Paziente morto, archiviate
le accuse per quattro medici
Il gip ha restituito gli atti al pm per valutare l'ipotesi della calunnia per le dichiarazioni del querelante contro Riccio

Tutte archiviate le posizioni di quattro medici dell’ospedale Oglio Po di Casalmaggiore accusati di omicidio colposo in seguito alla querela sporta dal figlio di un paziente di 93 anni cardiopatico e affetto da amiloidosi cardiaca, ricoverato il 23 gennaio del 2023 al pronto soccorso e morto il 30 gennaio in Unità coronarica per insufficienza cardiaca acuta.
Il giudice ha accolto la richiesta del pm di archiviare il caso. Sotto attacco del figlio del paziente era finito in particolare uno dei medici: l’ex primario di Anestesia e Rianimazione Mario Riccio, il medico di Piergiorgio Welby e dirigente dell’associazione Luca Coscioni.
Nella denuncia, Riccio, assistito dagli avvocati Paolo Antonini e Valeria Bini, era stato definito “esperto internazionale in eutanasia” che godrebbe di una sorta di impunità grazie all’appoggio politico e della magistratura. “Eutanasia aggravata ai fini di lucro“, scriveva il querelante, arrivando a sostenere che all’Oglio Po ci sarebbe stata una sorta di “pratica eutanasica” per uccidere i pazienti anziani deboli per un tornaconto economico sia per i primari che per l’ospedale.
All’epoca dei fatti, però, Riccio era in congedo.
Per il giudice, “non paiono ravvisabili negligenze diagnostiche, terapeutiche e/o assistenziali nell’operato del personale medico in servizio presso l’ospedale di Casalmaggiore”. “Superflue” sono state ritenute le ulteriori indagini chieste dal figlio dell’anziano, in quanto “inidonee a determinare modificazioni sostanziali dal quadro probatorio già acquisito”.
Il giudice ha anche restituito gli atti al pubblico ministero affinchè valuti l’ipotesi del reato di calunnia nei confronti del querelante, così come avevano chiesto i legali di Riccio in merito alle dichiarazioni rese in querela contro il loro assistito.
La consulenza medico legale di cui si era avvalso il pm aveva concluso che la condotta tenuta dai medici era stata “conforme alle linee guida disponibili al momento e alle buone pratiche cliniche”. Ma il figlio del 93enne si era opposto alla richiesta di archiviazione.
“I medici hanno fatto tutto quanto dovevano fare per curare un paziente affetto da amiloidosi cardiaca, per il quale, purtroppo, la prognosi era infausta e in relazione al quale l’operato dei medici ha soltanto portato beneficio per quello che si poteva fare”, aveva spiegato l’avvocato Diego Munafò, difensore di due medici.
“Non riscontriamo alcun elemento che possa provare una colpa medica come emerge dai dati documentali e dalle cartelle cliniche”, aveva aggiunto a sua volta l’avvocato Stefano Sarchi, difensore del quarto camice bianco.
Sara Pizzorni