Salute

La denuncia di un medico del lavoro: "Test pungidito demonizzati ma sono l'unica arma per un quadro completo"

"A inizio emergenza è stato detto che questi test avevano un’attendibile del 20%. Questo perché dopo un tampone positivo, se alla stessa persona veniva somministrato il test rapido, il risultato di quest’ultimo era negativo. Quello che nessuno ha detto è che per formare gli anticorpi servono tre giorni dopo l’avvio dell’infezione. E non si aspettava mai".

CASALMAGGIORE – Medico del lavoro da 40 anni, Angelo Angiolini è originario di Agoiolo, frazione di Casalmaggiore. Arriva da lui una denuncia pesantissima verso il sistema che Regione Lombardia ha voluto ignorare. “Non lo dico solo io, ma anche il professor Massimo Galli dell’Istituto Sacco di Milano, voce più autorevole della mia. Io – precisa Angiolini – parlo per esperienza personale diretta e lavorativa, perché ogni giorno ho a che fare con aziende che fanno fatica a capacitarsi di certe decisioni. La nostra ansia siamo abituati a gestirla da soli tutti i giorni, quello che non va bene è che venga ignorata coscientemente una via che esiste, per trovare con una discreta sicurezza i contagiati o i potenzialmente positivi su tutto il territorio”.

Il problema non è aprire o chiudere fabbriche e negozi, secondo Angiolini. “Il punto – spiega – è che abbiamo un’arma validissima ma ci impongono di non usarla. Parlo dei test pungidito: li hanno inventati i cinesi e questo viene considerato sufficiente per reputarli non attendibili. Invece questi test, che sono poco costosi, sarebbero un modo per districare la perenne incertezza in cui viviamo. Il tampone taglierebbe la testa al toro, ma anche lì la certezza assoluta non esiste, altrimenti non avremmo i famosi casi dei falsi positivi. Dobbiamo abituarci ad accettare il fatto, peraltro, che il tampone negativo sia appunto una patente di negatività, ma non di immunità. La durata degli anticorpi a questo virus la conosceremo strada facendo, tra qualche mese. Intanto però il test pungidito è una strada efficace, attendibile e poco costosa”.

Non è un test sierologico, va precisato: e la differenza la spiega lo stesso Angiolini. “Il pungidito ha valore qualitativo, cioè ti dice se hai o meno gli anticorpi; il sierologico ti dice invece quanti anticorpi hai. La differenza è che il primo costa pochissimo: la Regione Campania su grandi stock, li ha acquistato a 3 euro l’uno, io da medico sono riuscito ad acquistarne a 12 euro più Iva. Sono test attendibili al 96%, mi sembra una percentuale molto affidabile. Questi test sono un’arma in tempo di guerra per tracciare gli asintomatici con certezza e gli eventuali positivi. Il test ha tre tacche: la prima indica se il test funziona e, se si attiva solo quella, allora si è negativi; poi c’è la tacca degli anticorpi che si attivano dai 3 ai 14 giorni dopo l’infezione, e questa dunque indica che il virus è quasi certamente ancora in circolo; infine abbiamo la tacca degli anticorpi “a lunga durata”, per usare un termine non scientifico ma comprensibile, che solitamente si riscontrano in chi ha avuto l’infezione tante settimane fa e probabilmente, anche se non v’è certezza assoluta, l’ha ormai superata”.

Perché allora la Regione Lombardia ignora i pungidito? “A inizio emergenza è stato detto che questi test avevano un’attendibilità del 20%, bassissima. Questo perché dopo un tampone positivo, se alla stessa persona veniva somministrato il test rapido, il risultato di quest’ultimo era negativo. Quello che nessuno ha detto è che spesso il test rapido veniva fatto il giorno dopo il tampone, quando in realtà si è capito che per formare i primissimi anticorpi servono tre giorni dopo l’avvio dell’infezione: per forza di cose il test era negativo, non è stato somministrato coi tempi giusti. Dunque il rifiuto di Regione Lombardia si basa su un preconcetto e su un dato empirico sbagliato. Senza dimenticare che l’azienda, unica in Lombardia, che ha poi ottenuto l’appalto dei test sierologici ha al suo interno proprio il professore che ha bollato questi test pungidito come inattendibili”.

Un’accusa pesante, che però non vuole essere tanto politica, secondo Angiolini, ma sanitaria. “Col metodo lombardo noi non avremo mai un quadro tracciato completo su tutta la popolazione, ma solo un campione. E lo dicono i numeri: si possono effettuare al massimo poco più di 2mila sierologici al giorno, tanto è vero che in 15 giorni ne sono stati somministrati 33mila. Col pungidito bastano dieci minuti per avere una risposta. Capite bene che la differenza è notevole. Non solo: la Regione ha complicato le cose ancora di più, perché ha pensato a tre step, cioè chi fa il test rapido deve passare anche dal sierologico e poi dal tampone. L’Emilia almeno ha saltato il secondo passaggio e dal pungidito puoi passare direttamente al tampone, e già è una complicazione in meno. A tal proposito i dati ufficiali in Emilia ci dicono che in media il 10% sul totale della popolazione coi sierologici risulterebbe positivo; in Lombardia siamo al 14% con picchi in provincia di Bergamo del 24%, mentre Cremona è al 15.5%. In realtà la percentuale è molto più alta rispetto ai dati ufficiali, tanto che dei sierologici positivi in Emilia, quasi la metà, ossia il 45%, ha ancora tampone positivo. Se puntiamo ad avere un raggio ampio e attendibile, dobbiamo fare in fretta”.

A tutto questo Angiolini aggiunge un ulteriore passaggio. “Regione Lombardia sta scaricando le spese sulle aziende, ma il problema è di salute pubblica, dunque dovrebbe provvedere lei, non l’azienda. Ecco perché Giorgio Armani, uno dei più grandi imprenditori con radici in Lombardia, è andato all’estero a fare i test. E lo stesso, per fare un altro esempio, ha fatto Moncler, che ha una sede importante a Milano. Tutte le aziende, però, ora devono alzare la voce. Per quanto concerne il discorso dell’immunità, come detto, scopriremo quale sarà la sua durata e dunque il valore degli anticorpi solo tra qualche mese, col tempo”.

C’è una chance per rilanciare i test rapidi? “Non sono in libera vendita, si hanno “di sfruso”, per usare un termine gergale, come il pane in tempo di guerra. Eppure si tratta di prodotti certificati CE, dunque osteggiarli è una decisione incomprensibile. Il professor Galli parla apertamente di atteggiamento ostile preconcetto e ingiustificabile. Aggiungo un dato: oggi in Lombardia, se nel laboratorio accreditato possiedi e somministri i test rapidi, devi tenere il 10% di tamponi in rapporto ai test che somministri, pur sapendo che i reagenti scarseggiano, dunque tutto il sistema si blocca o quantomeno si rallenta, perché non si vuole dare credito ai pungidito ma servono due ulteriori certificazioni, il sierologico e il tampone appunto. Il problema rimane di tempistiche e di vedute: con i test pungidito possiamo avere un quadro più completo e soprattutto possiamo realizzare questo puzzle più velocemente. Non solo: avere un ampio raggio di casistiche davanti a noi e trovare i positivi, o gli ex positivi, può essere al contempo la strada per trovare donatori di plasma iperimmune, che rimane una cura validissima, che da medico del lavoro mi sento di caldeggiare”.

Giovanni Gardani 

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