Cronaca

Un libro per ricordare
suor Paolina, l’angelo
de “La Pellegrina”

Nella foto la copertina del libro e suor Paolina con la sua famiglia casalasca

TORRICELLA DEL PIZZO/PIACENZA – “Ho svolto il mio servizio, ho servito chi soffre come ci ha insegnato madre Rosa Gattorno. Ho amato. E continuo ad amare queste persone che ho vicino. Tutto qui. Non pensavo di meritare un premio per questo. Grazie, grazie. Ma… non ho altro da dire. Scusate”. Queste parole, il giorno in cui, il 29 maggio 2007, ricevette nel Santuario di Santa Maria del Monte (Piacenza) il “Premio Solidarietà per la vita”, dicono molto di chi fosse suor Paolina, al secolo Agata Voltini.

Quello stupore per ricevere un premio al suo amore naturale verso il prossimo, quel candore nell’esprimere il disagio, dicono più di ogni altra cosa chi fosse questa suora proveniente dal Casalasco e che ha svolto la sua missione in gran parte a Piacenza, come suora nelle “Figlie di Sant’Anna”. Per 20 anni è stato il pilastro della casa accoglienza per malati di Aids don Giuseppe Venturini, noto a Piacenza come “La Pellegrina”, il che le è valso il premio citato. Dopo la sua morte, il 2 luglio 2014, le è stato dedicato un libro, che riporta interventi di grande spessore, la biografia, estratti delle sue lettere, e gli scritti dei ragazzi che ha aiutato. Il titolo del libro, pubblicato qualche settimana fa, è “Il viaggio di suor Paolina”.

Agata Voltini nacque a Torricella del Pizzo, frazione Bosco Piazza, nel 1934, sorella tra l’altro di Francesco, padre di quel Paolo Voltini che è oggi il presidente del Consorzio Casalasco del Pomodoro e della Coldiretti Cremona. A 23 anni lascia casa e famigliari perché vuole diventare una suora missionaria. “Volevo aiutare i lebbrosi – rivelerà poi – e tutti coloro che avessero più bisogno di aiuto, un desiderio che ho avuto sin da bambina. Mi dicevo che quella scelta di sottomissione totale alle regole sarebbe stata troppo grande e impegnativa e che non si addiceva ad uno spirito libero come il mio”. Niente di più sbagliato: fu la sua scelta definitiva. Dopo un anno a Roma per il postulandato, l’arrivo a Piacenza, dove prima la attende il noviziato e poi l’istituto religioso femminile delle Figlie di Sant’Anna, che si dedicano proprio alla cura degli ammalati negli ospedali e a domicilio e all’attività missionaria. Presto il suo desiderio di bambina si realizza, e Agata, ormai suor Paolina, sta assieme ai malati e si prende cura di loro.

Diventa infermiera, e poi caposala, A Roma, ad un corso dedicato agli emarginati, la giovane suora incontra don Giorgio Bosini, fondatore del Ceis (Centro italiano di solidarietà) di Piacenza. Sarà lui, nel 1993, a volerla per dirigere la nuova struttura voluta dal Sinodo diocesano per malati di Aids. Assistere giovani sofferenti (erano tutti malati terminali) destinati alla morte non è facile per nessuno, ma quando raccontava la sua esperienza suor Paolina non nascondeva mai un sorriso: «Davanti alla morte dei miei ragazzi – racconta sempre in un’intervista rilasciata alla concessione del premio ricevuto – il mio pensiero andava al Signore. Cosa ha fatto Gesù davanti alla Passione? Ha detto ‘sia fatta la tua volontà’. Ho pregato tanto per i miei malati, affinchè il Signore accogliesse le anime dei ragazzi e io ho sempre avuto la certezza di essere stata esaudita. La cosa più importante è che i ragazzi sentano che c’è qualcuno che gli vuole bene davvero, che si prende cura di loro in modo disinteressato, solo così puoi rinnovare la speranza».

