Cronaca

Michael Pagliari,
dall’incidente alla rinascita
Storia di un 22enne coraggioso

Nella foto gli amici di Michael durante la gara a lui dedicata e Pagliari all’uscita da “Montecatone”

BUZZOLETTO (VIADANA) – “Ricordo bene che mi sono ritrovato a pancia in su, steso sulla terra, non muovevo più nulla. Ho sentito l’altro centauro, che avevo colpito, che urlava. Arrivò subito mio padre, lo guardai negli occhi, gli dissi che non volevo rimanere paralizzato. Da lì è iniziata la mia odissea, tra ospedali e cliniche, durata sei mesi”.

Non si è fermato a quel grido di dolore e di aiuto Michael Pagliari: era il 3 gennaio scorso quando dopo un turno con il Motocross Viadana alla pista del Migliaretto di Mantova, affiliato al Team Blue Bike di Reggio Emilia, ritornò in pista per un altro giro. In prossimità di un salto triplo peraltro abbastanza complicato, Michael, residente a Buzzoletto di Viadana, 22 anni compiuti a marzo, un diploma da geometra a Guastalla e un lavoro presso un’azienda di escavatori, finì dritto contro un altro centauro che aveva invaso la pista nel tentativo di recuperare la sua moto, per poi cadere e non sentire più nulla.

L’altro centauro, un 35enne di Vicenza, si ruppe il femore nello spaventoso schianto. Michael, invece, rimase sempre cosciente e seguì le operazioni di soccorso con l’elicottero giunto da Brescia, e mentre non sentiva più né le braccia, né il torso, né le gambe, avvertiva la paura per un’esistenza che rischiava seriamente di non essere più la stessa. Quella che i dottori riferirono ai suoi genitori, appena arrivato alla Poliambulanza di Brescia, fu una diagnosi tragica. Lo sarebbe per chiunque, figuriamoci per un ragazzo di 21 anni, innamorato della vita, dello sport, della velocità: frattura alla vertebra c4-c5, zona cervicale. Per intenderci, la frattura delle vertebre c1-c2 corrispondono a morte certa, perché si parla del famoso “osso del collo”. “Faremo di tutto per riportare in mobilità almeno le braccia, ma per le gambe non c’è nulla da fare” riferirono i medici, lasciando poco spazio all’immaginazione e alla speranza. “Non ho mai avvertito dolore – racconta Michael ricordando quei primi giorni – ma ero come stordito dall’antidolorifico. E dalle sensazioni e paure che si sommavano, una dietro l’altra”.

Una vita su una carrozzina, da paralizzato: questa la prospettiva per lui, amante dello sport e vicino, in quel periodo, a giocarsi i campionati italiani di motocross. Ma il destino aveva in serbo una sorpresa, stavolta positiva, anche se conquistata con tanta pazienza, perché col midollo – spiegarono i medici – non si può mai sapere fino in fondo. L’operazione perfettamente riuscita (“Due ore sotto i ferri contro le sei pronosticate all’inizio, e lì capii che poteva essere un segnale” ricorda Pagliari) e l’impressione che forse Michael sarebbe riuscito a farcela. Con tecniche all’avanguardia, il ragazzo venne operato dal collo per sistemare le vertebre, fratturate sì ma per fortuna non in modo completo. La sua salvezza, in quel momento. O almeno, una strada in più.

Tempra dura, la sua, testata da due mesi al centro di riabilitazione spinale “Montecatone” di Imola allettato, con la fidanzata Giorgia sempre vicina, tutti i giorni, assieme ai genitori Giuliano e Giovanna, al fratello Davide e con le visite di parenti e amici per alleviare l’attesa. Gli amici del Motocross Viadana organizzarono anche una domenica per lui, al circuito, per invitarlo a non mollare, per fargli forza con l’unico metodo che conoscevano: sgasare e saltare su una pista di terra, come piaceva fare a Michael. La tecnica del Bed Rest (di fatto il riposo assoluto) durò fino al 7 marzo, guarda caso il giorno del compleanno. Due mesi secchi, per un “esperimento” che era partito il 9 gennaio, giorno del ricovero al “Montecatone”. “Iniziai proprio il giorno del mio 22esimo compleanno ad andare sulla carrozzina, poi in tre settimane provarono e rimettermi in piedi alle parallele. Ricordo di avere mosso i miei primi passi dopo mesi su una sorta di tapis roulant realizzato apposta per scaricare il peso a terra, per favorire la riabilitazione”.

Il 12 marzo, in particolare, la prima buona notizia: le prospettive di recupero dopo una prima “riunione di progetto” consentono di ipotizzare a Michael la dimissione dal Centro sulle proprie gambe. E quando comincia a camminare con le stampelle, è la fidanzata Giorgia a testare i progressi di Michael. “Doveva percorrere – ricorda Giorgia – 200 metri circa per arrivare alla sua stanza. All’inizio impiegò 7 minuti, una settimana dopo aveva ridotto i tempi del 50%, impiegò tre minuti e mezzo. Ci ha messo impegno, voglia, forza di volontà ed è stato premiato: in poco tempo ha ottenuto risultati enormi”.

Fino al 15 luglio, giorno delle dimissioni, festeggiato a braccia (pardon, a stampelle) alzate come fanno i ciclisti sul traguardo. “I mesi spesi al “Montecatone” mi hanno cambiato la vita. Ho visto tanti sportivi arrivati dalle più svariate discipline dopo brutti infortuni. Penso ad Alessia Polita, tornata a girare in kart nonostante sia costretta su una sedia a rotelle, e non solo. Adesso i miei viaggi verso l’ospedale vanno da Buzzoletto a Bozzolo, dove continuo la mia riabilitazione. Ma passi avanti ne ho fatti parecchi”. Sì, perché ora che è tornato a casa, Michael sogna forse un giorno di tornare sulla moto (il papà fa il tifo per questo, la fidanzata Giorgia un po’ meno, dopo lo spavento…), ma intanto sa di avere già compiuto il suo miracolo. O meglio di esserci vicino: le gambe sono ancora deboli, ma di questo passo presto potrà gettare anche le stampelle. Lasciandosi alle spalle quel 3 gennaio 2014 come un brutto ricordo ormai superato. “Non ho mollato, ma il grazie va a tutti, nessuno escluso: se sono in piedi è grazie a chi mi è stato vicino. E grazie anche alla mia forza. E alla mia pazienza, certo, perché non è stato semplice”.

Giovanni Gardani

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