Ballo liscio e Covid19, Titti Bianchi: "Orchestre, una schiera di disoccupati"
Le serate in piazza erano per i nostri musicisti una fonte di reddito importante per mantenere loro e le loro famiglie dopo aver sbarcato il lunario nei mesi invernali. Adesso non c’è più niente per nessuno, è proprio un lavoro in ginocchio

CASALMAGGIORE – La danza è l’arte di muovere i passi conformando l’atteggiamento delle membra secondo determinate regole seguendo il più fedelmente possibile un ritmo musicale. Oltre a questo vi è anche un’altra definizione forse più prosaica ma altrettanto evidente che è quella che vede il ballo quale mezzo immediato per fare conoscenza e amicizia.
Finalità ed obiettivi un po’ più difficile da raggiungere in questi tempi di lockdown e assembramenti sconsigliati. Mantenere una certa distanza e indossare mascherine costituisce un ostacolo non indifferente per tutte quelle coppie abituate a frequentare discoteche feste e sagre di paese dove, oltre all’aspetto gastronomico, musica e ballo rappresentano l’indiscutibile attrazione.
L’estate del 2020 verrà ricordata anche per questa non indifferente caratteristica in grado di mettere a rischio conoscenze ed amicizie. Nel nostro territorio, per non parlare della confinante Regione Emiliana il ballo liscio è da sempre considerato il ballo di coppia per eccellenza: Si è trasformato di colpo, in seguito all’emergenza sanitaria, in una danza proibita. Vietati dunque non solo il cosiddetto ballo della mattonella ma anche altre danze molto attraenti e spettacolari come il valzer, la mazurka per non parlare del tango già ancora prima della pandemia ritenuta una danza peccaminosa.
Come si dovranno adeguare le orchestre, protagoniste delle serate estive, di fronte a queste nuove normative? Per saperlo abbiamo posto il quesito a colei che viene un po’ considerata l’antesignana delle orchestre da ballo italiane anche per una lunghissima carriera che la vede occupare i palcoscenici da più di mezzo secolo. Titti Bianchi, di Rivarolo del Re, il paese dove ha esordito Mina, ha iniziato la carriera di cantante nel 1966 vincendo all’età di 17 anni il Festival di Ariccia organizzato da Teddy Reno, marito di Rita Pavone.
“Questa pandemia ha tagliato le gambe a tutto il nostro settore e se si vorrà ripartire dovremo per forza reinventarci qualcosa – racconta l’artista casalasca – Sembra che si possa iniziare un po’ con la musica d’ascolto accompagnando momenti gastronomici. Qualcuno lo sta già facendo, ne risulta sacrificato il ballo ma almeno si riescono a muovere quanto meno le prime note in previsione di una auspicata parvenza di ripresa.I l ballo di coppia non si potrà fare ma è già un pò di tempo che i ballerini preferiscono i balli di gruppo rimanendo distanziati, questo sarebbe il problema meno grave”.
Quali sono i problemi maggiori? “Quasi tutte le serate estive sono state annullate a causa del Covid19 anche perchè le organizzazione degli eventi avrebbero dovuto coinvolgere le Amministrazioni comunali di competenza già dalla primavera. Ma i sindaci non se la sentono di rischiare per le limitazioni in atto. Speriamo di poter fare qualche serata, qualche sagra ad agosto e settembre ma la vedo dura. Io di solito sono ottimista e osservo sempre il bicchiere mezzo pieno. Ma stavolta è difficile. Noto i bar e i ristoranti in grande difficoltà con la gente che ha paura. D’altra parte ci hanno terrorizzato per tre, quattro mesi ed è normale che ora la gente abbia paura. Le stesse discoteche dove ci esibivamo in inverno, non so se riusciranno a riaprire a causa delle normative da adottare”.
Una testimonianza, quella di Titti Bianchi, precisa e allarmante che rivela una crisi eccezionale anche all’interno di un settore tradizionalmente specializzato nel portare allegria e spensieratezza tra il pubblico delle feste.
“Le serate in piazza erano per i nostri musicisti una fonte di reddito importante per mantenere loro e le loro famiglie dopo aver sbarcato il lunario nei mesi invernali. Adesso non c’è più niente per nessuno, è proprio un lavoro in ginocchio. Tanti disoccupati, tanti”.
Nonostante tutto Titti Bianchi termina con una esortazione filosofica foriera di speranza e fiducia: “Teniamo un piede nel passato con uno sguardo nel futuro cercando di soddisfare le esigenze che verranno”.
Rosario Pisani