Cultura

Senofonte Entrata e la fermata del
treno dei crumiri a Casalmaggiore

Si chiamava Senofonte Entrata. Era un socialista che riuscirà ad affermarsi nell’organizzazione della Federterra di Cremona, ossia l’organizzazione sindacale dei contadini, divenendone Segretario

Era una domenica mattino di fine febbraio e Piazza Vecchia a Casalmaggiore era piena di gente, molti avvolti nei propri tabarri, altri stretti in paletot vecchi. Il vento freddo in Piazza Vecchia si faceva sentire e gli oratori dovevano fare presto a tenere il comizio preannunciato.

Uno, un trentottenne originario di Viadana, un contadino autodidatta, salì su una seggiola posta contro il palazzo municipale e cominciò ad intrattenere i presenti sul tema: “I diritti e i doveri dei lavoratori”. Si chiamava Senofonte Entrata. Era un socialista che riuscirà ad affermarsi nell’organizzazione della Federterra di Cremona, ossia l’organizzazione sindacale dei contadini, divenendone Segretario dopo che era stata superata la crisi dell’organizzazione dovuta ai comportamenti del predecessore Giovanni Albertone. Successivamente, dopo gli applausi dei presenti, salì sulla seggiola tale Arturo Frizzi, un personaggio alquanto strano, anche lui aderente alle idee socialiste, ma con un passato travagliato. Il Frizzi invitò i rappresentanti dei padroni, sicuramente presenti e mischiati fra gli astanti, a sostenere le proprie tesi contro lo sciopero dei contadini, a parlare del ruolo dei crumiri o lavoratori liberi, insomma cercando di creare un contradditorio utile a far capire meglio le ragioni delle lotte che si stavano manifestando un po’ ovunque.

Siamo nel 1908, un anno particolarmente critico. Già nell’anno precedente il movimento dei contadini di Parma era riuscito ad ottenere un accordo che cancellava l’assurdo orario di lavoro per i salariati agricoli che andava dall’alba al tramonto introducendo le 11 ore (13 per gli spesati o famigli da spesa) e ad ottenere un leggero aumento dei salari, accordo che l’Associazione Agraria di Parma successivamente disdisse ritenendolo troppo favorevole ai lavoratori. Anzi, pensò bene di contrastarlo con tutta la sua forza favorendo la creazione di gruppi armati (nel solo comune di Noceto si concessero in quell’anno 271 licenze di porto d’armi) per proteggere i crumiri che arrivavano da varie provincie per sostituirsi agli scioperanti; facendo firmare agli associati agrari un impegno secondo il quale coloro che avessero disatteso le direttive dell’Agraria avrebbero dovuto pagare all’associazione una penale pari al prodotto di un anno delle proprie terre ed infine convinse diversi proprietari a disconoscere l’accordo sull’orario di lavoro firmato l’anno precedente mandando al sindacato le disdette.

Di fronte a tale situazione all’interno del sindacato di Parma maturò ulteriormente la contrapposizione delle due anime del socialismo così come si erano delineate al congresso di Imola del 1902, un partito riformista contrapposto ad un partito rivoluzionario e nel contempo tale contrapposizione si manifestò con forza nell’organizzazione sindacale al cui interno la componente socialista rivoluzionaria facente capo ad Alceste de Ambris aveva la maggioranza (15.478 voti contro i 3.224 espressione dei socialisti riformisti).

Tornando alla Piazza Vecchia ed al comizio di Senofonte Entrata, sicuramente l’oratore deve aver fatto riferimento alla situazione parmense, anche se il comizio si tenne due mesi prima dell’inizio delle sciopero generale (1° maggio 1908). Ne deve aver parlato anche a Quattrocase alle sette di sera del sabato precedente (l’Eco del Popolo del 22 febbraio ne parla accennando anche all’arrabbiatura del parroco locale don Ronca). Dei diritti dei lavoratori ne deve aver parlato anche il Prof. Ferrari a Rivarolo del Re. Comizi si tennero anche a Vicoboneghisio, a Cappella: in pratica si stava dando vita alla lega dei contadini del casalasco. Sull’ Eco del Popolo del 22 febbraio 1908 tra le corrispondenze da Casalmaggiore, si trova anche una lunga colonna dedicata appunto alla nascita del movimento dei contadini (attribuibile al Senofonte Entrata) e vi si legge: “Ai contadini vada il fraterno e solidale nostro saluto. Non lasciatevi intimorire, o forti lavoratori, da lusinghe o da minacce. Perseverate, diventate sempre più solidali, incuorate i restii ad entrare nell’organizzazione, e preparatevi alla prossima grande battaglia. Ora più che mai, fatevi convinti che come affermava Marx, la redenzione dei lavoratori dev’essere opera dei lavoratori stessi.”

