercio significa una cosa soltanto: bar e ristoranti resteranno chiusi dal 23 dicembre al 6 gennaio. Un periodo che da solo vale circa il 20% del fatturato di un intero anno. In sostanza il governo, con questa decisione, se confermata, si assume la responsabilità di decretare la morte di un settore fondamentale per i valori economici e sociali che esprime”.

Non meno amara la riflessione sui negozi “Dopo aver spinto gli Italiani a comprare online i regali di Natale ora si vuole fare altrettanto con i saldi. Si è tolto alle imprese il periodo che incide maggiormente sul bilancio delle attività. Dopo averle messe in ginocchio, chiudendole con ristori da elemosina, le si vuole distruggere definitivamente. Se questo è l’obiettivo assicuriamo che siamo sulla strada giusta. Davvero non si capisce la logica di questi provvedimenti”.

“Negozi, pubblici esercizi e ristoranti non sono solo numeri, sono i volti e le mani dei gesti quotidiani, una componente simbolica e materiale della vita quotidiana degli italiani, dei loro ricordi e della via trascorsa insieme” spiegano all’unisono Regina e Badioni. “E vorrebbero continuare a lavorare: lavorare non per mettere a rischio il Paese, ma per mettere in sicurezza un patrimonio imprenditoriale e sociale che contribuisce al futuro di tutti. Se fossero confermate le notizie di ulteriori limitazioni sarebbe la “Cronaca di una morte annunciata” perché senza adeguati e immediati ristori per tante, troppe aziende del settore sarà impresa impossibile reggere ai nuovi ingenti danni che le limitazioni determineranno. Rimangono nondimeno due sensazioni poco gradevoli. La prima, più generale, è quella di un Paese stanco, stanco di reagire, persino di capire che –spossato da incertezze e instabilità- sta perdendo il senso e la rotta. La seconda, che riguarda i Pubblici Esercizi, che è la perdurante impressione di uno spiacevole pregiudizio che lo accompagna, con la fastidiosa distinzione tra attività economiche essenziali e non essenziali che finisce per oscurare la realtà”.

Laura Bosio

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