Cronaca

Orlando Ferroni, un fiume in
piena: "Io corro per vincere"

I due fratelli Ferroni: a sinistra Fabio e a destra Orlando

La cadrega, in fondo, é sempre quella. E se una parte si logora un poco, dall’altra magari si rinforza. Non è diventata il cadreghìn, é ancora quella sulla quale siede l’attuale maggioranza e discretamente stabile. Quella che, nel banco delle scommesse londinesi, dove valutano la possibilità che un evento o un risultato si verifichino o meno, pagherebbe probabilmente meno di altre, poiché più probabile.

E’ pur vero che cinque liste e il turno unico, il fatto che alle amministrative si voti più sovente la persona che la tessera o il simbolo (soprattutto nei paesi come Casalmaggiore dove bene o male ci si conosce quasi tutti), aumentano le incognite, ma da che mondo é mondo, sul voto secco, chi governa parte sempre un po’ più avanti. Parte sempre da un pavimento poco sconnesso, da un tetto più solido e da finestre chiuse a combattere il vento. Parte da quel che é stato fatto – dimostrabile – e non da quello che si potrebbe e si dovrebbe fare, meno certo.

La democrazia é questa. L’arena é quella che vi abbiamo presentato. Insieme ad altri e qualche volta prima. E non perché siamo maghi o indovini, ma perché le persone che abbiamo davanti le conosciamo bene dopo tanti anni. E’ il nostro mestiere: la cadrega non ci appartiene, ma cerchiamo di osservarla sempre. Filippo Bongiovanni, Luciano Toscani, Annamaria Piccinelli, Pierluigi Pasotto e Orlando Ferroni. Tutte persone determinate, di gran passione, con visioni a volte simili ed altre diverse, diametralmente opposte, più o meno coraggiose, determinate, combattive, capaci amministrativamente, utopici e sognatori. La cadrega resta una, a maggior ragione con il turno secco qualche variabile in più c’é. Non c’è più bisogno di allearsi e promettersi amori postumi, non c’è bisogno di apparentamenti forzosi, di vicinanze distanti, di alleanze instabili come foglie d’autunno al primo temporale.

E’ infastidito Orlando Ferroni. Infastidito dal tentativo – poco riuscito invero – di farlo sentire in colpa ancor prima della tenzone. Non è impegnato, col seghetto, a intaccare le gambe dello scranno. Anche perché su quello scranno, sulla cadrega, é determinato a sedervi. Un pazzo? Un folle? Un sognatore? Un pifferaio? No, solo uno che crede nelle sue possibilità, che corre solo se crede di avere possibilità, che é ben consapevole del fatto che basta un voto in più, che il suo essere di Centro Destra anche se indipendente da qualunque tentativo di inquadrarlo e sempre con una certa libertà non è opinabile. Ci ha tenuto a puntualizzare. Sulla sua appartenenza al pensiero di Fratelli d’Italia da qualche tempo (e in tempi non sospetti) e prima Forza Italia, sulla stima e la fiducia reciproca, che viene da lontano, con Mario Mantovani non ci sono dubbi: “Un uomo per bene che ha aiutato questo territorio quando ne ha avuto necessità. Ricordo che con Mario Mantovani al Welfare quando il rischio era quello del ridimensionamento si impegnò per l’Oglio Po. E i servizi a rischio furono tutelati. Riuscì con il laboratorio analisi e riuscì a tutelare il punto nascite sino a quando fu a Milano“. Ha ringraziato anche per la questione del simbolo. Al momento non ce l’ha nessuno perché in campo Fratelli d’Italia ha da una parte lui e dall’altra la rappresentanza comunale e il consigliere regionale Ventura.

Ho sentito voci che io correrei per far perdere il Centrodestra, che se Casalmaggiore non ci sarà più Filippo Bongiovanni a guidare la città la colpa sarà mia. Chiariamo subito. Non ho tempo per giocare. Io corro per vincere, nessuno corre per perdere. E se Filippo non sarà più sindaco sarà colpa di Filippo, perché la gente avrà scelto altro. Se il centrodestra perde sarà colpa non del Centrodestra, ma di questo Centrodestra. Io le sento le persone in giro, e percepisco che il sindaco non gode più del favore che aveva prima. La colpa dunque la dovrà cercare in quello che ha fatto, non in quello che fa Ferroni. Io corro per vincere, e non farò il consigliere di minoranza. E neppure darò appoggio a qualcuno in qualche lista. Per come sono organizzati i comuni conta solo il primo cittadino. L’ho provato sulla mia pelle, neppure gli assessori e i consiglieri delegati contano qualcosa perchè non possono decidere nulla. Ancora peggio i consiglieri di minoranza. O vinco e cambio la città, o proseguo con il mio lavoro, che soddisfazioni me ne sta dando tante. Applico lo stesso metodo. Se la gente mi darà fiducia questa città la cambieremo davvero“.

E poi ancora… “Siamo in democrazia, é importante ricordare che saranno gli elettori a decidere. Se alla gente piace Filippo Bongiovanni lo voterà e verrà riconfermato per volontà popolare. Io vorrei solo ricordare che quello che era realmente da dare alla città, una tangenziale, nonostante l’amministrazione leghista fosse la stessa della Regione e che a Roma la Lega ci sia stata a lungo, non è riuscito ad averla e non riuscirà neppure nei prossimi cinque anni, e se invece la stessa gente vorrà tornare alla preistoria, c’é sempre Toscani da scegliere. In Europa punto su Mario Mantovani. Ci ha sempre ascoltato come territorio ed averlo dalla nostra parte in Europa sono convinto che potrà portare buoni frutti. Non mi ha mai deluso. Anche sulle infrastrutture e sulla crescita territoriale, collegati all’Europa, si possono fare discorsi diversi. Questo territorio ha bisogno di innovarsi, crescere, non restare indietro: infrastrutture, servizi, economia. E la strada c’é. Se non fossi convinto di quello che dico o non pensassi che posso vincere, non mi sarei neppure messo in gioco. Tradizione sono le radici, che mantengo ben salde in questo territorio in cui sono nato e vivo. E innovazione, perché serve, e perché la vera innovazione di questo territorio non posso che essere io“.

Na.Co.

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