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"Quell'edera bella da vedere ma che soffoca gli alberi di pregio": l'allarme di Benelli

"Ho effettuato anche una ricerca sull’accennato problema - precisa Benelli - ho trovato siti forestali che esaltano il proliferare dell'edera, considerandola una regolatrice del bosco. Le mie osservazioni non sono concordanti, anzi! Qui ormai bisogna salvare il salvabile".

PIADENA DRIZZONA – E’ un problema che non tutti considerano, ma che in realtà esiste da diverso tempo, quello sul quale ponte l’accento Dante Benelli, consigliere di minoranza di “Avanguardia Civile” di Piadena Drizzona, residente a Castelfranco d’Oglio. “Diversi attenti cittadini lamentano il fatto che nei parchi pubblici, dove esistono soprattutto alberi datati, spesso questi si presentano avviluppati ed eccessivamente devastati da un rampicante molto noto e conosciuto ai più con il nome di edera – sostiene Benelli -. Molto brevemente, perché il problema è enorme, vale la pena di fare un accenno a un problema che riguarda però gli alberi della Pianura Padana, che si estende ormai anche a tutta zona la Pedemontana. La nostra Pianura (da Udine a Torino) è stata gradatamente deforestata, visto che l’agricoltura ormai possiede altri ritmi di produzione che hanno soppiantato definitivamente i tempi in cui chi si dedicava alla terra faceva di ogni difficoltà e fatica delle autentiche virtù. Io sono un vecchio tecnico agrario che vive e conduce il relativo terreno per passione, anche se durante la sua intera vita  lavorativa mi sono dedicato a ben altro ma non dimenticando mai la vecchia passione agricola”.

“Nel mio comune tempo fa – ricorda Benelli – volevano abbattere una rigogliosa quercia dell’età stimata di anni 160 e il comitato, sorto spontaneo e al quale aderisco, è riuscito per il momento a scongiurarne il taglio basale (non potatura oppure contenimento della chioma). Conseguentemente a ciò è sorto inoltre il problema di censire quanto rimane delle querce e altri alberi di pregio presenti nel comune, in modo da avere un elenco dettagliato da usare nella formazione del così detto Piano di Governo del Territorio e altro. Ebbene nella ricerca/osservazione  delle essenze in discorso ho notato che almeno il 50%  degli alberi risultava avviluppato dalla pianta rampicante denominata Edera Comune. Questo vegetale con le sue radici avventizie avvolge gradatamente il fusto degli alberi arrivando fino alla cima, impedendo in tal modo lo sviluppo dell’apparato fogliare dell’ospitante, portandolo a morte per soffocamento. Considerando che la moderna agricoltura  purtroppo non pianta alberi (nonostante i veleni presenti in atmosfera), il territorio è praticamente spoglio e l’orizzonte (che un tempo era un muro verde), consente all’occhio nudo di spaziare anche per una decina di chilometri senza incontrare ostacoli di natura vegetativa”.

“Ho effettuato anche una ricerca sull’accennato problema – precisa Benelli – ho trovato siti forestali che esaltano il proliferare dell’edera, considerandola una regolatrice del bosco. Le mie osservazioni non sono concordanti, anzi! Qui ormai bisogna salvare il salvabile. Rimango stupito da questo tipo di ricerca: a titolo di esempio, ricordo che molti parchi privati ma anche  di ville patrizie ancora esistenti passate in mano pubblica (ad esempio a San Giovanni in Croce), il cui patrimonio verde risulta compromesso per una parte preponderante dall’invasione dell’edera e nessuno si pone il problema attribuendo a questa infestante una valenza paesaggistica o bucolica. Faccio osservare che nella pianura cremonese le uniche piante adulte rimaste sono le querce in quanto, per motivazione a me sconosciute, gli agricoltori nutrono sentimenti di rispetto ma non di dedizione riguardante l’ordinaria manutenzione, mentre il resto della vegetazione è curata sommariamente e la cura non è più manuale ma tramite decespugliatori meccanici che ne lacerano i rami”.

“La regola dei tempi moderni – spiega non senza polemica Benelli – è che nessun cono d’ombra gravante sulle colture deve essere tollerata dalla generazione dei giovani agricoltori che per fortuna nostra praticano ancora questo mestiere, spesso non per scuole sostenute ma per imitazione dei padri. Se qualcuno durante la percorrenza in auto si trovasse sulle principali direttrici stradali che incrociano la nostra provincia e possedesse l’occhio osservatore, competente o critico, si accorgerebbe della strage che compie l’edera agli alberi adulti, soprattutto quelli importanti, ma anche alla robinia pseudacacia, platani, olmi e di quel che rimane ancora della vegetazione riparia. Il problema è da me sentito e nel soppresso comune di Drizzona vado girando per la campagna  a liberare  gli alberi a rischio di soffocamento suscitando sorpresa e ilarità per chi mi vede a svolgere tale funzione sui fondi altrui. Ma io non desisto”.

“Le osservazioni esposte più sopra – conclude Benelli – per rappresentare un problema che nessuno vede ma che presto comprometterà quanto rimane delle essenze nobili ancora presenti nella pianura padana dimenticando che questa ubertosa valle di sedimenti fino al XV secolo era un bosco ininterrotto di querce. Vorrei solleticare l’interesse di qualche esperto forestale, meglio se dedicato all’insegnamento della straordinaria e più che attuale materia, che è una branca delle scienze naturali (magari anche qualche ufficio regionale), in modo da ottenere pareri  competenti ed eruditi e  valutare se le impressioni di un ultra conservatore sono fondate, reali, attuali oppure se emotivamente influenzate dall’attaccamento affettivo ai luoghi d’origine”.

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