Tentò di speronare due Gev, confessò ma viene assolto "perché il fatto non sussiste"
Proprio così. La confessione davanti ai carabinieri non è sufficiente: l’uomo avrebbe dovuto confessare davanti al Giudice di Pace ma s’è guardato bene dal presentarsi a Cremona. E qualche mancanza c'è stata anche da parte della Procura...
CASALMAGGIORE – Assolto con formula piena perché il fatto non sussiste. Nonostante l’uomo avesse reso una confessione piena ai Carabinieri di Casalmaggiore. Tuttavia quella confessione non costituisce una prova secondo l’ordinamento giuridico italiano, perché resa appunto davanti ai militari e non davanti a un giudice. E’ questa la sentenza, incredibile anche se attesa, che chiude una vicenda iniziata nel 2012, il 25 aprile per la precisione, e coinvolge, come vittime, due Guardie Ecologiche Volontarie di Casalmaggiore.
Accade infatti che le stesse, dopo avere contestato un reato ambientale a un uomo originario della Campania ma in quel periodo domiciliato nel casalasco, vengano ingiuriate e minacciate dallo stesso, il quale poi passa alle vie di fatto. A bordo di un pickup, di proprietà di un suo conoscente, insegue infatti l’auto con a bordo le due Gev casalese e prova a speronarla per mandarla fuori strada. Tutto avviene sull’argine maestro di Casalmaggiore, il che rende pericolosissima e potenzialmente letale un’uscita di strada in quel punto.
L’uomo confessa, ma lo fa solo davanti ai carabinieri: poi, quando il processo davanti al Giudice di Pace di Cremona Luciano De Vita viene istruito, non si presenta mai a nessuna udienza, nonostante i numerosi rinvii. Nemmeno il suo avvocato, del foro di Napoli, si fa vivo, affidandosi semplicemente ad un fax che, spedito poco prima della prima udienza, chiede tempo per preparare la difesa. Una difesa che, a quel punto, è semplicemente tecnica. Ossia si basa sull’attesa, perché conosce bene i cavilli giudiziari italiani.
Il processo, penale, si conclude così il 25 luglio 2018 a Cremona con l’assoluzione perché il fatto non sussiste. Di fatto, mancano le prove.
Proprio così. La confessione davanti ai carabinieri non è sufficiente: l’uomo avrebbe dovuto confessare davanti al Giudice di Pace ma s’è guardato bene dal presentarsi a Cremona. Non è questa l’unica chance per avere una prova, in ogni caso: sarebbe bastato che, entro sei mesi dal fatto, dunque da quel 25 aprile 2012, la Gev che s’è dichiarata parte lesa – una delle due ingiuriate e minacciate difesa dall’avvocato Elisa Carpi di Casalmaggiore – fosse stata messa di fronte alla possibilità di un raffronto fotografico. Dinnanzi a una dozzina di volti anonimi, cioè, avrebbe dovuto riconoscere il proprio aggressore.
Questo non è accaduto e così, anche per qualche mancanza iniziale della Procura, il processo s’è concluso con l’assoluzione. Passando però anche da alcune scelte quantomeno discutibili: su tutte il fatto che non sia mai stata riconosciuta l’aggravante dell’aggressione a pubblico ufficiale (perché le Gev tali sono) e che tra i capi d’accusa si sia tenuto conto solo della minaccia verbale e non del successivo tentativo di speronamento (minaccia fisica). Presagi oscuri ma, alla fine, veritieri. E allora viene da chiedersi: è così che si tutela l’autorità?
G.G.