Parma Brescia pessima? Bongiovanni: "Tutto parte dal naufragio dello scalo merci"
C'erano 12 milioni di euro nel 2002, messi già a disposizione da RFI, ed un progetto esecutivo che aveva spostato l'asse dall'attuale ubicazione dell'ex scalo merci (prima proposta) all'ultima proposta
CASALMAGGIORE – Il treno, quello per avere una linea – la Parma Brescia – sicuramente migliore dell’attuale, lo si è perso anni fa. Quando cadde – per ragioni ancora oscure, e forse per scarsa convinzione – il progetto dello scalo merci ferroviario. C’erano 12 milioni di euro nel 2002, messi già a disposizione da RFI, ed un progetto esecutivo che aveva spostato l’asse dall’attuale ubicazione dell’ex scalo merci (prima proposta) all’ultima proposta, quella che si spingeva verso Vicoboneghisio costeggiando il cavalcavia.
Tutto sembrava fatto, almeno sino al 2007. Gli ex sindaci Massimo Araldi e Luciano Toscani – ha spiegato Giovanni Leoni – avevano lavorato entrambi per raggiungere quell’obiettivo. Poi tutto si fermò. L’accordo era tra RFI, provincia di Cremona e Comune di Casalmaggiore. I lavori, già programmati, avrebbero dovuto partire l’anno successivo.
L’amministrazione attuale ha sempre lavorato sottotraccia per avere un servizio migliore, interloquendo con un ente – RFI – poco incline ad investire su una linea non ritenuta strategica e che – ironia della sorte – ha spiegato all’amministrazione che è prevista la TiBre ferroviaria (nella tratta che transita da Piadena) entro il 2050. Pochi resteranno per verificare se a quella promessa verrà dato corso ma un rimando così, a lunga gittata è equivalente al nulla. “Sembra una presa in giro” ha spiegato questa mattina il sindaco Filippo Bongiovanni. Ed effettivamente non ha tutti i torti.
Non è stata una conferenza stampa di critiche nei confronti delle amministrazioni passate quella di ieri mattina che ha visto protagonisti Giovanni Leoni e Filippo Bongiovanni che hanno però voluto mettere i puntini sulle – i – spiegando quale sarà il destino (o non destino, al momento) della tratta, una delle dieci – e non a torto – peggiori d’Italia secondo Legambiente.
LO SCALO MERCI CHE NON FU MAI – Ma partiamo dall’inizio. Nel 1997 l’ex sindaco Massimo Araldi: “Uno di quelli – ha spiegato Giovanni Leoni – che sapeva vedere avanti” aveva proposto e fatto approvare in Consiglio Comunale una variante al PRG in previsione proprio del progetto dello scalo merci. Inizialmente l’idea era quella di un allargamento dell’esistente con uno snodo intermodale capace di fare da perno con le grosse attività del casalasco viadanese. Del 2002 è la scheda (che trovate nelle immagini) in cui si spiega il lavoro e – cosa importante – si spiega che RFI metterà l’intero ammontare del costo dell’operazione, 12 milioni di euro, una cifra considerevole all’epoca. C’è già un cronoprogramma nell’accordo quadro. A Massimo Araldi succede Luciano Toscani: “Che porta avanti con convinzione il lavoro, si confronta con le parti in causa”. Si arriva ad un progetto definitivo (nel 2005) ma la maggioranza comincia a scricchiolare. L’allora consigliere di maggioranza Paolo Segalla non ci sta. Il progetto è mutato, si spinge verso Vicoboneghisio perché mantenerlo nell’area del primo progetto avrebbe significato intasare via Mazzini e l’area attigua, con grossi problemi di traffico. La variante – che data 2004 – che non piace a Paolo Segalla si spinge verso Vicoboneghisio, costeggiando il cavalcavia. Il traffico su gomma avrebbe gravato ai margini della frazione e sbucato su via Roma. Segalla propone una ulteriore variante, con strada che costeggia la ferrovia, passa accanto alla Cazumenta e sbocca sulla sabbionetana. “Toscani – ha spiegato Leoni – comunque non si diede per vinto e proseguì”. La battaglia è aspra ma alla fine Luciano Toscani va avanti per la sua strada. L’epilogo data 2007, ad un anno dall’inizio dei lavori, con parcellizzazione già effettuata. “In quella data si bloccò tutto Non vogliamo dare la colpa a nessuno – hanno spiegato Leoni e Bongiovanni – anche perché i motivi per cui tutto si bloccò non li abbiamo capiti sino in fondo neppure noi. Forse si portò avanti l’idea, dopo i disaccordi in maggioranza, con poca convinzione. Diversamente da Piadena dove il sindaco di allora, Bruno Tosatto, spinse affinché lo scalo merci si realizzasse, occupandosi personalmente della questione. Tanti furono i viaggi a Roma e a Milano per portare avanti l’interlocuzione con RFI che non avrebbe dovuto tirare fuori nulla visto che l’operazione sarebbe stata finanziata da un privato”. Il voto sulla variante (c’erano Filippo Bongiovanni e Giovanni Leoni in provincia) fu del 2010. Fu un atto ‘dovuto’ (l’area era inferiore ai 10 mila metri, la provincia di allora era tenuta solo alla ratifica) ma Bongiovanni non partecipò al voto uscendo dall’aula. “Avevo capito che quello sarebbe stato uno smacco per Casalmaggiore”. Il resto è storia recente, ed attualità. Lo scalo merci si fece a Piadena e Casalmaggiore perse quel treno che avrebbe sicuramente significato un potenziamento della linea di cui avrebbe giovato anche il traffico passeggeri oltre che quello legato alle merci.
