Cultura

Pomponesco chiede
a Mantova il sarcofago
della sua “fondatrice”

POMPONESCO – Pompea Celerina era figlia di Quinto Pompeo Primo e di Pompea Timele. Potrebbe sembrare un divertente scioglilingua primaverile con nessuna importanza dal punto di vista della cronaca locale. Ma a pensarci bene si intuisce che da questa serie di nomenclature deriva il nome dell’odierna Pomponesco. Per la precisione le ricerche storiche  attribuiscono proprio ai genitori di Celerina, tra l’altro deceduta 19 mesi dopo la nascita, l’attribuzione del nome allo splendido borgo sotto l’argine del Po.

Il sindaco Pino Baruffaldi, insieme a studiosi della materia che hanno scoperto una lapide del II secolo dopo Cristo attestante simile circostanza, e constatato che il sarcofago con i resti della cosiddetta “fondatrice” del Comune sono conservati nel cortile di Palazzo Ducale a Mantova, stanno avanzando la richiesta per venire in possesso dell’importante cimelio storico e poterlo così collocare nella chiesa parrocchiale del paese a disposizione di tutta la comunità. Conoscendo la grinta e la determinazione di Baruffaldi c’è da credere che riuscirà nell’intento convincendo la Sovrintendenza alle Belle arti.

Se a Pompea Celerina si deve il nome di Pomponesco, questo il ragionamento di Baruffaldi, è giusto che il paese ne conservi oltre che la lapide anche il sarcofago. Rimane però da verificare il collegamento oppure il caso di omonimia esistente con un altra Pompea Celerina, questa vissuta più a lungo tanto da diventare la ricchissima suocera di Plinio il Giovane. Un passaggio, quest’ultimo, necessario onde evitare possibili conflitti di paternità con la cittadina umbra di Narni, dove la stirpe Pompeana vantava possedimenti.

Rosario Pisani

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