Cronaca

Casalmaggiore, il giorno di Rossano Visioli, il giorno di tutta la città

25 anni dopo, nella via a lui dedicata, è stato scoperto il ceppo che lo ricorda. Le celebrazioni dell'eroe casalasco erano iniziate qualche ora prima con l'inaugurazione della mostra in Pro Loco. Tante immagini del fotografo Luigi Briselli

CASALMAGGIORE – 25 anni dopo. Erano le 19.20 del 15 settembre del 1993. Il caporale Giorgio Righetti, il caporale Rossano Visioli, il caporale Nicola Sforza e il paracadutista Christian Baldassin, rimasero vittima di un agguato mentre si trovavano liberi dal servizio e praticavano jogging con le magliette verdi dell’esercito, sulla banchina del molo nord del porto di Mogadiscio nelle aree sotto il controllo militare interforze dei contingenti UNOSOM. Stavano correndo, Rossano era un cultore del fisico e non riusciva a stare fermo.

Il caporale Righetti morì subito, raggiunto da un colpo alla nuca, Rossano Visioli, ferito, rimase a terra prima che potesse essere caricato su un mezzo di soccorso. Morì, colpito da una pallottola che gli aveva perforato il polmone, durante il trasporto all’ospedale. Gli esatti termini di quella vicenda non furono mai del tutto chiariti ma, 25 anni dopo, ha pure poca importanza il capire tutto quello che non si è capito per lungo tempo. Perché la pattuglia pachistana dell’Onu, passata cinque minuti dopo l’agguato, non intervenì subito prestando soccorso, perché passarono 10 minuti prima che si intervenisse in maniera decisiva. Aveva 20 anni Rossano, e un grandissimo cuore che traspariva da ogni lettera che inviava a casa.

Era lì in missione di pace, era lì per fare in modo che gli aiuti umanitari arrivassero a quella gente stremata, era lì impegnato nelle missioni rischiose, soprattutto quelle di rastrellamento delle armi delle varie fazioni somale in lotta tra loro. Ci sono foto che lo ritraggono con in braccio bambini somali, lui, che in quella missione di aiuto credeva sino in fondo tanto da non dire mai di no, offrendosi spesso volontario. Nella motivazione per il conferimento della medaglia d’oro all’onor militare si legge bene di un soldato esemplare: “Caporale Paracadutista facente parte del contingente militare italiano “Ibis” impegnato nella operazione umanitaria Onu di “Peace Keeping”, in una situazione operativa altamente rischiosa spesso si offriva volontario per operazioni di rastrellamento per ricerca e confisca di armi e per scorta a convogli. Durante la sua permanenza in Somalia ha sempre assolto con zelo, professionalità e spirito di sacrificio i compiti assegnatigli meritando sempre il consenso dei propri superiori e la ammirazione dei commilitoni. Durante un momento di pausa dal servizio, mentre effettuava all’interno del porto nuovo di Mogadiscio attività ginnico sportiva, veniva fatto segno a colpi d’arma da fuoco proditoriamente sparati da cecchini somali. Mortalmente ferito, immolava la sua giovane vita per un ideale di pace e di solidarietà fra i popoli. Chiarissimo esempio di soldato che ha dato lustro all’Esercito Italiano, facendogli riscuotere unanime ammirazione dalle Forze Armate Internazionali impiegate in Somalia“.

25 anni dopo, nella via a lui dedicata, è stato scoperto il ceppo che lo ricorda. Le celebrazioni dell’eroe casalasco erano iniziate qualche ora prima con l’inaugurazione della mostra in Pro Loco. Tante immagini del fotografo Luigi Briselli, che ritraggono quei giorni di immenso dolore per i familiari e per tutta la città. Le foto di un funerale in cui non si riusciva a vedere la fine della gente che occupava tutta la Chiesa del Duomo e tutta via Favagrossa. Fu un dolore collettivo. Perché Rossano non era solo figlio di Bruno e Clementina, non era solo il fratello di Nadia e Ilaria, era diventato il figlio ed il fratello di tutti. Furono giorni bui per la città, giorni di lacrime e lutto. Momenti ben immortalati dall’ex collaboratore – al tempo – de ‘La Provincia’.

Alle 16.30 – dopo un momento di intimo raccoglimento della famiglia al cimitero – la cerimonia ufficiale del ceppo dedicato a Rossano. Tantissime le associazioni di combattenti presenti, di ogni corpo militare, tante anche le associazioni, i semplici cittadini, gli ex amici, gli ex commilitoni venuti a rendere omaggio a quel ragazzino sorridente. Tra le altre testimonianze quella del tenente di comando di allora, che ha raccontato di un soldato di leva che tutti i giorni lo andava a trovare affinché si convincesse di portarlo in Somalia. Quella era una missione che sentiva fortemente. L’aveva scelta, convinto di poter far qualcosa di utile.

La missione, come ha ricordato il sindaco Filippo Bongiovanni che si è interrotto più volte sopraffatto dalla commozione, non andò bene. La Somalia rimase terra di guerrieri della morte, di fazioni in lotta, di gente a morire di fame. Ma questo nulla toglie al sacrificio di Rossano “Fu la sua grandissima generosità a portarlo in quell’inferno. Sono passati 25 anni da allora e non possiamo dimenticare Rossano, sia chi l’ha conosciuto che chi non lo ha fatto”. Tra le presenze venute ad onorare la memoria quella dell’ultimo superstite di El Alamein Giuseppe Degrada, il generale di brigata Uberto Incisa di Camerana, il colonnello comandante del Genio Guastatori della Col di Lana Giovanni Brafa Musicoro. Tra le presenze anche quella dei comandanti delle forze dell’ordine locali.

A parlare per la famiglia la sorella Nadia. Ha ricordato il fratello, e chi ne ha continuato a perpetrare la memoria, ringraziando l’amministrazione e il professor Cristofolini, vera anima di tutte le celebrazioni. Dopo l’inaugurazione del ceppo, la messa in duomo ed il corteo dal Duomo ad una piazza Garibaldi gremitissima. Qui un altissimo momento di tecnica di paracadutismo: i paracadutisti della Folgore partiti da Cremona si sono lanciati atterrando tutti su un bersaglio 3 metri per 3 posto al centro della piazza. Due di loro sono scesi con una enorme bandiera italiana e la bandiera della Folgore. Tantissimi applausi per loro che si sono prestati alle numerosissime foto ricordo con tanti cittadini, di ogni età.

Rossano Visioli non è morto. Continua a vivere nella memoria di chi l’ha conosciuto e nel cuore – più vero – di una città che annovera e continuerà a farlo quel ragazzo muscoloso e sempre sorridente, sprezzante del pericolo ma con nel cuore tantissima voglia di rendersi utile, tra gli eroi, immortali, della città. Forse non l’avrebbe voluto – convinto com’era che a 20 anni si potesse e si dovesse solo guardare avanti verso ciò che si può ancora fare. Il destino non gliene ha dato il tempo ma ugualmente – nella poca vita spesa – ha mostrato a tutti quel che era. Un ragazzo di Casalmaggiore, un soldato italiano, un soldato del meglio dell’esercito, un uomo della Folgore, un uomo speciale.

Nazzareno Condina

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