Cronaca

Rapinati, picchiati e sequestrati in casa due giorni a Piadena: 15 anni all'imputato

Un vero e proprio incubo, quello vissuto da madre e figlio, raccontato in aula martedì scorso dallo stesso Alessandro, il padrone di casa, che il rapinatore lo aveva fatto entrare perché avevano fatto amicizia.

PIADENA – Rapina aggravata e sequestro di persona. Con queste pesanti accuse, Yassine Boulaabi, 29 anni, tunisino pluripregiudicato, tutt’ora latitante, è stato condannato dal collegio dei giudici (presidente Giuseppe Bersani, a latere i giudici Francesco Beraglia e Giulia Masci) ad una pena di 15 anni di reclusione. Per l’imputato, il pm Carlotta Bernardini aveva chiesto una pena di 10 anni e 3.000 euro di multa.

La vicenda si era consumata nell’arco di due giorni in un’abitazione di Piadena nel luglio del 2016. I residenti, una donna anziana e il figlio di 50 anni erano stati rapinati, malmenati e tenuti prigionieri in casa dalle 10 del mattino del 13 luglio fino alle 4 del mattino del 15. A tenerli sotto scacco era stato proprio l’imputato, all’epoca loro vicino di casa che saltuariamente aveva svolto anche lavori di giardinaggio.

Un vero e proprio incubo, quello vissuto da madre e figlio, raccontato in aula martedì scorso dallo stesso Alessandro, il padrone di casa, che il rapinatore lo aveva fatto entrare perché avevano fatto amicizia. Mai l’uomo si sarebbe aspettato che il tunisino estraesse improvvisamente una pistola e lo minacciasse di consegnargli il denaro che gli serviva per tornare in Tunisia. Alessandro e la madre erano stati legati, e lui era stato costretto a consegnare al malvivente il denaro che teneva nel portafoglio, poi i soldi, circa 3.000 euro, che con la madre teneva nascosti in soffitta. Poi, siccome non era sufficiente, gli aveva compilato due assegni da poco più di tremila euro l’uno che il rapinatore era andato ad incassare in banca.

Nel frattempo Alessandro era riuscito a slegarsi, ma mentre era intento a liberare anche la madre, il tunisino era tornato più arrabbiato e più aggressivo. In banca non gli avevano dato i soldi. “Abbiamo avuto una colluttazione”, aveva spiegato la vittima. “Io sono caduto a terra rompendomi una costola, poi lui mi ha dato due calci in faccia. A quel punto mi ha legato nuovamente, questa volta con del fil di ferro, mi ha imbavagliato e ha fatto la stessa cosa con mia mamma”. La donna era stata costretta a compilargli due assegni da mille euro ciascuno, mentre Alessandro gli aveva consegnato il bancomat, qualche orologio e alcuni anelli.

“L’ultima volta che l’ho visto”, aveva raccontato Alessandro, “è stato a mezzogiorno del 14 luglio“. Alla sera di quello stesso giorno, visto che il rapinatore non tornava e che la madre dava segni di sofferenza, il 50enne aveva cercato ancora una volta di liberarsi. Quando c’era riuscito, aveva slegato la madre e chiamato i carabinieri. Erano le 4 del mattino del 15 luglio. L’incubo era finito con l’arrivo dei soccorsi.

Sara Pizzorni

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