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Al casalasco Andrea Devicenzi, viaggiatore coraggioso, il premio Enrico Toti

Due arditi, Andrea ed Enrico, fatti della medesima pasta. Anche per questo motivo non poteva scegliere, la giuria incaricata, una persona migliore da premiare. Non è solo questione di gamba e di muscoli. E' qualcosa di più

MARTIGNANA PO – Un viaggiatore, Andrea Devicenzi, lo è davvero. E non è solo questione di gamba e muscoli, di viaggi e sfide, ormai tante messe alle spalle e tante altre già programmate che lo aspettano. E’ soprattutto, nel suo caso, questione di mente. Perché é quella mente sempre attiva – lui è un iperattivo che riesce sempre a canalizzare l’energia in maniera positiva – il suo primo motore, la fonte primaria di forza che lo guida.

Sempre un passo in più, sempre un gradino più in alto da percorrere, gamba e stampelle. Una scelta di vita. Il prossimo 12 ottobre l’iron man casalasco riceverà, al Circolo Ufficiali Pio X di Viale Castro Pretorio a Roma, il premio Enrico Toti, per la sezione Viaggi ed esplorazioni.

Il Premio Enrico Toti – si legge dal sito – nasce dalla volontà di Claudia Toti Lombardozzi, pronipote dell’eroe italiano e direttrice artistica dell’Associazione Enrico Toti.

Lo scopo dell’istituzione del premio è quello di riconoscere e promuovere le personalità che si sono distinte nei diversi ambiti che hanno caratterizzato la vita e le avventure di Enrico Toti: “Arte e Spettacolo”, “Ingegno e Inventiva”, “Viaggi ed Esplorazioni”, “Sport”, “Arte Militare”.

Il simbolo del premio è la ruota della bicicletta, fida compagna di Enrico nei suoi viaggi ed incontri, che sorge come un sole nascente, immagine che da sempre incoraggia a superare gli ostacoli che la sorte ci pone dinnanzi.

C’è un’impressionante parallelismo tra la vita dell’eroe della grande guerra e Andrea Devicenzi. A 18 anni un tragico incidente con una locomotiva fece perdere la gamba sinistra a Toti. Uno in meno ne aveva Andrea quando perse la sua gamba sinistra in un incidente in moto. Nonostante la grave menomazione, Toti non si perse d’animo e compì alcuni viaggi incredibili con la propria bicicletta: nel 1911 partì alla volta di Parigi e poi proseguì fino in Lapponia, Russia e Polonia ritornando a Roma nel giugno 1912. Sei mesi dopo affrontò un secondo viaggio raggiungendo, sempre con la sua inseparabile bici, Alessandria d’Egitto e il confine con il Sudan. Andrea nel 2010 ha effettuato il Raid in autosufficienza sulla strada carrozzabile più alta del mondo, in India. 700 km in 8 giorni in sella alla MTB, raggiungendo per la prima volta da un atleta amputato di gamba il KardlungLa a quota 5.602. L’anno successivo fu la volta della Parigi-Brest-Parigi. L’Olimpiade delle Randonnèe. 1.230 km da percorrere in un tempo dichiarato di 80 ore. L’atleta residente a Martignana quell’impresa la concluse in 72 ore e 42 minuti, anche in questo caso primo amputato al Mondo a riuscirci. Nel 2016 poi, in completa solitaria, il viaggio in Perù, mischiando ciclismo a trekking. 1.140 chilometri (quelli che separano Lima da Cusco) in sella alla bici in soli 11 giorni e poi con stampelle e zaino, in 4 giorni, attraverso le Ande per raggiungere il sito archeologico più famoso al Mondo, Machu Picchu. In mezzo a questo l’attività paraolimpica e tante altre piccole grandi sfide. Tutte vinte.

L’anno scorso la via Di Francesco, quest’anno la via Francigena che concluderà a dicembre a Roma. Due arditi, Andrea ed Enrico, fatti della medesima pasta. Anche per questo motivo non poteva scegliere, la giuria incaricata, una persona migliore da premiare. Non è solo questione di gamba e di muscoli. E’ qualcosa di più: lo fu per Toti come lo è per Devicenzi. E’ questione di mente, ed anche di cuore.

Nazzareno Condina

 

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