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25 aprile a Casalmaggiore: "Solo
mancanza cultura lo rende divisivo"

Un passaggio nei punti simbolici della città per un 25 aprile ormai consolidato a Casalmaggiore ma sempre emozionante. La Casa del Mutilato e la messa a San Francesco celebrata dal parroco don Claudio Rubagotti, la musica dell’Estudiantina davanti all’ingresso della RSA Busi con l’esibizione delle ballerine del gruppo di Nilla Barbieri, il passaggio al Monumento ai Caduti della Resistenza di via Favagrossa, con l’Inno d’Italia e “Bella Ciao”, al Monumento ai Caduti d’Europa per la Pace nel mondo e alla lapide ai Caduti in comune col “Va’ Pensiero”.

Infine piazza Garibaldi con i discorsi – davanti ad autorità politiche, civili, militari e religiose, oltre che del mondo dell’associazionismo – delle autorità. Il sindaco Filippo Bongiovanni ha ricordato i caduti casalesi legati alla notte tra il 24 e il 25 aprile con i nazisti in ritirata, ragazzi che per poche ore non riuscirono a vedere il futuro che si erano sforzati di costruire. “Gino Avigni, morto sull’argine maestro; Aldo Formis, ricordato prima all’angolo tra via Guerrazzi e via Vittorio Veneto; Luigi Valdisturlo a Camminata; Giovanni Favagrossa e il mio prozio Carlo Martelli, che erano insieme tra Valle e Prati”.

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“Non è scontato essere in libertà” ha evidenziato il primo cittadino, ricordando poi chi nell’ultimo quinquennio è venuto a mancare dopo essere stato testimone di quel 25 aprile 1945: Giuseppe Rossi, Antonio Baroni, Aurelio Magni e tanti altri rappresentanti che erano sempre presenti nella Festa della Liberazione. E anche, pur non essendo stato per motivi anagrafici testimone diretto, Giorgio Bianchi, ricordato in particolare da Roseghini di Anpi perché molto legato a questa manifestazione.

“Poter esprimere i propri pensieri non è possibile in una larga parte del resto del mondo – ha sottolineato Bongiovanni – dunque, come ricorda la guerra in corso in Ucraina, non lontano da noi, questi momenti di festa devono anche essere momenti di riflessione”. Bongiovanni ha parlato anche di Europa. “L’Unione Europea in questi anni esce come una istituzione lontana dai cittadini, che ha coinvolto poco il popolo. Dovrebbe cambiare questa impostazione, anche per permettere ai cittadini di comprendere il meccanismo dell’Europa. Tutti dobbiamo invece difendere i valori e principi del 25 aprile, perché potrebbero anche essere messi a rischio”.

La parola è passata a Vincenzo De Salvo della locale associazioni Alpini, che ha sottolineato come la Resistenza fosse composta da vari colori, poi a Rebecca Vezzosi della V Itis del Romani di Casalmaggiore con un discorso sull’importanza dell’eredità da lasciare anche ai nostri, di nipoti.

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Infine il presidente di ANPI Giancarlo Roseghini, che poco prima era stato sulle lapidi dei martiri della Liberazione sparse per la città. “Mi piacerebbe che il 25 aprile diventasse davvero la festa di tutti gli italiani, che non fosse considerata divisiva. I valori incarnati dal 25 aprile e dalla Costituzione dovrebbero essere condivisi da tutti: chiunque in Italia ricopre una carica istituzionale a qualsiasi livello, giura sulla Costituzione e quel giuramento è un impegno personale. Chi giura mette in campo la sua dignità di uomo prima che il suo credo politico. Se giuro su una Costituzione antifascista, che parla di democrazia, libertà e diritti, mi impegno io in prima persona a fare sì che sia praticata al meglio possibile”.

Profonda la riflessione sui morti della guerra, delle due parti. “Tra il “Credere Obbedire e Combattere” e “L’Italia ripudia la Guerra” di differenza ce n’è parecchia. Don Claudio a messa ha parlato del rispetto che noi tutti dobbiamo alle vittime: credo non sia mai mancato. Il problema è che poi queste vittime in vita qualcosa hanno fatto, qualcosa di diverso le une dalle altre. Questo paradigma vittimario come legittimazione delle varie posizioni richiama una sorta di doppia morale: se è vero che le vittime sono tutte uguali, allora anche le vittime del Colonialismo italiano sono esattamente uguali alle altre e spesso vengono invece dimenticate”.

“Dobbiamo scindere la storia italiana tra il prima e il dopo il 25 aprile 1945 – ha concluso Roseghini -. E’ stata una rottura talmente forte che sembra impensabile creare un parallelismo tra le guerre che ci sono state prima e la pace che c’è stata dopo. Ve lo immaginate un Presidente del Consiglio Italiano che dichiara guerra oggi a Stati Uniti o Gran Bretagna? Questo tipo di continuità non può essere preso come paradigma per raccontare una storia. Ricordiamoci che la Guerra di Liberazione ha dato al termine “Patria” un nuovo significato: una Patria che non attacca ma che collabora, che vuole la pace e lo sviluppo di tutti i popoli, senza distinzioni tra popoli di serie A e serie B, espungendo guerra e razzismo dalla propria genetica. Solo la mancanza di cultura storica che abbiamo oggi in Italia fa sì che questi concetti possano essere messi ancora in discussione e che certi ragionamenti possano attecchire”.

Tra i vari passaggi anche un auguro di guarigione dietro il “Forza Nazza”, pronunciato da Roseghini, con riferimento al nostro Nazzareno Condina, sempre presente ai vari 25 aprile dietro la penna o la macchina fotografica. Un augurio al quale tutti noi della redazione di OglioPoNews ci uniamo calorosamente.

Giovanni Gardani (video Alessandro Osti)

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