Cronaca

Emergenza a Parma:
la burocrazia ferma
la Protezione Civile

Nella foto, un’esercitazione dei corpi di Protezione Civile casalaschi

CASALMAGGIORE – C’è chi non muove un dito per malavoglia, e chi sarebbe disposto a spostare montagne ma non può farlo “per legge”. Il teatro dell’assurdo, del quale molto spesso in Italia abbiamo visto rappresentazioni grottesche, stavolta va in scena a pochi chilometri dal territorio Casalasco. Come noto, negli ultimi giorni, la città di Parma è stata sorpresa dall’alluvione del torrente Baganza, che ha mandato sott’acqua alcuni quartieri molto popolati del capoluogo ducale. Una situazione talmente drammatica da spingere il sindaco della città Federico Pizzarotti a un appello ufficiale, anche tramite social network, per la ricerca di nuovi volontari. Logico pensare anche a Casalmaggiore e al Casalasco, che nelle sue propaggini più a sud risulta meglio connesso a Parma piuttosto che a Cremona. In zona vi sono almeno sei gruppi di Protezione Civile tra Casalmaggiore, Martignana, Piadena, San Giovanni in Croce, Cingia dè Botti e Torricella del Pizzo, tutti teoricamente pronti a partire, per percorrere quei 20-30 km che separano il Casalasco dal Ducato. Il punto è che invece a questi volontari formati tocca restare “con la tuta linda e le autopompe ferme”. A denunciare il fatto è uno degli stessi volontari, dietro la garanzia dell’anonimato, che da quasi 20 anni si adopera in situazioni di emergenza, avendo prestato soccorso anche in terre più o meno lontane come L’Aquila, durante il terremoto del 2009, e Modena, dopo il sisma del 2012. “Proprio in Abruzzo è partito un po’ tutto” ci spiega “perché il meccanismo burocratico, a fronte degli evidenti problemi di organizzazione sul posto, si è incancrenito. Il processo ora è davvero macchinoso e soprattutto l’impressione è che si usi poco buon senso”.

Il fatto è che a livello legislativo è tutto nella norma: “Tecnicamente non ci sono errori, moralmente però è frustrante dover restare qui, quando sappiamo per certo che a Parma ci sono cantine ancora allagate e noi abbiamo due autopompe ferme in garage”. Ma da dove parte tutto? “Essendo gruppi di Protezione Civile che risiedono fuori regione, anche se per pochi chilometri, si attua un processo che parte dal comune, in questo caso di Parma, arriva alla Provincia, sempre di Parma, e poi alla Regione Emilia. Quest’ultimo ente fa ripartire la catena chiedendo aiuto fuori Regione, dunque alla stessa Lombardia. Il punto è che le richieste non sono arrivate”. Perché? “I casi sono due: o non c’è davvero più bisogno, ma a questo punto mi domando perché lo stesso sindaco abbia chiesto nuovi volontari. Oppure ci sono problemi economici: un volontario che si prende la giornata di ferie per prestare la propria opera viene poi rimborsato dallo Stato. Però a questo punto mi domando: chi mi vieta di fuoriuscire dai gruppi di Protezione Civile e fondare un gruppo di mutuo soccorso, che non abbia più bisogno di tutti questi tecnicismi e della burocrazia?”. La sede provinciale di Cremona conferma che nessuna chiamata è arrivata, neppure da Genova dove i danni sono peggiori ma maggiore sarebbe la distanza da coprire. “Restiamo pure sulla situazione di Parma, che potremmo raggiungere in venti minuti di auto” prosegue il volontario “non ho visto molte pettorine della Protezione Civile. Ho visto tanti giovani e giovanissimi, questo sì, e sono davvero felice di questo. Tuttavia, faccio notare che forse, in questi casi, sarebbe meglio avere sul posto anche personale già formato, che sappia come agire per non creare confusione. Preciso che molti volontari sarebbero disposti a rinunciare al giorno di lavoro e a prendersi gratuitamente le ferie, ma la legge prevede obbligatoriamente il rimborso statale. Il punto è un altro ed è a monte: ha senso che un’opera di bene, peraltro così urgente, venga bloccata da una rigida burocrazia come la nostra?”.

Domanda retorica, la risposta già la conoscete…

Giovanni Gardani

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