Addio al vecchio pioppo
bianco, custode del confine
Se ne è andato anche lui, il grande pioppo bianco che, chissà se a sua insaputa o meno, segnava il confine tra Pieveottoville e Zibello. Ai più interesserà poco, forse nulla. Ma per il popolo del Po anche questa è storia, che interessa eccome. Perché segnare il confine tra Pieve e Zibello non è mai stata roba da poco; specie un tempo era tanta roba, per quella vecchia, radicata, sagace e talvolta sanguigna arlìa che ha sempre diviso i due villaggi, all’insegna del più anarcoide dei campanilismi.
Una rivalità, di guareschiana memoria, tra persone di fiume, di quelle con la coppa sulle mani e fiumi di sudore che scendono dopo lunghe fatiche nei campi, capaci di sonore “disfide” e viscerali antipatie, ma pronte a ritrovarsi unite e coese, sempre, nella ricerca del bene comune, a beneficio di tutti, senza escludere nessuno. I tempi sono cambiati e anche questo memorabile e gigantesco simbolo delle terre del Po, col suo poderoso tronco, ci ha lasciato ricordandoci che la vita, di tutti, è un dono, una grazia che si compie in un cammino che trova, in sorella morte, una delle sue tappe cruciali.
Grazie, allora, grande pioppo per aver vegliato, in ogni tempo e in ogni stagione, di notte e di giorno, col sole e con la pioggia, con la nebbia e con l’afa, sull’una e sull’altra sponda del fiume; Grazie per aver unito e non diviso i nostri piccoli villaggi; Grazie per ogni ombra e per ogni boccata di ossigeno che ci hai dato in dono. Grazie per averci accompagnato e Grazie per ogni silenzioso incontro che abbiamo avuto. Grazie per ogni vicenda di cui sei stato custode; per i segreti che hai saputo custodire; per ogni uccello che tra le tue fronde ha trovato riparo e dimora.
Grazie per il dono stesso della tua esistenza, essenza vera e autentica del Creato e di Madre Terra. Continua con i tuoi rami, anche se spogli, a guardare verso il più alto dei cieli portando un saluto a tutti quelli che già sono andati avanti. E perdona tutti quelli che, pur vivendo nella tua terra, non sanno nemmeno dove ti trovi; conoscono i baracconi in cemento ma non le strade che portano al fiume. Non sanno sporcarsi le scarpe di fango e, come spesso accade, parlano di fiume senza averne mai sfiorato nemmeno le acque con un dito.
Eremita del Po, Paolo Panni