Punto nascita party, oltre 200 a dire no alla chiusura. Tra un mese si chiude: resta solo la giustizia
Resta solo la giustizia. Quella terrena, legale, a poter fermare il corso della storia. E resta la consapevolezza di un'ulteriore, profonda ferita perpetrata ai danni di un territorio che di ferite ne ha già tante. Tra un mese calerà il sipario, a meno di un miracolo
CASALMAGGIORE – Un’ora e mezza di lotta e di coraggio, un’ora e mezza di sorrisi. Qualcuno amaro invero, ma pur sempre sorriso è stato. Ad un mese dalla definitiva chiusura del Punto nascita mamme, papà, nonne (tante nonne), il personale del reparto, qualche politico (l’unico sindaco presente era Filippo Bongiovanni) e tanti semplici cittadini hanno manifestato davanti al nosocomio casalasco. Alla fine oltre 200 persone si sono ritrovate per dire no, un no secco e deciso alla chiusura del Punto Nascita.
Un punto nascita destinato a chiudere: così ha deciso regione lombardia, non inoltrando neppure la richiesta di deroga al ministero. Così ha deciso, nell’indifferenza, la politica nazionale. Qualcuno ha pure ricordato che sarebbe bastato poco, anche un solo cenno dal ministero, un decreto, una parola per tentare di bloccare tutto. Così non è stato. Così, purtroppo non è stato. Ci hanno provato, e ci stanno provando un manipolo di irriducibili da sempre a difendere la struttura casalasca. “Non vogliamo nessun centro per l’obesità – ha ricordato tra le altre cose Annamaria Piccinelli, membro del Comitato a difesa dell’Oglio Po – se a questo deve corrispondere la chiusura di un servizio”. Ha tuonato, al microfono contro la ‘scellerata’ politica regionale: “Questo è un reparto sicuro” ha ribadito.
Qualche testimonianza di mamme che hanno ricordato i difficili travagli, la meravigliosa professionalità di chi ha da sempre operato per il bene di tante mamme e di tanti papà: è paradossale, ma così è, che un punto nascite come quello dell’Oglio Po si debba difendere perché non ritenuto sicuro (in base a quel parametro per cui tutti quelli al di sopra dei 500 parti lo sono) e sicuro lo è sempre stato ed in quelli sicuri, al di sopra delle 500 nascite, siano sicuri a prescindere, nonostante qualche volta nel corso degli anni non lo siano stati.
Ed è paradossale (qualcuno lo ha ricordato nel corso della manifestazione) che un ministero, a guida pentastellata, con tanti consiglieri regionali, parlamentari, simpatizzanti che vantano contatti diretti con chi li rappresenta non siano riusciti nell’intento di far dire neppure una parola alla ministra, neppure per farla riflettere su parametri che, alla luce del calo demografico, non possono più restare quelli di 8 anni fa. Si è parlato anche del ricorso al TAR. I sindaci (e non tutti) dell’area Oglio Po stanno attendendo di capire quel che succederà a Piario, nonostante il comitato abbia ribadito che le due situazioni sono molto diverse. “Qui – ha ripetuto Piccinelli – c’erano altre condizioni per ricorrere al TAR”.
Nel mentre il ‘party’ è proseguito: un bicchiere di vino, un pezzo di focaccia, una fetta di torta come collante di una rabbia palpabile, di un disagio evidente. Le mamme hanno continuato ad arrivare, i bimbi a giocare tra loro. Tutti nati qui, tra le mura di un ospedale nato dall’unione di altri tre e dal sacrificio di tutto un territorio. Alla fine, dopo il calo delle tenebre, la riunione è stata sciolta. Un ultimo brindisi, un ultimo tramonto forse vissuto insieme. Resterà, forse, nelle prossime settimane, qualche pronunciamento della politica e lo stracciarsi di vesti di tanti. In molti si sono già arresi. Molti, ma non tutti.
Resta solo la giustizia. Quella terrena, legale, a poter fermare il corso della storia. E resta la consapevolezza di un’ulteriore, profonda ferita perpetrata ai danni di un territorio che di ferite ne ha già tante. Tra un mese calerà il sipario, a meno di un miracolo. Qui, con tanta amarezza, ancora ci sperano. E non resta che sperare, sino all’ultimo giorno utile.
Nazzareno Condina