Il terreno su cui si stavano seminando i principi dell’organizzazione dei lavoratori, è un terreno fertile e non tarderà a dare i suoi frutti (ben descritti nel lavoro di E. Zanoni, M. Bardelli, G. Chiappani, R. Antoniazzi: “Ottant’anni di lotte del movimento sindacale cremonese (1893 – 1973)”).

Intanto nella vicina Parma maturarono i tempi per una fortissima mobilitazione e lotta (anche se collocata in epoca diversa, il Giovannino Guareschi ne prende spunto in una parte del film “Don Camillo”, così come il grande regista Bernardo Bertolucci ne esalta il ruolo nel capolavoro “Novecento”) per l’applicazione del nuovo contratto di lavoro ottenuto l’anno precedente e disdettato dai proprietari terrieri.

I fermenti, soprattutto nell’ambito del Partito Socialista e nella Camera del Lavoro, il prevalere dei sindacalisti “rivoluzionari”, la scissione voluta e portata avanti dal De Ambris, lo sciopero generale dichiarato dopo che le astensioni dal lavoro non avevano sortito il risultato sperato, il trasferimento di bestiame dal parmense anche nel cremonese, l’incetta di krumiri da impiegare per il nuovo raccolto che rischia di restare nei campi, insomma tutta questa situazione sicuramente era a conoscenza dei casalaschi, grazie anche alla diffusione di volantini (Uno degli ultimi recita”…Come già parecchie Camere del Lavoro a noi vicine hanno fatto e fanno, occorre che da parte di tutte le organizzazioni operaie si eserciti una stretta assidua sorveglianza per sventare i tentativi che fanno certi negrieri per arruolare i crumiri e spingerli nel parmense a fiaccare la lotta nostra. Sono trentamila scioperanti che ve lo domandano, compagni lavoratori. Nessun crumiro deve partire per la provincia di Parma! La ribalderia padronale non deve vincere per il tradimento proletario! Viva la solidarietà! Viva lo sciopero! Il Comitato di Agitazione”) ma anche per l’opera di personaggi come il Senofonte Entrata ed ai suoi comizi.

Ed è stata proprio la notizia che gli agrari di Parma stavano attendendo un treno proveniente da Crema, via Cremona, Piadena e Casalmaggiore con a bordo circa 250 “liberi lavoratori” come venivano chiamati, che mise in moto una mobilitazione improvvisa e straordinaria di gente.

Era la sera del 27 maggio e la poca gente presente in Piazza Garibaldi imparò che alle 22 sarebbe arrivato un treno da Piadena con a bordo 250 crumiri diretti a Parma. Velocissima fu la mobilitazione attraverso il passaparola da una casa all’altra da un’osteria all’altra. In breve tempo più di 200 persone si trovarono in stazione all’arrivo del treno delle 22. Facile immaginarsi le urla, le grida: vennero aperte le porte delle carrozze e si invitarono i crumiri a scendere, a non proseguire il viaggio verso Parma. Giunse in stazione anche il sottoprefetto che, saputa anche lui la notizia, aveva sperato di trovare dei carabinieri da portarsi appresso, mentre in caserma trovò solo il piantone.

Si riuscì, anche perché nel frattempo la gente era aumentata di parecchio, a convincere i crumiri a scendere dal treno ed ad andare tutti in centro a Casalmaggiore, per parlare ma anche per rifocillarsi dopo il lungo viaggio. Alcuni di loro, dopo aver spiegato di provenire dal cremasco, di essere stati presi a sassate alle stazioni di Cremona e Piadena, si premurarono di assicurare i presenti che si erano mossi perché era stato detto loro che a Parma lo sciopero era finito, che necessitava mano d’opera per completare i lavori nei campi e che avrebbero guadagnato cinque lire al giorno più tre pasti, e che Dio sa bene quanto bisogno avevano di quei pochi denari! Poveretti, devono aver preso un bello spavento sia nelle varie stazioni e in particolare a Casalmaggiore!

Intanto arrivarono in Piazza e poi alla caserma “La Marmora”. E qui avvenne il miracolo! Chi corse a casa a recuperare i resti della cena, chi portò bottiglie di vino, chi portò pezzi di formaggio, chi frutta, chi liquori, insomma un andirivieni festoso di uomini e di donne tutti impegnati a dar da mangiare a ste’ disperati, che di fronte a tanto ben di Dio ovviamente si scordarono di Parma. Manca il pane? Nessun problema: un fornaio ne preparò un quintale in breve tempo. Le osterie fecero a gara a fornire del buon vino. Gli osti non ricordavano il tempo di avere spillato così tanto vino in una notte. Al mattino c’era ancora gente che stava mangiando e bevendo (tanta era la fame!).

