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La filastrocca di Piero – di Nonna Gio

LA FILASTROCCA DI PIERO – di Nonna Gio

Piero era un bambino che abitava in una grande casa di campagna coi nonni, mamma e papà, due sorelle e un fratello più grandi. I genitori, così come i nonni, erano contadini e coltivavano la terra: grano, frumento, pomodori, verdure varie e frutta. Piero era allegro e molto vivace e crescendo in campagna giocava all’aria aperta con molta più libertà dei bambini che crescevano in città. Gli piaceva correre nei campi, arrampicarsi sugli alberi, fare capriole e la nonna, che parlava il dialetto, gli diceva sempre: “ Piero, sta atenti cat caschi e ta t’insöchi (Piero stai attento che cadi e ti inzucchi).

Ma lui correva e correva, non si riusciva a tenerlo fermo, la sua voglia di vivere, di giocare, di stare nella la natura era troppo grande. Ogni tanto cadeva, si sbucciava un ginocchio e la nonna mentre glielo disinfettava gli diceva: “Hai visto??? Te l’avevo detto!!!!” Ma Piero non piangeva nemmeno e dopo aver messo un cerotto correva di nuovo via. La nonna, anche se lo metteva in guardia, nel vederlo così vivace e pieno di vita sorrideva perché le ricordava com’era lei da bambina, si, Piero le assomigliava molto, aveva preso il suo carattere e lei ne era molto orgogliosa.

Ogni anno a settembre si raccoglievano le zucche, un frutto della terra squisito, dalla polpa dolce e arancione, molto bello da vedere. Le zucche erano per Piero un altro motivo di divertimento perché sono grandi, dalla forma un po’ irregolare e con la scorza molto dura; distese nei campi creano un tappeto di scalini, piccoli ostacoli, e questo era per Piero un percorso invitante ed avventuroso su cui correre, saltare e fare capriole, per lui la maturazione delle zucche era di sicuro il periodo dell’anno più bello, giocando e saltando su di esse, si sentiva un super eroe. La nonna e i genitori in quel periodo si facevano più severi perché ovviamente cadere sulle zucche, essendo così dure, era pericoloso.

Inutile dire che Piero non solo non li ascoltava ma si spostava nel lato più lontano del campo per non essere visto e lo faceva anche all’imbrunire quando il sole iniziava a tramontare. Ci fu però un settembre in cui la fortuna non girò per niente dalla sua parte. Tornato da scuola, come ogni giorno Piero faceva i compiti e poi via a correre nei campi e quel giorno di settembre, dopo avere preso tutte le raccomandazioni della nonna, promise di non andare a giocare sulle zucche e corse via. Ma la tentazione era troppo forte e disubbidì raggiungendo l’angolo più estremo del campo.

Mentre saltava, correva e faceva lo slalom tra le zucche non si accorse che il sole stava calando e che si stava facendo buio e durante l’ennesima l’ennesima capriola, un po’ per la poca luce e un po’ perché la rugiada cominciava e rendere umide le zucche, mise male un piede e scivolò. Ahimè.. …questa volta non si sbucciò il ginocchio ma batté forte la testa al punto da non riuscire ad alzarsi tanto gli girava e gli faceva male.

Nel frattempo in casa la mamma e la nonna stavano preparando la cena e al momento di mettersi a tavola si occorsero, come sempre, che Piero era ancora fuori a giocare. “Piero, Pieroooo, Pieroooooooo, dove sei? Vieni in casa che è pronta la cena!!!!” Non sentendo il solito “arrivoooooooooooooooo” la nonna cominciò a preoccuparsi. Presero delle torce e nonni e genitori corsero fuori a cercarlo.

Lo trovarono disteso nel campo sopra le zucche che piangeva per il male alla testa sulla quale era cresciuto un enorme bernoccolo. Il papà lo prese in braccio e lo portarono a casa, la nonna e la mamma gli misero una pezzuola bagnata sulla fronte e piano piano il male alla testa passò. Si spaventò molto quella volta Piero ed imparò ad essere più prudente e ad ascoltare i consigli della nonna ma non perse mai la sua vivacità. Gli anni passarono e Piero divenne prima papà e poi nonno e ai suoi bambini e nipoti era solito cantare una filastrocca, molto famosa tra i contadini, che faceva più o meno così: “ ghera na volta Piero s’involta, casca la söca, piero al s’insöca”

NONNA GIONonna Gio, al secolo Giovanna Anversa, é anche se non ama sentirselo dire, un’artista. Poliedrica, vulcanica, immediata, senza peli sulla lingua. Ama scrivere, calcare un palco, dialogare. Le favole sono solo uno dei campi d’azione di nonna Gio. Singolare la loro nascita. Giovanna ha un’amatissima nipote che, in periodo Covid, non poteva giocofoza vedere per le restrizioni imposte. A quella nipote amata però piaceva il contatto con la nonna e piaceva ancor di più sentirne la voce. E fu così che a Giovanna nacque l’idea di scrivere una favola di tanto in tanto per quella bimba che attendeva un abbraccio. Una storia dolcissima. Tante di quelle favole sono poi diventate – grazie a Daniela Bellini – una raccolta e sono satati davvero tanti i bambini che hanno potuto apprezzarne la semplicità dei vari personaggi e la loro fresca bellezza. Giovanna Anversa é anche collaboratrice di OPN, ama gli spettacoli, ama conoscere le persone, ama tutto ciò che le da emozione. E noi amiamo lei, che quelle emozioni comunica spesso…

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