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Venezia - di Ivano Monticelli

VENEZIA  (di Ivano Monticelli)

Tira nuota piano, non troppo vocina ai vaporetti ma abbastanza vicino agli sguardi curiosi delle curiose persone che li navigano.

Gli occhi belli appena fuori  dal pelo dell’acqua attenti a non essere salmistrati dal bagnomaria della laguna sono la corona dei suoi lunghi capelli ed il suo colorato cuore africano si sposa perfet- tamente con i colori della moltitudine che di lì passa.

Evita la piazza grande, Marco oggi non c’è, Giorgio è rimasto sull’isola, allora va sotto i ponti, da lì può sentire il camminare ed a volte vedere, anche in trasparenza, le suole delle persone eleganti.

A volte passeggiano sole, a volte in due, oggi in tre in quanto mancano due degli attori principali.

Loro sono persone importanti che risolvono tutti i problemi, a loro l’acqua non arriva mai alla gola, semmai lambisce il velluto delle pantofole ricamate di preziosi e lucenti perline e se per fatale caso l’acqua dovesse arrivare ai loro lombi allora come d’incanto il vento gonfierebbe le loro sciarpe, il sole illuminerebbe le loro giubbe sgargianti e, via via guardando Venezia dall’alto in basso non baderebbero agli altri.

In alto una Colombina cerca di circuire, con una carnevalesca quanto attesa discesa, in campanile, ma questo ingabbiato come un salame, è troppo impegnato da quegli ingenui male in arnese che vanno su e giù da tubi che non son più così innocenti.

Con la vista che solo gli uccelli hanno, scorge questo piccolo pesce dagli occhi belli che sembra cercare qualcosa ma non un oggetto od una preda ma, quasi sicuramente una calle, un indirizzo, un indizio, probabilmente qualcuno, sicuramente qualcuno, Alche roteando in una fresa corrente si ferma ad un palmo di naso dalla Tita e le chiese se avesse bisogno d’aiuto.

Si Lei rispose.

Conosci forse il mio papà, ha le orecchie grandi come i piedi, cammina con gli occhi ma ride e piange con un pezzo di cuore tatuato sul braccio preso in prestito dal mio.
E’ un bell’uomo, a volte anche elegante.

No, risponde la Colombina, non mi pare d’averlo visto, ma tu, come fai senza il tuo cuore?

Beh sai, rido e sogno ed a volte piango con il suo.

Ivano Monticelli

IVANO MONTICELLIIvano Monticelli, il Monti, é una di quelle persone che incontri per strada o seduto al tavolino di un bar. Di quelle che non sai mai cosa possa tirarti fuori dal cilindro magico dell’anima. Ci si incrocia, figli di strade simili e distanti. Questo é un suo racconto, questo é il suo stile nello scrivere. Ruvido, dolce, deviante, criptico, maledetto. Le parole nascono qualche volta restano e altre e muoiono, e che siano figlie dello Spirito Santo o di un campari, qualche volta raggiungono si attaccano all’anima. Baudelaire avrebbe detto – che importa – e lo ha scritto. Noi condividiamo il pensiero. Che siano figlie di un’anima in perpetuo maremoto non vi é dubbio. Questo é un suo racconto, questa é la sua venezia, un testo di profondo amore. Questo, solo questo conta…

 

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