2040, ecco il nuovo romanzo di
Mauro Acquaroni (ed. Gilgamesh)
Vivre c’est passer d’un espace à un autre, en essayant de ne pas se cogner (G.Perec)
Notaio di professione, vorace lettore e prolifico scrittore Mauro Acquaroni legge e scrive per piacere, per dare nutrimento all’anima e si sa, se lo spirito non è sazio la mente individua dove approvvigionarsi.
È al suo nono romanzo Mauro Acquaroni, una produzione frutto dell’avvincente avventura scrittoria nata dopo gli studi e il concorso notarile e dall’esigenza di leggere cose diverse, di fare respirare il cervello: la magia delle librerie e la copertina del “Paradiso degli Orchi” di Daniel Pennac, scoccano la freccia. Facile capire perché la narrazione trascinante, travolgente e geniale di Pennac fu galeotta: un quartiere parigino multirazziale, una saga familiare alquanto bizzarra, un capro espiatorio che pare somigliare a chiunque e a nessuno e un’atmosfera al limite del surreale, catturano il notaio che si perde nel vortice della lettura cosicché le tante finestre della sua mente si spalancano lasciando entrare aria fresca e nuova.
L’immagine un po’ ammuffita del notariato cede il passo a qualcosa di più frizzante, di più mosso, di più aperto agli entusiasmi. Simpatico, colto, di battuta Mauro Acquaroni “impara a leggere”, per usare le sue parole, e fa incetta di libri prediligendo la letteratura francese, grazie ad un viaggio a Parigi e a una insegnate fascinosa ai tempi della scuola. Si avventura in autori moderni e contemporanei come Lemaitre, Houellebecq, Pennac, Carrère, Perec, Queneau, Gary fino ai classici Zola, Mauriac e Balzac. Dopo tanta lettura anche la penna, fino ad allora pressoché notarile, si veste di nuova vita, vuole raccontare e nel 2006 esce il primo libro “Gioco Partita, Incontro”, titolo preso in prestito dal gergo tennistico. Nonostante l’autore oggi la ritenga un’opera acerba, tipica del neofita, ricorda che a suo tempo, presentandola ad un gruppo ristretto di amici, sortì applausi e consensi inaspettati.
“Non mi ritengo uno scrittore, piuttosto un narratore; grazie al sorgere di questa passione ho capito che le persone hanno bisogno di sentirsi raccontare cose e sono andato avanti. La lettura nutre e alimenta e ogni volta che scopro un autore anche il mio modo di raccontare cambia e la voglia di salire sul ring si fa via via più sentita. Mentre la lettura allarga gli orizzonti e arricchisce, la scrittura è un momento di catarsi, si deve studiare per scrivere, ci si deve informare per raccontare, si deve ampliare la propria conoscenza come è accaduto in questo mio ultimo libro.”
“2040”, l’ultima impresa letteraria di Acquaroni, verrà presentata in Santa Chiara il 25 maggio. Il libro ci parla di due epoche: la Rivoluzione francese, il periodo di crisi che la precede e la determina partendo da un episodio, l’uccisione di Marat, per poi fare un salto temporale al 2040, emblema di una nuova era, di una nuova politica tesa al futuro ma che altro non è che un déjà-vu di episodi, situazioni, condizioni e criticità di quel lontano 1793, che per circolarità della storia, seppur aggiornati, si ripetono
Deridendosi affettuosamente e prendendosi in giro, l’autore ha uno sguardo critico e canzonatorio verso la natura umana e la società passata e presente, come Voltaire sorride sulle debolezze dei tempi sortendo un romanzo politico raccontato però in maniera leggera. Lo stile narrativo è personale e presenta alcune particolarità: le note a piè pagina, che paiono scritte da altri, e un indice che più che elencare narra utilizzando i verbi all’infinito, sintesi del vizio di giocare con le parole. Tutte le opere di Acquaroni hanno in sé uno spirito e una idea di base: in 2040 le figure di Charlotte Corday e Colette Roux divengono mezzi di osservazione e analisi che l’autore utilizza per mostrarci quanto l’obbedienza rigorosa alle regole, la fedeltà a un ideale a qualunque prezzo, l’integralismo nel rispettare leggi e dettami, seppur giusti, siano fonte di danno e disastri, ieri come oggi.
Il romanzo, attraverso due epoche lontane due secoli e mezzo, è anche un viaggio dentro l’animo umano, una lente sulle speranze, le illusioni, gli ideali e le lotte che si è disposti a sostenere per difenderli, un’opera che stimola il lettore alla riflessione, che mostra chi siamo e quanto siamo propensi a sacrificare e a spendere in nome della libertà, della giustizia e dell’uguaglianza. I nobili ideali, le giuste regole se abbracciate con bramosia e febbrile delirio, senza la mediazione della ragione e dell’intelligenza, non sfociano forse nella stessa dimensione di assolutismo e di controllo per i quali le lotte ebbero origine? Il rispetto ossequioso delle regole e la devozione a un ideale sono davvero forieri di società equilibrate? Qui sta la potenza di questo libro, rimescolare le certezze, generare domande e riflessioni che un lettore attento, giunto alla fine di 2040, non potrà fare ameno di porsi.
Appuntamento dunque sabato 25 maggio a Santa Chiara, a partire dalle 17. Sarà lo stesso autore a raccontare e a raccontarsi con l’aiuto di Arianna Novelli e Giovanna Anversa che leggeranno alcuni stralci dell’opera.
Giovanna Anversa