Pare, ma la notizia non è certa, che Filippo Corridoni al mattino sia venuto a Casalmaggiore per parlare con i crumiri che nel frattempo si erano avviati per ritornare in stazione per prendere il primo treno utile per tornare alle proprie case (venivano da Casaletto Vaprio nel cremasco). Il Corridoni era rientrato da poco dall’estero e si muoveva con un falso nome, Leo Cervisio per evitare di essere nuovamente arrestato, e si era fatto carico di seguire le vicende dell’organizzazione dei crumiri per conto del Comitato di Agitazione di Parma.

Alle dieci tutti arrivarono alla stazione ma incontrarono la cavalleria che nel frattempo il viceprefetto aveva fatto mobilitare. Lo scontro fu inevitabile. Da una parte si voleva che i crumiri potessero andare liberamente a Parma (anche se ormai avevano deciso proprio il contrario, almeno la stragrande maggioranza) e dall’altra, i circa quattromila presenti, tanti erano diventati, volevano che se ne tornassero al loro paese.

Dal tafferuglio pare che non ci sia stato alcun ferito, mentre si temette che il peggio potesse arrivare con il sopraggiungere di macchine provenienti da Parma con a bordo agrari e giovani armati di revolver. Questi riuscirono a parlare con i crumiri fra le urla e i fischi dei presenti e ne convinsero una quarantina a risalire sul treno per Parma. Ma questi vistisi in minoranza, scesero e salirono invece sul treno per Piadena.

Alla fine, finalmente il treno del ritorno partì fra saluti, urla, canti e solo poco più di una ventina di crumiri accettò di andare verso Parma. Gli agrari con le loro macchine anziché usare il ponte di Casalmaggiore, preferirono attraversare quello di Viadana per tornare ai loro paesi.

Si concluse così una giornata piena di tensioni e soprattutto piena di interrogativi che certamente anche il Senofonte Entrata si sarà posto. Era evitabile lo sciopero dei contadini parmensi? Gli agrari hanno voluto dare prova di forza per colpire sul nascere un sindacalismo più rivoluzionario che riformista? chi erano quei giovani che, insieme con gli agrari, con armi alla mano, che cercavano di intimorire gli scioperanti e coloro che li sostenevano? E soprattutto che effetti avrebbe avuto lo sciopero sui contadini cremonesi e mantovani?

Con questi interrogativi che anche la stampa locale ripropose con insistenza, il Senofonte Entrata lo ritroviamo poi impegnato a ricevere i bambini figli degli scioperanti parmigiani presso famiglie di Viadana (molte altre città si offrirono in una gara straordinaria di generosità e solidarietà ad ospitare i piccoli parmigiani), a portare l’organizzazione sindacale ad ottenere migliorie ulteriori sia economiche che sociali per i propri aderenti, a divulgare il verbo socialista (non dimenticando i suoi rapporti con i Vezzani, Giuseppe Bertani, Enrico Dugoni ed in particolare con la grande Argentina Altobelli, figure straordinarie del socialismo mantovano) ed a raccogliere fondi per aiutare le famiglie scioperanti più bisognose. Morirà nel 1913 a quarantatré anni essendo nato a Viadana il 20 settembre 1870 lasciando la moglie e sei piccole figlie nella più nera miseria tanto che venne organizzata una sottoscrizione nazionale per il loro sostentamento.

La vicenda di Casalmaggiore finì in Parlamento. Tre deputati liberali gli on. Faelli, Cardani e Pistoja presentarono un’interrogazione al sottosegretario agli interni, l’on. Facta, chiedendo se non ritenesse che si fosse attentato alla circolazione dei treni e alla libertà di lavoro. E l’on. Facta, ammettendo i fatti segnalati come reati, rispose che i responsabili sarebbero stati deferiti all’autorità giudiziaria. Vennero identificati in quattro membri della Camera del Lavoro di Cremona (Galliadi, Albertone, Sozzi e Aghemo) come responsabili del reato, mentre è certo che il treno a Casalmaggiore si fermò per ragioni di servizio, come ebbero a testimoniare gli addetti alla stazione stessa, quindi nessun attentato alla circolazione, così come i crumiri accettarono liberamente di scendere e fermarsi a Casalmaggiore a testimonianza che non vi fu alcun attentato alla libertà di lavoro e quindi i capi d’imputazione caddero nel nulla in breve tempo Ma nessuno si preoccupò di porre il problema degli agrari armati che con il loro comportamento avrebbero anticipato le squadre fasciste di triste memoria, nessuno pose il problema delle loro azioni intimidatorie protetti dalle forze dell’ordine.

(NB. Le notizie sono tratte da articoli dedicati allo sciopero del 1908 e apparsi sui giornali quali: Il Resto del Carlino, L’Internazionale, l’Eco del Popolo , La Provincia di Mantova, La Gazzetta di Parma, L’Agricoltore Cremonese, Il Torrazzo di Crema, La Stampa).

Costantino Rosa

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