Sport

Giomi alla Diotti:
“L’Atletica leggera
come scuola di vita”

E’ partita da una sintesi delle gare più emozionanti di Fausto Desalu, che fino a cinque anni fa ancora studiava sui banchi della media Diotti di Casalmaggiore, l’incontro di Alfio Giomi, presidente Fidal, con i ragazzi della scuola.

Scortato dal dirigente generale Fidal Dino Ponchio, dal presidente dell’Interflumina Alfredo Azzoni, dall’insegnante di atletica dell’Interflumina Carlo Stassano e presentato dalla dirigente scolastica Assunta Balestreri e dalla professoressa Federica Passera, Giomi ha applaudito assieme ai ragazzi il video inaugurale, che ha mostrato tre gare corse da “Faustino” a Rieti, tutte nel 2013: l’oro italiano Juniores nei 200 metri, la prima batteria degli Europei Juniores, vinta sempre sui 200, e il bronzo della finale della staffetta 4×100 conquistata in maglia azzurra con una grande progressione finale.

Dopo l’applauso degli studenti idealmente regalato a Desalu, Giomi ha ricordato di essere stato “insegnante di scuola per 37 anni: sono in pensione da 5 anni, ma in realtà si resta insegnanti per tutta la vita. L’Atletica è la regina degli sport ed è lo sport che ha fatto nascere, di fatto, le Olimpiadi. Altri sport sono altrettanto belli ma hanno un po’ ceduto al business. La nostra atletica deve invece mostrare pulizia e farsi portatrice dei valori sani dello sport, ovvero l’etica di base e la capacità di essere sereni con se stessi”.

Giomi si è poi soffermato sulla figura di Pietro Mennea, campionissimo scomparso nel 2013 e celebrato in tutta Italia (e anche alla Diotti) con il Mennea Day il 12 settembre scorso, giorno del record mondiale sui 200 metri a Città del Messico nel 1979, quel 19”72 rimasto imbattuto per undici anni. “Questo giorno sarà ripetuto” ha annunciato Giomi “e diverrà giorno del ricordo, dell’amicizia e della solidarietà. Tutto questo perché Mennea ha insegnato che i risultati arrivano seguendo una strada contraria a quella della scorciatoia indicata dalla società: la scorciatoia nello sport è il doping, ma anche, nel calcio ad esempio, la simulazione. E’ imbrogliare per fare meno fatica. Mennea ha conosciuto il doping ma ha saputo rifiutarlo e per questo merita di essere ricordato. Non era eccezionale nel fisico, ma vinse con la fatica e la determinazione, inseguendo il suo sogno di bambino”.

Mennea ricorda a Giomi un’altra figura, quella di Stefano Baldini, oggi allenatore della Nazionale di Atletica Leggera. “Mi ha accompagnato fino a Bologna mentre venivo a Casalmaggiore” ha svelato Giomi “. Ha vinto la gara probabilmente più importante della storia dell’atletica, ossia la Maratona proprio ad Atene: eppure a 18 anni arrivava spesso secondo anche agli italiani. Ma non ha mollato, come Mennea, ed è arrivato al suo traguardo, sempre pulito e senza imbrogli”.

Giomi ha poi svelato un lato nascosto del suo essere prima studente e poi insegnante. “Vedete” ha detto ai ragazzi “io da giovane ero un po’ discolo: pensavo a come arrivare al 6 a fine anno e mi accontentavo. Poi un giorno al liceo parlai con il professore di Filosofia e questo incontro mi cambiò la vita. Mi fece capire che lo studio è importante non per il voto, ma per noi, è una sfida a noi stessi. E così è l’atletica: puoi arrivare anche ultimo, ma se hai migliorato il tuo record personale sei comunque un vincente. Non esistono altri sport così, con queste premesse”.

Ricordando Tommy Smith, che si stupì vedendo Mennea correre così forte (“Ma come fa uno così piccolo e bianco a essere il più veloce del mondo?”, questa la domanda di Smith ricordata da Giomi), il presidente Fidal ha spiegato che “l’atletica leggera è stato il primo sport nel mondo a battere il razzismo. Desalu per lo Stato è diventato italiano a 18 anni, ma per noi dell’atletica lo era sempre stato. La diversità è il bello, anzi è l’essenza dello sport: io stesso, da insegnante in una scuola media di Albinia, a Grosseto, decisi assieme ad un’altra professoressa di mischiare le classi, all’epoca distinte in femminili e maschili, durante le ore di ginnastica. Fu una rivoluzione, ma ancora oggi quei ragazzi mi scrivono e si ricordano di me”.

Giomi si è definito ancora come “insegnante, e non chiamatemi personalità o uomo importante, perché non me lo merito”, poi ha ringraziato un ragazzino che ha rotto il ghiaccio, chiedendo perché aveva scelto di fare il professore. “Per la mia vita di studente: perché ho capito che c’è differenza tra un insegnante autoritario e uno autorevole. Quindi mi sono messo in gioco al di qua della barricata. Non ho mai ritenuto importante cosa si faceva a scuola, ma come lo si faceva, con la giusta applicazione e determinazione, come accade nello sport”.

Perché ha scelto di fare il presidente Fidal?, ha poi chiesto un’altra studentessa. “A 13 anni, nel 1961” ha svelato Giomi come chicca finale “mi dissero che avevo un problema al cuore dopo un elettrocardiogramma obbligatorio. Io non ci credevo ma fui costretto a smettere e a rinunciare alle corse campestri che amavo tanto. Però sono rimasto nello sport: a 16 anni ero dirigente, a 19 presidente della mia società di atletica. Rifeci la visita e si scoprì che in realtà il mio cuore era sanissimo: ma a quel punto non volevo più tornare indietro. Diciamo che ci ho messo, da quel momento, una spinta in più”.

La visita di Giomi in città è proseguita, dopo il pranzo, con la visita allo stabilimento della Padania E’ Più e della Pomì Consorzio del Pomodoro, sponsor dell’Interflumina, e poi con l’incontro privato con il sindaco casalese Claudio Silla. L’intenzione è di studiare un piano di fattibilità per rendere la Baslenga un centro specializzato Fidal per il settore velocità. Si cercano ovviamente anche finanziamenti: dopo di che, in serata, forse già con la risposta o comunque con le idee più chiare, Giomi sarà ospite del Rotary.

Giovanni Gardani

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