Fabrizia Zaffanella: "Viadana, bisogna attivare il POT con la degenza di comunità"
È vero in Italia, da molti anni, le risorse assegnate al sistema sanitario pubblico - prosegue - sono insufficienti, lo sono in termini assoluti in Italia con una delle spese sanitarie pubbliche più basse in Europa
VIADANA – “Leggiamo sulla stampa locale che la Direzione Generale della ASST di Mantova, in visita a Viadana presso l’attuale degenza di sorveglianza per pazienti Covid, unitamente agli Amministratori locali, ha espresso la possibilità di apertura di una struttura di riabilitazione Generale Geriatrica, anziché la degenza di comunità, previo parere regionale. Come abbiamo avuto ripetutamente modo di sottolineare, il percorso di chiusura della degenza di sorveglianza rappresenta un esito fisiologico al venir meno, fortunatamente, dei pazienti Covid positivi in fase subacuta. Ben venga quindi la proposta, per certi versi a sorpresa, della struttura di riabilitazione di 30 posti letto.
Preme tuttavia segnalare che la progettazione deve essere ripresa per attivare il POT con la degenza di comunità, ovvero una struttura di cure intermedie per subacuti, in collaborazione con MMG. Occorre riprendere il disegno dettato dalla legge di riforma e successive normative che vedono Viadana destinataria di un POT (Presidio Ospedaliero Territoriale – La l.r. 33/2009 definisce i POT quali “strutture multi servizio deputate all’erogazione di prestazioni residenziali sanitarie e sociosanitarie a media e bassa intensità per acuti e cronici e di prestazioni ambulatoriali e domiciliari”).
Tenuto conto poi della attuale grave sofferenza dei servizi sanitari della realtà viadanese, chiediamo che l’Amministrazione Comunale si attivi, insieme anche agli altri comuni dell’area e alla ASST di Mantova e Cremona e alla ATS Valpadana affinchè venga riconsegnata a Viadana la sua titolarità e la sua centralità in ambito sanitario attraverso la riattivazione di tutti i servizi sospesi causa Covid ovvero: il centro prelievi funzionante per tutte le richieste e per tutti i cittadini e non solo per i diabetici, la palestra e le cure fisiche riabilitative che erano garantite anche per gli utenti esterni da fisioterapiste esperte e qualificate, tutti gli ambulatori specialistici presenti in epoca pre Covid.
Inoltre, appena la situazione epidemiologica lo consentirà, prevedere il passaggio dall’ospedale di sorveglianza all’ospedale di Comunità nell’ambito della piu’ ampia visione di riorganizzazione sanitaria dove il POT rappresenta un caposaldo delle cure intermedie. Nel frattempo l’apertura della Riabilitazione Generale geriatrica puo’ rappresentare una importante offerta di servizi di degenza ma non deve venire meno il progetto del POT e della degenza di comunità , strada maestra della nostra programmazione sanitaria.
Non va altresì dimenticata la nostra collocazione nell’area di integrazione sanitaria casalasco viadanese sulla quale occorre riprendere il lavoro iniziato due anni fa. Sui social si leggono critiche in merito all’ospedale Oglio PO, a mio avviso profondamente sbagliate. Il POOP può rappresentare l’ospedale di riferimento per il nostro territorio, purchè vengano garantiti i necessari investimenti su personale, attrezzature, strutture, al fine di renderlo attrattivo ed efficiente. Al di là delle elezioni politiche, tutti cittadini devono esigere una sanità pubblica migliore al fine di stabilire strategia ed investimenti per una reale integrazione dei territori e valorizzazione dell’Ospedale Oglio Po, attraverso la consapevolezza della necessità di difesa del SSN, dei suoi valori e della sua missione per la sicurezza sociale e economica del Paese”.
A parlare Fabrizia Zaffanella, candidato sindaco del Centro Sinistra Viadanese.
“È vero in Italia, da molti anni, le risorse assegnate al sistema sanitario pubblico – prosegue – sono insufficienti, lo sono in termini assoluti in Italia con una delle spese sanitarie pubbliche più basse in Europa e lo sono sempre più in termini relativi a fronte di una popolazione che invecchia e a fronte di uno sviluppo tecnologico che incrementa costantemente l’armamentario terapeutico e i suoi costi.
È vero, lo dicono i numeri che descrivono anche un sistema salute nel quale crescono le disuguaglianze e nel quale orientare la spesa verso i bisogni è reso sempre più difficile da una logica e da un senso comune commerciale, economicista, neoliberista.
Ma forse la cosa va pensata in modo diverso: problemi etici, sono indipendenti da qualsivoglia carenza e non sono risolti dall’abbondanza, non nascono dal mercato ma, al contrario, dalle politiche di welfare e dal tentativo di costruire un sistema universalista. In un sistema di mercato, un sistema di individui e di compratori «informati», chi ha le competenze e le risorse si procura i servizi, chi ne è sprovvisto aspetta il suo turno e l’eventuale beneficienza. In un sistema universalista, e quindi in un sistema di diritti, si crea invece, immediatamente una tensione tra il diritto del singolo alla cura e il diritto della comunità alla tutela”.
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