Un paese ci vuole: Luzzara, il Po,
Zavattini. Dosolo Gulliver é poesia
Grande successo di pubblico al cinema comunale di Dosolo gestito dal Circolo Culturale Gulliver per la proiezione del docufilm dal titolo Un paese ci vuole per la regia di Francesco Conversano e Nene Grignaffini, produzione Rai Cinema e Movie e Movie, con il patrocinio del Parco Oglio Sud e di Ecomuseo Terre d’Acqua fra Oglio e Po. Il film che ha come sottotitolo Zavattini, Luzzara e il Po, ripercorre le tracce di Cesare Zavattini, il grande scrittore e sceneggiatore del periodo del neorealismo nato nel 1902 appunto a Luzzara, un piccolo centro appoggiato sul Po in provincia di Reggio Emilia che egli ha trasformato praticamente in un mito.
La coregista Nene Grignaffini ha introdotto la proiezione del film spiegando che Zavattini ha reso infatti Luzzara protagonista nel 1953 del libro fotografico Un paese con testi dello stesso Zavattini e immagini di Paul Strand. Il libro ha fatto diventare Luzzara l’oggetto quasi leggendario di numerose opere fotografiche che si sono succedute nel corso del tempo.
Anche se usa la macchina da presa al posto della macchina fotografica, questo film con molte riprese dall’alto, si inserisce nel filone del neorealismo. A 70 anni di distanza, affida a persone di Luzzara la lettura di brani che Zavattini scrisse a proposito di Luzzara. “In questo senso, la pellicola è una sorta di ritorno a Spoon River”, commenta Francesco Conversano, che ha firmato la pellicola insieme a Nene Grignaffini, ha narrato in forma di epigrafe le vite degli abitanti del suo paese natale.
Anch’esse sono diventate, come Luzzara, praticamente un mito tante sono state le rivisitazioni successive.
“Un paese ci vuole è un film che si innesta nel cinema del reale pur con escursioni nel cinema di poesia – illustra il regista Conversano – Oltre a leggere alcuni testi che Zavattini scrisse per il libro del 1953, gli abitanti di Luzzara raccontano il loro sentimento ed impegno nel sociale rispetto al paese e al Po. E’ come se facessimo loro un altro ritratto fotografico”.
Nel film emergono due temi ulteriori: la comunità e l’ambiente. Rispetto a quest’ultimo, il punto di riferimento è il Po. “Abbiamo cominciato le riprese nel 2022, durante la grande siccità” ha spiegato il regista durante la serata. Nel film sono inserite anche le immagini di quando il fiume era rimasto quasi senz’acqua per sollecitare una riflessione sulla questione del riscaldamento globale legato ai mutamenti climatici, sottolineando la necessità di prendersi cura dell’ambiente e del territorio. Per quanto riguarda il secondo tema, “Luzzara è la metafora della comunità – ha spiegato Coversano – come valore dello stare insieme dove ognuno nonostante le vicissitudini personali ritrova un un punto di approdo e di accoglienza, una riscoperta delle proprie radici e della propria identità che in questa era storica è difficile mantenere e riconoscere. E’ vero che molto è cambiato rispetto alla Luzzara del 1953, le relazioni umane sono diverse e ora in paese c’è una forte presenza di stranieri: maghrebini, indiani, pakistani. Nel film emerge a Luzzara un ambiente inclusivo ed accogliente verso gli immigrati dove nonostante le differenze di lingue e costumi si realizza un dialogo profondo e la condivisione. Per certi versi, i gruppi etnici costituiscono delle piccole comunità all’interno della comunità più grande costituita da Luzzara”.
Però esistono anche i tentativi di dialogo. Al termine della proiezione è stata interessante anche la testimonianza di alcuni protagonisti del film che hanno spiegato le difficoltà, ma anche le soddisfazioni raggiunte per essersi improvvisati attori dopo le numerose prove. Autori e protagonisti si sono poi confrontati con il pubblico e con alcune perplessità di uno spettatore che ha notato rappresentata una situazione alquanto idilliaca rispetto la realtà vissuta.
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