Incendio a Ponteterra, muore il figlio 11enne: padre fermato dalla Polstrada
I sanitari fanno di tutto per salvarlo, gli praticano il massaggio cardiaco per lunghissimi minuti, lo portano in ospedale a Vicomoscano, dove alla fine il ragazzino morirà intossicato. Senza ustioni, perché le fiamme non l’hanno toccato.
PONTETERRA (SABBIONETA) – E’ un’autentica tragedia famigliare quella che scuote il tardo pomeriggio di Ponteterra, frazione di Sabbioneta, uno di quei luoghi dove “non succede mai nulla”. Non è vero, non stavolta. E a rimetterci la vita è una ragazzino innocente di 11 anni, che ha la sola colpa, nella roulette russa del destino, di trovarsi al posto sbagliato e di pagare la furia del padre che, probabilmente e stando a quanto si è appreso sul posto, non sapeva della sua presenza in casa. L’uomo voleva farla pagare alla moglie, una donna originaria dell’Est Europa (di Bojnice, Slovacchia), con la quale era in fase di separazione ma dalla quale negli anni più felici aveva avuto tre figli, di 17, 11 e 4 anni.
La donna ha una nuova storia e l’uomo non lo accetta. Questi, che nei mesi precedenti aveva minacciato e usato atteggiamenti violenti nei confronti della donna e dei tre figli – tanto che quattro giorni fa il Tribunale di Mantova l’aveva obbligato con una misura cautelare a tenere una distanza di almeno 100 metri dall’abitazione in cui era tornato il nucleo famigliare – voleva farla pagare alla moglie. Così ha dato fuoco alla casa nella quale la donna con i tre ragazzi era tornata a vivere soltanto dieci giorni prima, convinta proprio da quel provvedimento.
Occorre infatti andare con ordine e ricostruire la parte precedente (e nascosta sino a giovedì) della vicenda: la donna, dopo le minacce e le violenze, era stata portata assieme ai tre figli in una Casa famiglia a Pomponesco, uno di quei luoghi “invisibili” costruiti apposta per proteggere le donne in difficoltà o che subiscono minacce. Per questo la donna era seguita dai Servizi Sociali del comune di Sabbioneta, per questo sul posto vi erano anche il sindaco Aldo Vincenzi e l’assessore Gianluca Sancono. Dieci giorni fa la donna e i tre figli erano tornati nella loro casa, in via Torquato Tasso, a 200 metri dalla piazzetta di Ponteterra.
Proprio da quella piazzetta, per prendere il figlio 17enne dopo che lo stesso è stato in oratorio a svagarsi, la donna sta rientrando giovedì poco prima delle 17, quando incrocia il furgone del marito che la sperona e poi fugge via. La donna capisce che qualcosa non va: perché l’uomo, che per legge dovrebbe starle lontano, è lì? La risposta al quesito arriva subito dopo ed è tremenda: dalla finestra della camera di casa esce fumo nero denso. L’uomo ha appiccato un incendio. Non si sa con certezza – lo stabiliranno gli inquirenti – se Gianfranco Zani, 52 anni di Vicobellignano, fosse a conoscenza del fatto che in casa c’era il bambino di 11 anni (il più piccolo è in auto insieme alla mamma e al figlio più grande). Fatto sta che la madre rientra in tutta fretta e si premura di portare fuori il figlio 11enne.
Ma Marco Zani non si trova. Non lo troveranno nemmeno i Carabinieri di Sabbioneta, che riceveranno poi il supporto dei colleghi dell’Arma di Viadana, perché la stanza in cui si trova è densa di fumo nero e tossico. Marco viene ritrovato in mezzo al fumo solo dai Vigili del Fuoco giunti sul posto, quando però è troppo tardi. I sanitari fanno di tutto per salvarlo, gli praticano il massaggio cardiaco per lunghissimi minuti, lo portano in ospedale a Vicomoscano, dove alla fine il ragazzino morirà intossicato. Senza ustioni, perché le fiamme non l’hanno toccato, ma a spegnerlo ha pensato il fumo acre respirato per troppo tempo.
“Non abbiamo buone notizie” dirà Vincenzi, quando ancora la notizia del decesso non è stata ufficializzata, ma quando tutti ormai capiscono che non c’è più nulla da fare. Nel mentre Gianfranco Zani sembra non provare nemmeno a fuggire: viene intercettato dalla Polstrada a Casalmaggiore e viene posto in stato di fermo. Dovrà spiegare tante cose: soprattutto perché, in un tardo pomeriggio freddo e anonimo, abbia deciso di rovinare la vita sua, della famiglia che aveva fino a pochi mesi fa cresciuto e dell’intera comunità ponterrese.
G.G. & N.C.