'C'era una volta l'Oglio Po, e forse c'è ancora'. La lucida analisi di Gianni Fava
L’Oglio Po avrà grandi prospettive solo se saprà trarre insegnamento dagli errori di questi ultimi anni. Nessuno ti regala nulla, soprattutto quando nessuno si sente in dovere di farlo. Vedremo come andrà a finire... io resto ottimista
VIADANA – ‘C’era una volta l’Oglo Po. E forse c’è ancora…’. Con questo titolo, sul periodico ‘Pomponesco informa’, una disamina nuda e cruda della situazione del territorio. Senza peli sulla lingua e reticenze, così come ci ha abituato l’ex assessore all’agricoltura di Regione Lombardia Gianni Fava.
C’è stato un tempo in cui l’Oglio Po era rappresentato, in Regione come a Roma. Un tempo – comunque – di lotta ma in cui il peso politico del territorio a cavallo tra due Regioni e due fiumi aveva la forza di farsi sentire. Sull’ospedale, ad esempio. Quando la rappresentanza c’era, ed era forte – tanto per fare un esempio – fallì l’assalto al nosocomio Casalasco/Viadanese per la chiusura del Punto Nascite. Assalto andato in porto poi, nell’ottobre dello scorso anno.
Quella che pubblichiamo integralmente è la lucida analisi di Fava.
“Per quasi trent’anni – scrive Fava – ho lottato in prima persona per l’affermazione dell’identità politica e sociale di un territorio che si chiama Oglio Po. Un territorio a cavallo di due province con una propria storia comune che idealmente nel passato era suggellata sotto il profilo istituzionale dalla vecchia unità sanitaria locale cosiddetta 50/52. Segno del fatto che in tempi lontani è esistito un embrione di sottostruttura istituzionale che aveva anticipato quella che per molti è stata la battaglia degli anni novanta e dei primi del duemila.
Soprattutto sul versante mantovano si è lavorato incessantemente per creare un gruppo di dieci comuni che condividessero progetti e servizi, ma soprattutto esprimessero una propria classe dirigente riconoscibile ai massimi livelli regionali e statali.
Sembrano passati secoli da quando quest’area riusciva ad essere rappresentata addirittura da tre parlamentari e due consiglieri regionali. Eppure nel 2013 ( non nell’ottocento) il territorio poteva contare su due eletti alla camera, uno al senato e due su tre dei consiglieri regionali eletti a Mantova. Questo poteva dare fastidio in effetti a molti.
Non è un mistero che l’alto mantovano ne avesse fatta la causa principale della azione politica di quasi tutta l’area del centro destra e della Lega. “Basta allo strapotere dell’Oglio Po!” tuonavano a tutte le riunioni, più o meno pubbliche, esponenti frustrati dei vari partiti che faticavano ad avere il peso di quest’area.
E così è iniziata una lunga azione di logoramento e disgregazione che ci ha portato alla situazione attuale. Non senza la complicità di qualche ascaro locale, altrettanto afflitto da frustrazione. Non è un caso se alla fine in questo periodo ci troviamo a discutere solo di servizi perduti o ridimensionati. Oggi non c’è più nessuno nelle stanze dei bottoni che possa ragionare in termini corporativi positivi. Oggi non c’è più nessuno, punto! E noi cittadini paghiamo questo isolamento.
Basti pensare a quanto sta avvenendo in ambito sanitario od infrastrutturale per capire che esiste un problema serio: manca una adeguata rappresentanza territoriale! Mancano persone disposte a dare battaglia, anche facendosi qualche nemico, per difendere con i denti le conquiste (peraltro non tantissime) di quel periodo e, perché no, per rilanciare chiedendo di poter costruire una prospettiva per un’area che rischia di essere condannata a periferia estrema. Una sorta di dormitorio per lavoratori e pensionati senza progetti e con poche prospettive, destinato a peggiorare ulteriormente nel medio periodo a causa della tendenza sempre più marcata alla diminuzione delle risorse disponibili trasferite dallo stato e dalla regione. S
erve una nuova generazione di persone illuminate che abbiano a cuore queste problematiche e che siano disposte a creare un gruppo omogeneo di amministratori interessati ad individuare uno o più soggetti su cui puntare per poter ridare una degna rappresentanza alle istanze dei cittadini di questa straordinaria e composita area. Gente disposta a fare un passo indietro rispetto alle appartenenze politiche classiche e un paso avanti nel legame sempre più stretto con la popolazione.
A Milano come a Roma questa zona di Lombardia al confine con l’Emilia risulta semi-sconosciuta. Non è più possibile delegare soggetti che non vi appartengano culturalmente e socialmente a rappresentarne le istanze e ad alzare la voce quando serve. L’Oglio Po avrà grandi prospettive solo se saprà trarre insegnamento dagli errori di questi ultimi anni. Nessuno ti regala nulla, soprattutto quando nessuno si sente in dovere di farlo. Vedremo come andrà a finire… io resto ottimista in ogni caso”.
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