“C’è qualcuno che oggi si lamenta della linea sgangherata, ma serve anche coerenza perché nelle amministrazioni di allora sedeva qualcuno che adesso lamenta gli scarsi investimenti ed allora tacque. Oggi chi urla alla luna che non si è fatto niente per la ferrovia dimentica parte della storia, che è utile ricordare e sino in fondo”.
IL RACCORDO ‘MARCEGAGLIA’ – La questione è piuttosto complessa, ma proviamo a semplificarla. Il comune e l’azienda erano daccordo sul raccordo che avrebbe unito la ditta con l’attuale linea, consentendo ai carichi (almeno questa era la volontà iniziale) di transitare via ferro direttamente sino allo stabilimento sito nell’area industriale a cavallo della sabbionetana. L’accordo prevedeva che in cambio della concessione dell’area la Marcegaglia avrebbe realizzato il tratto ed un parcheggio ad uso pubblico. I problemi sorsero successivamente poiché la linea Parma Brescia nella tratta che da Piadena arriva a Casalmaggiore e in quella che da Parma raggiunge il comune, non aveva la portanza necessaria per i carichi. Si era giunti al paradosso che i carichi avrebbero essere dovuti essere scaricati a Piadena e ricaricati su ‘treni speciali’ in direzione Casalmaggiore. Per Marcegaglia dunque nessuna convenienza di natura economica nell’operazione e tutto si fermò “Anche se nel’eventualità di potenziamenti futuri, il progetto resta”.
LA LETTERA – “Questa amministrazione – ha spiegato il sindaco – ha sempre cercato di interloquire con un ente, RFI, con cui è pure difficile comunicare. Dopo una pressione costante RFI ci convoca, il 28 agosto del 2018 nella sede di via Breda a Milano. Davanti a noi i vertici di RFI: Luca Cavicchioli oltre ai dirigenti Vaghi e Guerini. Coloro che prendono le decisioni insomma. Un dialogo con numerose domande sui problemi della linea a cui ho chiesto venisse data risposta per iscritto”. La risposta arriva a mesi di distanza, ad ottobre. Di quella lettera viene data comunicazione solo adesso perché, nel frattempo, vi era la trattativa in corso con Marcegaglia ed ogni notizia avrebbe rischiato di inficiare proprio quel proficuo dialogo in corso.
LA BUONA NOVELLA – Partiamo da una buona notizia, dopo aver accennato all’inizio della ‘presa per i fondelli’ della TiBre Ferroviaria prevista entro le calende greche (2050). Il 15 giugno, e sino a settembre, (a ponte riaperto dunque) RFI farà lavori di manutenzione ordinaria nella tratta che va da Casalmaggiore a Parma. L’investimento previsto è di 34 milioni di euro ed i lavori sono già stati affidati a Generali Costruzioni Ferroviarie SPA. Si tratta di lavori per il consolidamento ed il rinnovo della massicciata e del sottofondo e la sostituzione integrale dei binari. I lavori saranno effettuati di notte (dalle 23 alle 5, in orario in cui la linea è comunque ferma) spostando l’area cantiere di volta in volta nelle stazioni di pertinenza più vicine. Nessun disagio dunque – più di quanti non ne esistano già – per i viaggiatori. I lavori aumenteranno la sicurezza della linea (che ha un sistema automatizzato di sicurezza già presente) ma non la portabilità e la possibilità di carico sulla linea stessa. RFI non prevede nel breve e medio periodo altri lavori (ivi compresa dunque l’elettrificazione).
IL CARICO E LA PORTABILITA’ – Nulla da fare per le merci sulla linea. La rete – come spiega RFI nella lettera – non consente grandi carichi. Da Piadena a Parma all’oggi possono transitare convogli della lunghezza massima di 530 metri, mentre a Casalmaggiore il limite si abbassa ulteriormente a 455 metri. Le sagome ammesse sono quelle PCC 22, con carri ribassati e carico massimo di 7.2 tonnellate per metro occupabile. Anche la velocità è limitata ai 55 km/h. Per fare un raffronto sugli standard necessari per un corridoio ‘normale’, sulla Cremona Mantova dopo i lavori effettuati a Marcaria, possono transitare treni PCC 45, con lunghezza sino a 575 metri e carri ordinari. Si capisce bene, alla luce dei dati, che i merci non transiteranno mai sulla tratta Piadena Parma. A 55 km/h con poca portabilità e a carico ridotto costutuirebbero solo un’ulteriore problema su una linea che di problemi ne ha già tanti di suo.
CONCLUSIONI – Con i se e con i ma non si costruisce nulla, ma neppure con le lamentazioni. L’errore sulla linea è stato a monte: con lo scalo merci realizzato tutto (dall’aumento degli standard alla probabile elettrificazione) sarebbe venuto di conseguenza. Ci fu una colpa? Non è possibile saperlo, e non lo affermano neppure gli amministratori attuali. Ma di certo l’operazione voluta da Massimo Araldi e perseguita con forza da Luciano Toscani – che avevano visto in quella possibilità l’unica per il rilancio della linea – non fu poi perseguita con la stessa costanza in seguito. Qualcosa si fermò nel 2007 ed i problemi attuali sono la conseguenza di quello stop. Ora servirebbe un miracolo – e tanti soldi – per il rilancio della linea. Talmente tanti che RFI sposta – alla luce dei fatti – al 2050 ogni possibilità d’intervento. E i sindaci, in questo gioco delle parti non hanno grandi possibilità di lasciare traccia nella storia.
Nazzareno Condina