Cronaca

Fondazione Busi, la polemica Alcuni dipendenti: "Si bada al risparmio, ma servirebbe umanità"

“Nascondersi dietro le malattie dei lavoratori e considerarli solo “costi a bilancio” è veramente imbarazzante e deprimente. E’ un continuo interesse di scelte (discutibili) che purtroppo subiscono i dipendenti, i parenti e in modo particolare gli utenti".

CASALMAGGIORE – “Per una Fondazione come il Busi che si occupa di fragilità delle persone anziane nella sua totalità, è indispensabile trovare un legame con le persone che la vivono, che ci lavorano e che la rappresentano. L’obiettivo primario è mantenere rapporti con il personale dipendente e assicurarsi che il lavoro venga svolto in un clima sereno e corretto. Migliorare le condizioni di lavoro e i rapporti interpersonali tra le varie figure è fondamentale per la buona riuscita dei diversi obiettivi”.

Inizia così la lettera aperta di un gruppo di dipendenti che operano all’interno della Casa di Riposo di Casalmaggiore. “Nascondersi dietro le malattie dei lavoratori (ormai è un lavoro usurante) e considerarli solo “costi a bilancio” è veramente imbarazzante e deprimente – prosegue il testo – . E’ un continuo interesse di scelte (discutibili) che purtroppo subiscono i dipendenti, i parenti e in modo particolare gli utenti. Negli anni la Fondazione Busi si è impegnata molto nel rendere meno faticoso il lavoro degli operatori attraverso l’acquisto di ausili per la mobilizzazione degli ospiti, i sollevatori carrellati a binario (i migliori e i più costosi). A fronte di ingenti spese la logica vuole che sia stato previsto il costo della manutenzione ordinaria e straordinaria di attrezzature che vengono sistematicamente usate giorno dopo giorno e quindi soggette a forte usura. Ausili che hanno bisogno della manutenzione per garantire sia il funzionamento corretto, sia e soprattutto la sicurezza dell’ospite e dell’operatore stesso. Come è possibile che da mesi la maggior parte di questi ausili sia danneggiata o addirittura bloccata? Il personale, dopo numerose richieste di riparazione a fronte dello sforzo fisico e della difficoltà nello svolgere il lavoro dinnanzi a riscontri sempre evasivi, CHIEDE e MERITA risposte serie”.

“Com’è possibile – conclude lo scritto – che a distanza di anni ci siano ancora problemi con il servizio lavanderia? Com’è possibile che da anni il personale non riesca ancora ad avere divise e calzature necessarie? E’ una corsa al risparmio. Ma sulla pelle di chi? Inizia ad infastidire il continuo sminuire la professionalità degli operatori, non avendo la minima considerazione del lavoro fisico e psicologico che essi svolgono. E’ preferibile farli lavorare a testa bassa quando invece il personale ha il diritto di far sentire la propria voce e le proprie ragioni. Come già ribadito in altre occasioni, il benessere dei dipendenti è strettamente correlato ai risultati della Fondazione in cui si opera”.

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