Cultura

Risolto il mistero della vera Vittoria Alata di Calvatone: è nei depositi dell'Hermitage

Tra le sculture in bronzo più note dell’antichità, la Vittoria alata venne scoperta nel 1836 ai margini della via Postumia che attraversava l’antico abitato di Bedriacum, l’attuale Calvatone. Databile tra il 161 e il 169 dopo Cristo, fu acquistata nel 1841 dai musei di Berlino, dove fu restaurata e integrata. Poi un mistero, ora risolto.

CALVATONE – L’annuncio il 4 ottobre scorso, durante un convegno: la statua originale della Vittoria Alata di Calvatone, tra le più belle sculture bronzee dell’antichità romana, si trova a San Pietroburgo, in uno dei depositi del museo Hermitage.

E’ lì da oltre settant’anni, da quando cioè ce la portarono i soldati dell’Armata rossa, insieme con circa quarantamila casse di altri reperti storici. Mai catalogata, né esposta e tanto meno scambiata. Una vicenda, quella della Vittoria alata di Calvatone, che potrebbe tranquillamente diventare oggetto di un romanzo o di un film, talmente è intricata e avvolta dal mistero, forse tra i più intricati della storia dell’archeologia, insieme a quello del tesoro di Priamo. Un intreccio che si svolge tra Cremona, Berlino e Mosca.

Tra le sculture in bronzo più note dell’antichità, la Vittoria alata venne scoperta nel 1836 ai margini della via Postumia che attraversava l’antico abitato di Bedriacum, l’attuale Calvatone. Databile tra il 161 e il 169 dopo Cristo, fu acquistata nel 1841 dai musei di Berlino, dove fu restaurata e integrata. Tre le copie conosciute, quelle di Cremona, Berlino, Mosca, cui si aggiunge una quarta, commissionata dal Comune di Calvatone ed esposta nel Municipio della cittadina. E questo senza contare le almeno otto copie in gesso realizzate in diversi momenti storici.

Fino a poco tempo fa si pensava che l’originale, tra queste, fosse quella custodita al Museo Pushkin, anche se le autorità russe non ne hanno mai confermato l’autenticità. A ragion veduta, possiamo dire oggi. Le ricerche effettuate in occasione della mostra allestita la scorsa primavera al museo archeologico san Lorenzo di Cremona, in cui venne esposta la copia cremonese, rimasta anch’essa nascosta per oltre settant’anni, avevano già dimostrato che l’esemplare conservato a Mosca è una copia. La certezza, dopo le ricerche compiute da Ezio Alovisi, che proprio dal museo Pushkin aveva ricevuto la scheda relativa all’opera, in cui se ne certificava l’ordine di realizzazione nel 1906.

E’ stato questo a spingere il ricercatore a sollecitare l’altro colosso museale russo, l’Hermitage, a guardare meglio nei propri depositi. Va detto che, prima che scomparisse nel nulla insieme con il tesoro di Priamo, si era sempre stati propensi a considerare come autentica l’opera dei musei di Stato di Berlino est.  Ma quando, dopo la conclusione della seconda guerra mondiale e in piena guerra fredda, il conservatore del sezione archeologica del Museo Ala Ponzone Giuseppe Pontiroli vi si recò, non la trovò fra le opere esposte… Con il passare del tempo, dell’originale della Vittoria Alata non si seppe più nulla. Fino ad oggi.

Tre le ipotesi aperte, a conclusione della mostra in San Lorenzo: quella che la statua fosse stata distrutta nei bombardamenti durante la guerra, che facesse parte delle opere portate via da Berlino dall’Armata Rossa subito dopo il conflitto, o ancora, che fosse stata trafugata da altri per finire in qualche collezione privata. Oggi sappiamo che era vera la seconda: uno dei gialli più intricati della storia dell’archeologia è stato così risolto, restituendo a Cremona, per ora almeno solo simbolicamente, la sua Vittoria.

Dario Murri 

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