La casa accoglienza “Don Venturini” (detta La Pellegrina), voluta nel ‘90 dalla Diocesi di Piacenza Bobbio ed inaugurata nel ’93 alle porte di Piacenza, vanta operatori qualificati e volontari, e sopravvive grazie al contributo dei singoli cittadini. L’intervista in questione si intitolava “l’angelo della Pellegrina”, e l’angelo era lei, la casalasca Agata Voltini, pilastro della casa accoglienza. Nel 2007 ritira il premio “Solidarietà  per la vita Santa Maria del Monte” presso il Santuario di Trevozzo, con lo stupore già descritto. L’annuncio del premio lo aveva dato, prima di una benedizione, il vescovo, monsignor Luciano Monari (che poco dopo si sposterà a Brescia), e l’applauso dei presenti in chiesa fu lungo e spontaneo. Suor Paolina era presente, e imbarazzatissima non riusciva a capacitarsi di essere lei la destinataria di tanta attenzione. Fu un’amica che la spinse verso il Vescovo che l’attendeva sull’altare.

Tra i tanti che la ricordano sul libro c’è ovviamente lo stesso monsignor Monari, che rimase sempre legato a questa mile suora, e il vescovo Gianni Ambrosio, che alla fine del 2007 succedette proprio a monsignor Monari. “Suor Paolina, afferma tra l’altro monsignor Ambrosio – ha esercitato pienamente questo donarsi totalmente al Signore riversando la sua compassione verso i più sfortunati… Questa nostra sorella ha consolato molti e ha asciugato molte lacrime, ha molto pregato e ha molto pianto”. Tra gli scritti lasciati da sor Paolina ce n’è uno che racconta proprio questi momenti: “Pregavo e piangevo, piangevo e pregavo, li affidavo al Signore, alla Madonna”.

Don Giorgio Bosini, che l’aveva scelta per dirigere la casa accoglienza, è stato anche colui che l’aveva proposta per il premio. Lo fece con questa motivazione alla giuria: “Per me e per quanti hanno avuto il dono di viverle acanto, suor Paolina è una vera testimone di carità e donazione disinteressata; un modello di semplicità, trasparenza e umiltà. Riconoscerle questo sarà per lei un problema ma, per quanti la amano e la potranno conoscere, sarò un vero segno di riconoscenza che la comunità Cristiana e Civile di Piacenza le deve”. Anche lui ha salutato suor Paolina sul libro, così come la Superiora Provinciale delle Figlie di Sant’Anna Silvia Perri, che ricorda Paolina come “donna un po’ schiva, misurata, silenziosa, nascosta e solitaria, austera, con la sua faccia mesta e serena insieme, ma tremendamente donata al suo lavoro, una sorella smisurata nella donazione”.

Il libro prosegue poi con i racconti di chi l’ha conosciuta, i ringraziamenti di chi ha ricevuto il suo sostegno, poi con le sue lettere, i suoi pensieri, le storie di persone incontrate e assistite. Il titolo del libro è apiegato alla fine. “Sono in viaggio” ha detto suor Paolina alla consorella che la assisteva dal letto che la ospitava da mesi nel corso della sua malattia. Era nella casa madre dello Stradone Farnese e Piacenza, il luogo che l’aveva accolta durante il noviziato

A ricordarla sul libro è anche una nipote, Emanuela Voltini di Gussola, sorella di Paolo, che racconta di questa zia comprensiva ma intransigente, “una zia suora così modernamente comprensiva ed aperta coi suoi ragazzi per cui ha dato la vita ed allo stesso tempo severamente intransigente, anto da sembrare a tratti anacronistica nelle relazioni con noi, i suoi nipoti e familiari”. “A volte nei momenti di sconforto, penso a quanto sono fortunata, potrei esserci io, potrebbe esserci chiunque di noi al posto dei nostri ospiti, potremmo essere nati dalla parte sbagliata del mondo e soffrire come soffrono loro. Questo mi basta per andare avanti e per ringraziare il Signore del dono prezioso che mi ha dato, dei miei genitori e della vita che mi ha concesso di vivere. Quelli accanto ai miei ospiti, ai miei ragazzi, sono stati gli anni più belli e significativi della mia vita. Non cambierei questo tempo con nulla al mondo, perché questi ragazzi sono e sono stati la mia famiglia e questa è la mia Casa, non mi immaginerei in nessun altro posto se non qui”.

Vanni Raineri

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