Politica

Occhio al Grillo che è salito sul Carroccio

Sorpresa: Grillomao, il paraguro che non ha mai  voluto salire su alcun carro (né dei vincitori, né di altri) è balzato sul Carroccio. A due mesi dalle Europee il leader  del M5S gioca la carta storica della Lega e chiede le macroregioni. Ma Beppe crede veramente  ad una Italia divisa in cinque. O bluffa?

Con un piccolo post lanciato l’8 marzo, dal titolo “E se domani…” (fosse troppo tardi), Grillo ha tirato fuori l’asso leghista di vent’anni fa. Come l’Umberto Ben Dur – alias il Vanto del Nord  –  Beppuzzo  ha sparato la sua proposta. Ovvero: decentralizziamo i poteri  e funzioni in cinque grandi aeree omogenee per diminuire costi e sprechi. Facciamo cioè l’Italia federale mantenendo comunque i poteri centrali  come gli Esteri e la Difesa. Grillomao ha in testa la sua nuova Italia,tipo Stati Uniti e Svizzera. Le cinque macroregioni? Non lo ha detto esplicitamente ma lo ha fatto capire. Eccole: Nord Ovest ( Lombardia compresa), Nord, Est, Sud (dal basso Lazio alla punta dello Stivale), Sicilia e Sardegna insieme. E per finire l’Italia centrale, cioè il Granducato di Toscana con lo stato pontificio. Ha spiegato: “Le Regioni attuali sono solo fumo negli occhi, poltronifici, uso e abuso di soldi pubblici”. Chi si sente di dire “non è vero”?

E’ evidente che Grillomao sta preparando  le Europee. Sta cioè sparando bordate in funzione del voto. Lui per primo,tuttavia, non sottovaluta la contabilità e la reazione  dei fuoriusciti dal suo Movimento. In un mese ha messo alla porta 13 parlamentari col piglio  e la pietrosità di un capo setta e,forse, teme un arretramento di consensi. Ma gli ultimi sondaggi riconoscono al M5S un buon 20 per cento e persino oltre.

La venerazione per il “demolitore del sistema” regge. Ma siccome il problema principale è di mantenere la compattezza del Movimento e non vederlo franare in correnti e sottocorrenti, ecco l’urlo secessionista, il grido “Servono le macroregioni”, l’appello “Recuperiamo l’identità di stati millenari”. “L’Italia, ha scritto, è diventata “un’arlecchinata di popoli, di lingue, di tradizioni che non ha più alcuna ragione di stare insieme”. Di più: “E se domani i Veneti, i Friulani, i Triestini, i Siciliani, i Sardi, i Lombardi non sentissero più alcuna necessità di rimanere all’interno di un incubo dove la democrazia è scomparsa, un signore di novant’anni  decide le sorti della Nazione e un imbarazzante venditore di pentole si atteggia a presidente del Consiglio; una Italia massacrata di tasse,senza sovranità monetaria, territoriale, fiscale, con le imprese che muoiono come mosche” che accadrebbe?  E se domani (…) qualcuno si stancasse e dicesse “Basta!” con questa Italia, al Sud come al Nord, “cosa succederebbe? Grillomao  lo ha scritto: succederebbe un “effetto domino”. Cioè “il castello di carte costruito su infinite leggi e istituzioni chiamato Italia scomparirebbe”.

I leghisti hanno fatto un sorriso largo così ma temono lo scippo di voti. Gli altri partiti lo snobbano (a parole, almeno), paragonandolo a Guglielmo Giannini (1891-1960), “l’uomo qualunque” che, come lui, si inventò un movimento (1944) , tre anni dopo si avvicinò a Togliatti (prima da lui  definito “verme, farabutto e falsario”) eppoi scomparve (1949). Grillo invece regge dall’otto settembre 2007  (a Bologna il primo Vday),ha una ideologia che ricorda da vicino alcuni movimenti del primo Novecento come l’anarchismo e il leninismo. Ma non molla anche se molti, ancora oggi,  lo considerano una stranezza. Anche se è entrato in parlamento con 109 deputati e 54 senatori. Occhio,anche se pare” un rottame del cattivo Novecento” (Francesco Alberoni) è meglio non prenderlo sotto gamba.

Enrico Pirondini

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...