Cucina e Gastronomia

Paolo Voltini (Coldiretti): “Se è un mix vegetale, non si può chiamare bistecca!"

Per contrastare le lobbies delle multinazionali che investono sulla carne finta, vegetale o creata in laboratorio, le principali organizzazioni agricole europee hanno lanciato la campagna “Questa non è una bistecca”

“La carne e i prodotti a base di carne fanno parte della dieta tradizionale dei nostri territori e regioni,  le cui ricette tramandate nei secoli appartengono di fatto al patrimonio gastronomico italiano e permettere a dei mix vegetali di utilizzare la denominazione di carne, bistecca, hamburger, significa favorire prodotti ultra-trasformati con ingredienti frutto di procedimenti produttivi molto spinti. Dei quali, oltretutto, non si conosce nemmeno la provenienza della materia prima visto che l’Unione Europea importa ogni anno milioni di tonnellate di materia prima vegetale da tutto il mondo”. Con queste parole Paolo Voltini, presidente di Coldiretti Cremona e Coldiretti Lombardia, contesta il voto del parlamento europeo sull’abolizione del divieto di definire carne qualcosa che non arriva dal mondo animale, ma che nasce invece da un mix di sostanze vegetali, spezie, coloranti ed esaltatori di sapore.

Per Coldiretti “la carne finta inganna più di 9 italiani su 10 (93%) che non seguono un regime alimentare vegetariano o vegano”. Il dato emerge da un’analisi della prima organizzazione degli agricoltori  su dati Eurispes, che evidenzia come “i consumatori rischiano di trovare sugli scaffali e di mettere nel carrello della spesa finti hamburger con soia, spezie ed esaltatori di sapore o false salsicce riempite con ceci, lenticchie, piselli, succo di barbabietola o edulcoranti”.

“Non è accettabile che si consenta di utilizzare nomi come “burger vegano” e “bistecca vegana”, bresaola, salame, mortadella vegetariani o vegani, con l’unico limite di specificare sull’etichetta che tali prodotti non contengono carne – prosegue Voltini –. Denunciamo questa strategia di comunicazione subdola, con la quale si approfitta deliberatamente della notorietà e tradizione delle denominazioni di maggior successo della filiera tradizionale dell’allevamento italiano. Così si danneggiano i nostri produttori e si ingannano i consumatori, rischiando di indurli a pensare che questi prodotti siano dei sostituti, per gusto e valori nutrizionali, della carne e dei prodotti a base di carne”.

L’emergenza globale provocata dal coronavirus – sottolinea la Coldiretti – ha fatto emergere una consapevolezza diffusa sul valore strategico rappresentato dal cibo e sulle necessarie garanzie di qualità e sicurezza che vanno tutelate anche dall’utilizzo di nomi o definizioni fuorvianti per i consumatori in un momento così delicato per la vita delle famiglie e l’economia dell’Italia e dell’Europa.

Per contrastare le lobbies delle multinazionali che investono sulla carne finta, vegetale o creata in laboratorio, le principali organizzazioni agricole europee hanno lanciato la campagna “Questa non è una bistecca”. Il marketing delle imitazioni può creare confusione sui valori nutritivi dei prodotti – evidenzia la Coldiretti – per questo il dibattito sulla denominazione della carne non è un attacco ai prodotti vegetali, ma è una battaglia per la corretta informazione al consumatore.

Una posizione condivisa dalla stessa Corte di giustizia europea che – sottolinea la Coldiretti – si è già pronunciata in passato sul fatto che “i prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni, come ‘latte’, ‘crema di latte’ o ‘panna’, ‘burro’, ‘formaggio’ e ‘yogurt’, che il diritto dell’Unione riserva ai prodotti di origine animale” anche se “tali denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione”.

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