Folli al Rotary:
“Partiti morti, serve
rivoluzione civile”
Dall’editorialista del principale quotidiano economico d’Italia, Il Sole 24 Ore, nonché opinionista di Radio 24, ci si poteva aspettare un’analisi prettamente legata alla “moneta” circa l’abisso in cui il nostro Paese si dibatte senza soluzione. In realtà Stefano Folli, mercoledì sera ospite della conviviale del Rotary Casalmaggiore Oglio Po e del Rotary Piadena Oglio Chiese presso il ristorante La Clochette di Solarolo Rainerio, ha da subito spiegato che “siamo troppo abituati a osservare questo momento difficile in termini prettamente economici”.
Ma l’Italia al tempo della crisi, o meglio nel pieno della crisi, merita secondo il giornalista una ben più approfondita analisi. Salutato dai presidenti dei due club Leonardo Stringhini e Manlio Troletti, Folli ha ricordato di essere stato ospite dei Rotary del comprensorio già tre anni fa. “E il quadro è purtroppo peggiorato. Sono felice di essere tra voi” ha esordito il giornalista, già direttore del Corriere della Sera dal 2003 al 2004 formatosi sulle colonne del quotidiano La Voce Repubblicana, organo ufficiale del Pri “perché dall’arena romana il punto di vista è limitato: a Roma sembra un immenso gioco dell’oca dove tutti finiscono sconfitti e si riparte da capo. E’ scorante, mentre invece girare il nostro Paese aiuta a percepire maggiori sfumature”.
Folli ha alternato alcuni esempi pratici, mutuati anche dalla lunga esperienza di giornalista, a pensieri di ampio respiro: un’analisi lucida e al di sopra delle parti, con l’eloquenza e la puntualità che gli sono da più parti riconosciute, e di sicuro non ottimistica. “Ho ritrovato una vecchia intervista a Ugo La Malfa” ha spiegato Folli “che, da Ministro del Bilancio, nel 1962 si preoccupava di avere redatto un bilancio buono ma fragile, quasi da ordinaria amministrazione. Ebbene, allora il tasso di sviluppo era del 8,2 per cento. Cinquant’anni dopo il nostro tasso è costantemente negativo”.
Un paragone sfruttato per fare comprendere ai presenti come la crisi italiana sia figlia soprattutto dell’assenza di grandi statisti. “Mandiamoli tutti a casa, sentiamo dire spesso. Già, ma poi chi ci mettiamo? Non vedo spiriti eletti e, se davvero il ricambio deve esserci, occorre scegliersi la nuova classe dirigente con attenzione. Renzi per ora è un’ipotesi mediatica, forse diverrà una chance politica. Ma per ora è ingiudicabile: dovrà dare al Pd un’identità riformatrice che quel partito ha perso, o meglio non ha mai guadagnato, nonostante vent’anni di batoste da Berlusconi e dal centro-destra”.
La politica, secondo Folli, è ormai ridotta a “un artificio retorico da talk show. L’ultima manovra economica appena varata è malinconica, senza strategia. Certo, poteva essere peggiore, stavolta hanno limitato le tasse, se non altro, ma arriva tardi e soprattutto non è la grande iniziativa che una Grande Coalizione di scopo avrebbe dovuto partorire. Un governo “eccezionale” avrebbe dovuto dare vita a una manovra eccezionale. Soprattutto dovrebbe avere il coraggio di fare riforme, a costo anche di perdere le elezioni. Schroder, in Germania, pagò con la rielezione la sua volontà riformista. Ma quale dei nostri politici è oggi disposto al sacrificio? Un sacrifico inteso come tagli, in senso economico, o come perdita del premio di maggioranza, pensando alla tanto invocata riforma istituzionale. Nessuno si prende la responsabilità di cambiare e l’Italia rimane il Paese più immobile d’Europa”.
Uno dei grandi capestri, secondo Folli, è il corporativismo tutto italiano. “Il potere settoriale soffoca quello centrale: tutti difendono il loro orticello e il vero potere in Italia è solo quello di veto. Aspettare una nuova era politica significa aspettare un sistema, se vogliamo anche gerarchico, che però esprima personalità pesanti e preparate. Io credo che l’autoriforma della classe politica esistente non sia possibile: chi può riformare? Gli stessi che hanno affossato il sistema?”.
La risposta, secondo Folli, non è però nemmeno il Grillismo. “Rabbrividisco” ha detto candidamente “all’idea di avere Grillo come premier. L’antipolitica e l’antisistema sono movimenti di protesta che portano disgregazione, quando invece il Paese ha bisogno di rimanere soprattutto unito. Ma il 25% che ha votato Grillo avrebbe dovuto risvegliare e allarmare le coscienze, invece è stato un segnale caduto nel vuoto”.
La crisi economica, ferme restando le evidenti colpe italiane, vede tra i principali responsabili anche la “rigida” Germania della Merkel. “Ricordo cancellieri come Adenauer, Schmidt e Kohl: ammisero che i tedeschi avevano una responsabilità storica verso l’Europa, che per due volte avevano condotto nel baratro della guerra. Ora invece la Germania ha fatto venire meno quello spirito di solidarietà tra nazioni, che sarebbe servito molto più e molto prima dell’Euro che, dopo 13 anni di vita, può considerarsi un’esperienza deludente. La Germania doveva farsi carico di unificare le politiche, se non altro economiche, europee ma è venuta meno al suo compito di guida. Ha fatto passare il concetto che ognuno dovesse pensare per sé, spingendo anche gli altri Stati a farlo: con il risultato che questi altri Stati, più deboli, non hanno avuto i risultati dei tedeschi. Del resto la solidarietà europea si nota nella tragedia di Lampedusa. Abbiamo chiesto aiuto, ci è stato risposto che gli altri Stati assorbono più migranti di noi”.
In questo quadro fosco, dunque, quali soluzioni? “Machiavelli” ha spiegato Folli con un azzeccato paragone storico “scrisse “Il principe” e solo tre secoli dopo le sue speranze si realizzarono. Io mi auguro che l’Italia non debba attendere altri tre secoli. Nel mentre, però, ognuno di noi deve semplicemente fare la propria parte. Non occorre l’ottimismo di maniera, occorre essere vigili, creare aggregazione e aspettare il miracolo, o lo spirito eletto. Sono i cittadini, stavolta, a dover trascinare la politica, rendendosi però conto che in una democrazia occorre rivendicare diritti ma anche rispettare doveri”.
Il civismo come risposta? “Credo di sì. E anche il volontariato che, se svolto con onestà, può essere la giusta forma di supplenza dello Stato. La nostra è una rivoluzione civile che fa da sfondo a una rivoluzione morale: garantire un tessuto civile coeso è l’unica forma di sopravvivenza, in attesa che qualcuno interpreti il momento nel modo giusto”.
Civismo dunque a sostegno dei partiti, o contro di essi? “I partiti sono morti. Non parliamone nemmeno, eventualmente sarebbe come combattere un nemico che non esiste più”.
Campana (del governatore), gong, sipario. Ma non sulla speranza. Non ancora, almeno.
Giovanni Gardani
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