Warriors, Merlino: "Bello vincere,
far crescere progetti ancor di più"
C’é chi pensa che gli sport per chi ha un handicap di natura psicofisica siano solo un passatempo una, a volte diluitissima imitazione dello sprt reale. Un gioco fine a se stesso, così tanto per dire e per fare. Già… Andatela a raccontare a chi si batte in tanti sport, a chi milita in una delle società che fanno campionati d’elite. Spiegatelo a loro, dopo esservi resi conto di che state parlando… Spiegatelo ai campioni, ai guerrieri del Wheelchair Hockey di Sabbioneta. Allenamento sacrificio, forza, coordinazione. Impegno, allenamenti, concentrazione, sudore. Gioia, rabbia, condivisione. Il rapporto con le macchine su cui siedono, il loro controllo quasi totale, l’impegno dei meccanici e degli assistenti. Andate a raccontare loro che stanno facendo un gioco. Tutto questo non nasce per casoon nascono per caso, non ci sono variabili di cui puoi fare a meno, ne doti che possiede solo chi é in piedi.
I Warriors sono questo – come altri sportivi che hanno raggiunto fantastici approdi – atleti con la tendenza a dare sempre tutto, e a volte di più del tutto, macchine perfettibili da rendere, il più possibile, perfette. Locomotive da vecchio west, carbone e muscoli, velocità ed occhio, coordinazione. “E’ così – ci racconta Fabio Merlino – e si pensi solo al coordinamento tra il motore della carrozzina e la mazza dell’hockey, un braccio fa una cosa, l’altro fa l’altra…“.
Fabio Merlino ha iniziato a fare questo sport nel 2006 a Parma, quando esisteva una sola categoria elite (A1) e una quindicina di squadre, in uno sport che era nato solo poco più di dieci anni prima all’estero. Parma sino al 2008, poi Bologna, anni in cui conosce da avversario quel Luca Mercuri che diverrà una sorta di amico fraterno. “Ho avuto modo di perdere due finali scudetto contro di lui – ci dice ridendo – e con due squadre diverse…“. Varese, Modena, Bologna. Nel 2014, dieci anni fa, nascono i Warriors… “Avevo bisogno di un progetto che partisse dal mio territorio. Ed avevo bisogno di vincere proprio quella mentalità che considera lo sport disabili uno sport minore.
Il campo dell’Hockey in carrozzina é di 26 metri per 16, a metà strada tra un campo da basket e uno da volley. Si gioca in cinque contro cinque. La maggiore difficoltà è quella di gestire i movimenti. Il nostro é uno sport di quelli tosti. Mi è capitato, e tante volte ultimamente, di parlare con persone che hanno assistito dal vivo e per la prima volta ad una nostra partita, e tutti mi hanno alla fine detto che questo è uno sport di quelli tosti. Io sono di parte, ma é effettivamente così. Quando assisti alla prima partita poi te ne innamori, e spesso torni…“.
La finale di campionato é stata una gara pazzesca. Una gara in cui apprezzare proprio tutto questo. Se vi capita (e vi deve capitare se amate lo sport) guardatevela e gustatevi tutto, soprattutto l’ultima parte, la tensione, e la gioia finale. Da brividi. In verità non abbiamo quasi mai temuto di perdere. C’era qualcosa nel vorticoso attacco, qualcosa in una difesa arcigna, qualcosa nell’aurea di fuoco dei singoli e nello spirito di gruppo che ci ha fatto da subito pensare che avrebbe potuto essere la buona stagione. Così alla fine è stato. Hanno messo un poco più di – cazzimma come direbbero gli amici napoletani – nei movimenti e nelle mazze La finale scudetto é su su Youtube per chi volesse rendersene conto. Nelle immagini si possono apprezzare tanti particolari. Il primo su tutti. Non è assolutamente un gioco da fare e poi mettere in un cassetto. E’ uno sport di quello con le palle, di quelli in cui vince e solo chi ci mette tutto, sforzo fisico compreso. Uno sport vero.
Fabio Merlino guarda avanti con piena soddisfazione, ma come tutti gli esploratori, mai domo e mai contento dell’essere arrivato all’oggi. Oggi e domani, per lui, si intersecano sempre. Per l’anno prossimo ha fortemente voluto la riconferma in blocco di tutti. “Si è scelta questa strada, proprio per continuare a lavorare costruendo ulteriormente qualcosa di importante, proseguire con i progetti che abbiamo. Certo, sul mercato, staremo con gli occhi aperti e se dovessimo inserire qualcuno lo faremo più che volentieri. Sul mercato sono piuttosto conservatore perché oltre allo sport lego ad un progetto gli altri aspetti. La socielità, il far gruppo, gli insegnamenti, i prgogetti, i programmi hanno bisogno di un certo lasso di tempo per essere conclusi. Serve almeno un anno per consolidare quello che siamo riusciti a costruire. Si lavora per obiettivi, senza mai fermarsi. Se ti fermi vuol dire che sogni ed obiettivi non ne hai più. L’obiettivo di adesso è continuare a far crescere questo progetto, farlo crescere con strutture idonee e coinvolgendo sempre più persone”.
Oggi, dovessimo scegliere lo sportivo dell’anno per tutto il nostro territorio, punteremmo su Fabio ad occhi chiusi. Ma non solo per lo sport. Per l’eterno ragazzo di Viadana, sangue di fuoco, mente avanti, macchina da guerra, non é mai stato solo uno sport quello che fa. “Vincere è pur sempre bellissimo – ci saluta l’allenatore e presidente dei Warriors – ma continuare ad imparare e migliorare, continuare a portare avanti progetti lo é ancora di più…”
Chapeau Fabio. Chapeau. Siamo tutti un po’ più guerrieri adesso, grazie alla tua e alla vostra lezione. al vostro esempio.
Na.Co.