Economia

Peste suina e i macelli costretti
a ridurre l'orario di lavoro

La  situazione relativa agli allevamenti di suini nelle zone al nord della Lombardia sta producendo pesanti  conseguenze anche nel nostro territorio. Il clima è tutt’altro che sereno e alcuni addetti ai lavori spiegano che se non si troveranno idonee soluzioni in breve tempo ci saranno sempre meno maiali da macellare. Non si tratta semplicemente di rinunciare alla fetta di salame nelle merende con gli amici o abbandonare il prelibato panino con il culatello per non citare il gustoso cotechino e zampone.

Sono in bilico migliaia di posti di lavoro e milioni di euro che tutto il comparto rischia di vedere andare in fumo. Nel frattempo i tre principali macelli della zona, dalla Mec Carni di Marcaria alla Martellli di Dosolo e Ghinzelli di Viadana sono stati costretti a ridurre le ore di lavoro, facendo usufruire ai propri dipendenti periodi di ferie e altri permessi. Tutto ciò a causa dalla penuria di capi da macellare provocata del diffondersi della temutissima peste suina africana negli allevamenti. Con le conseguenti e incalcolabili perdite economiche.

Un problema che ha già coinvolto alcune zone della Lombardia con focolai scoperti anche in Emilia. Nel frattempo  molti degli imprenditori del settore sono corsi ai ripari, attenendosi alle regole imposte a livello legislativo come quello di non far entrare estranei nelle aree di pertinenza, imponendo la sostituzione delle calzature e degli abiti agli stessi dipendenti ad ogni cambio turno. E’ noto come il virus della peste possa trasmettersi, oltre che nell’aria, anche attraverso le suole delle scarpe e resista addirittura  a parecchie temperature sotto zero.

C’è poi l’obbligo di isolare le proprietà con estese recinzioni con elevati costi per gli stessi allevatori. “Sono tutti interventi che poi vanno accatastati con atti notarili e ulteriori costi a nostro carico” spiega uno dei titolari d’allevamento del territorio. Ciò che manca, sempre secondo gli addetti ai lavori, è un efficace coordinamento tra le varie istituzioni anche se la nomina di un commissario straordinario individuato dal Governo nella figura di Giovanni Filippini fa ben sperare per trovare delle soluzioni, definire un equo risarcimento economico e soprattutto nel giungere ad un contenimento del fenomeno. Anche se questo obiettivo sembra il più difficile da raggiungere.

Principali portatori del virus sono com’è noto i cinghiali di cui il nostro territorio è infestato. E le regole astruse e diversificate tra Regioni, Province e Comuni ha ulteriormente reso complessa la possibilità di abbattimento. Le carni del cinghiale vanno consegnati negli apposti centri per una analisi igienico sanitaria e solo successivamente  consegnata ai legittimi proprietari. Si racconta che anche da noi non sia difficile imbattersi in carcasse di cinghiali morti lungo i canali o campi di mais senza che nessuno si avvicini per il recupero o lo smaltimento a causa dell’odore pestilenziale emanato. Un esempio lo è stato quell’esemplare di cinghiale rimasto a lungo abbandonato in un fosso alla periferia di San Giovanni in Croce dopo l’urto con un’automobile vistosamente danneggiata dopo l’investimento.

Una malattia virale estremamente contagiosa per milioni di maiali (fortunatamente non per l’uomo), che va a colpire una filiera già in difficoltà per i costi delle materie prime. Con la richiesta di una più ampia tutela anche perché rappresenta un settore, quello alimentare, tra i più importanti a livello di fatturato e per l’enorme coinvolgimento di mano d’opera e indotto.

Ros Pis

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