Economia

Slittamento riaperture, Confcommercio attacca: 'Cronaca di una morte annunciata: quella delle imprese'

"Ci sono esclusivamente certezze solo su quello che non si può fare (senza peraltro riuscire a trovare una logica coerente). Vincolare le ripartenze all’analisi dei dati sui contagi non può che preoccuparci ulteriormente. E’ come se le date del 18 maggio e del 1° giugno fossero state ipotizzate più per evitare tensioni sociali che per effettiva convinzione".

Anche il settore della Moda chiede a gran voce una rapida riapertura, in un momento particolarmente delicato, in cui “molte imprese rischiano la chiusura definitiva” se non si riesce a far fronte alle necessità di cassa: a lanciare l’allarme è Marco Stanga, presidente di Federmoda di Confcommercio Cremona. “Federmoda nazionale ha stimato che questo ulteriore slittamento creerà un danno irreparabile: un prevedibile calo di consumi per il 2020 di oltre 15 miliardi di euro che porterà almeno 17mila punti vendita ad arrendersi, con una perdita di occupazione di oltre 35mila persone” sottolinea Stanga.

“Oggi tutta la merce della stagione primavera estate è ancora imballata in magazzino ed è destinata a rimanere in gran parte invenduta” continua Stanga. “Nel frattempo i proprietari immobiliari e i fornitori esigeranno da parte nostra il rispetto delle scadenze, come se fossero stati mesi normali. Se aggiungiamo l’inconsistenza del dl liquidità capiamo come tutta la filiera sia a rischio. Non comprendiamo questa inaspettata e inspiegabile decisione di rinviare ulteriormente l’apertura di altre tre settimane dei negozi, visto che l’Inail ha classificato il nostro settore a basso rischio e che è già operativo il protocollo del 24 aprile per la riapertura in sicurezza. Delusi e preoccupati, chiediamo con forza al Governo di ritornare su questa decisione. Ora urgono liquidità vera attraverso contributi a fondo perduto, zero burocrazia e una moratoria fiscale e contributiva al 30 settembre”.

“Ogni nuova comunicazione del Governo sembra aggiungere un capito ad una cronaca di una morte annunciata, quella delle imprese” commenta il presidente Vittorio Principe. “Le misure messe in campo dal premier e dai quattrocentocinquanta esperti con l’obiettivo di far ripartire il Paese producono, come unico effetto, danni gravissimi al sistema economico e al terziario in particolare. Merito di decreti calati dall’alto, senza minimamente considerare le esigenze delle Associazioni di categoria e di quelle partite Iva che, da sempre, lavorano per creare sviluppo e futuro all’Italia.

Da tutte le categorie sono arrivate pesantissime critiche ad un provvedimento che dimentica che ogni giorno di chiusura in più mette a rischio la ripartenza di moltissime imprese e di tutti coloro che vi lavorano. Ci sono esclusivamente certezze solo su quello che non si può fare (senza peraltro riuscire a trovare una logica coerente). Vincolare le ripartenze all’analisi dei dati sui contagi non può che preoccuparci ulteriormente. E’ come se le date del 18 maggio e del 1° giugno fossero state ipotizzate più per evitare tensioni sociali che per effettiva convinzione. 

E, nel frattempo, manca ogni rassicurazione (se non le solite promesse vuote) su indennizzi e misure di sostegno alle imprese, ancora una volta abbandonate a loro stesse. Anche per questo, come Confcommercio nazionale, è già stato chiesto al Presidente Conte un incontro urgente, anzi urgentissimo per discutere di due punti: riaprire prima e in sicurezza; mettere in campo indennizzi e contributi a fondo perduto a favore delle imprese. E non bastano la ritualità sterile messa in campo con il “cura Italia” o con il “dl liquidità”. Perché nessuno ha saputo portare nulla (se non i seicento euro) a chi gestisce un’azienda. 

Ci sono tanti (troppi) proclami e una realtà di totale abbandono che rischia di devastare un Paese e il suo sistema economico. Non c’è un progetto, una visione, coraggio politico. Solo gretta e insensata burocrazia. I prossimi mesi saranno durissimi. Non possiamo permetterci di continuare così. Si faccia come ha fatto anche il Comune di Cremona, creando un tavolo con le Associazioni datoriali, ascoltando la voce delle realtà economiche. Lo capisca anche il Governo, anziché affidarsi solo ad esperti lontanissimi dalla vita reale e dal tessuto produttivo. Occorre confrontarsi in maniera più efficace e costruttiva con le esigenze delle piccole e medie imprese (la spina dorsale del Paese) per ritrovare una linea d’azione condivisa, concreta, efficace. Solo così (e non con proclami vuoti) potremo ricostruire la speranza e il futuro”.

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