Cultura

Cella, da una carta di Antonio Campi (1583) la storia del borgo fantasma spiegata da Lino Corradi

Anche il paese, tuttavia, scompare dai documenti. Fu abbandonato? Fu distrutto da una alluvione o da una erosione del Po? Cambiò nome? Non è dato sapere. Cella entra nel novero dei tanti paesi 'scomparsi' probabilmente a causa di alluvioni rovinose

CASALMAGGIORE – Borghi scomparsi. Affascinanti misteri che emergono da antiche carte topografiche. Anche il casalasco aveva i suoi. Terra di fiume. Un fiume riottoso che nel corso dei secoli ha mutato percorso e ridisegnato lembi di terra. In questi giorni, nel gruppo ‘Casalmaggiore e dintorni, passato, presente e futuro’ gestito da Nadia Cagna la bella storia di Cella. Partita da una carta del 1583 del cremonese Antonio Campi individuata dal casalasco Giuseppe Boles ha stimolato la curiosità di un ricercatore per passione, Lino Corradi, che ne ha ricostruito la storia. Una storia, come dicevamo, avvolta nel più fitto mistero visto che di Cella, oggi, non resta nulla. Aveva una sua chiesa, dedicata a San Pietro, 20 famiglie che la abitavano, 140 persone.

Non è l’unico caso di piccoli borghi che compaiono in antiche carte. Il casalasco – terra appoggiata al fiume – ne conta altri: Barcello, Casale de’ Ravanesi, Gurgo. Ma il suo borgo fantasma ce l’ha anche Viadana, Portiolo. Sono storie che andrebbero riscoperte, ricerche per appassionati che potrebbero interessare i tanti che amano le terre d’acqua e di fiume. Di Cella, Lino Corradi, ne parla così…

“La foto della carta topografica dove si riporta anche Casalmaggiore – scrive Corradi – proposta da ed esistente nella galleria delle carte geografiche nei Musei Vaticani, mostra un particolare che ricorda una storia poco nota ai casalaschi.

Il paese di Cella, riportato ben visibile sulla carta, di là del Po, era anticamente collocato sulla sponda sinistra ed era territorio appartenente a Casalmaggiore. Non è dato sapere quando esattamente il fiume abbia deviato il suo corso, saldando Cella alla sponda parmense. In una carta topografica eseguita dal cremonese Antonio Campi nel 1583 il paese di Cella è già collocato sulla sponda destra; pertanto il suo distacco dalla riva casalasca deve essere ascritto a ben prima.

Cella rimase comunque alle dipendenze di Casalmaggiore per molto tempo ancora, almeno in materia religiosa. Infatti il 30 maggio 1601 il vescovo di Cremona, don Cesare Speciani, ordinò una visita pastorale alla chiesa di San Pietro di Cella. Nella relazione della visita l’edificio viene descritto come piccolo ma sufficiente ad ospitare i 140 abitanti del villaggio, suddivisi in venti famiglie.

La costruzione non era molto solida, bassa e con il tetto poco sicuro; non era consacrata e non vi si conservava il Sacramento ”a causa della povertà degli abitanti”. In un sinodo diocesano del 1604 la chiesa di San Pietro di Cella non compare più nell’elenco delle chiese soggette al Vicariato di Casalmaggiore. Pertanto si può supporre che avesse cessato la sua funzione.

Anche il paese, tuttavia, scompare dai documenti. Fu abbandonato? Fu distrutto da una alluvione o da una erosione del Po? Cambiò nome? Non è dato sapere. Cella entra nel novero dei tanti paesi ‘scomparsi’ probabilmente a causa di alluvioni rovinose; per il territorio di Casalmaggiore si ricordano anche Barcello, Casale de’ Ravanesi, Gurgo o Scurdo; nel viadanese Portiolo.

Invece i Mezzani del parmense, ed in particolare Mezzano Rondani, che pure erano sulla sponda sinistra del Po, si trovarono poi circondati da due rami del fiume, diventando così un’isola, per poi saldarsi al territorio di Parma ed essere inglobati anche politicamente in quel dominio.

Nel suo nome Mezzano Rondani perpetua il legame stretto che ebbe con Casalmaggiore e la sua antica appartenenza al casalasco; la famiglia Rondani fu infatti una delle più cospicue della città fin da tempi antichissimi”.

N.C.

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