Chiesa

Polesine Parmense, Chiesa di San
Vito e Modesto compie 300 anni

La chiesa, da oltre un anno, esattamente da novembre 2022, è chiusa e transennata per motivi di sicurezza. Gli assestamenti del terreno, le ultime scosse sismiche, le conseguenze del maltempo (su tutte i danni causati dalla tromba d’aria del 4 luglio 2022) hanno fatto emergere danni

Compie trecento anni la chiesa parrocchiale dei santi Vito e Modesto in Polesine Parmense. Un traguardo importante, significativo, accompagnato da una considerevole storia che riguarda e coinvolge, in modo diretto, anche il territorio cremonese.

Trecento anni di vita per un luogo che, come accade per tutte le chiese, ha accompagnato la vita e le vicende della comunità nata, cresciuta e sviluppatasi all’ombra del suo campanile. Ha cullato i primi vagiti di coloro che, tra le sue mura, hanno ricevuto il battesimo, ha festeggiato l’unione di quelle famiglie che vi hanno mosso i primi passi, ha salutato mestamente, accompagnandoli al vicino camposanto quelli che hanno concluso la loro vita terrena. E’ stata custode dei momenti lieti e di quelli tristi della comunità, ha ospitato un numero incalcolabile di celebrazioni, da quelle più solenni a quelle ordinarie; ha visto fiorire vocazioni ed ha visto alternarsi una ventina di parroci. Trecento anni di storia che meriterebbero di essere celebrati in modo solenne, luminoso e importante.

Invece, salvo fatti clamorosi, per non dire miracolosi, trascorreranno al buio, nel silenzio, si spera almeno non nel dimenticatoio. Perché tutto questo? Perché la chiesa, da oltre un anno, esattamente da novembre 2022, è chiusa e transennata per motivi di sicurezza. Gli assestamenti del terreno, le ultime scosse sismiche, le conseguenze del maltempo (su tutte i danni causati dalla tromba d’aria del 4 luglio 2022) hanno fatto emergere danni alle coperture e, dopo le verifiche del caso, ne è stata decisa la chiusura per chiari motivi di sicurezza, per garantire quindi l’incolumità di tutti. Da quattordici mesi un triste nastro bianco e rosso delimita il sagrato e impedisce l’accesso, con le funzioni “trasferite” nella vicina chiesetta della Beata Vergine di Loreto (meglio conosciuta come “Madonnina del Po”) ed i funerali che vengono invece officiati nella chiesetta cimiteriale oppure nelle parrocchiali del vicini centri di Santa Croce e di Zibello. Sulla chiesa parrocchiale è calato il “buio” e, al momento, non sembra affatto vicina una sua riapertura che dovrebbe necessariamente passare prima per importanti e corposi lavori di sistemazione e di messa in sicurezza, per i quali servirebbero certamente cifre importanti (il terzo centenario potrebbe, o poteva essere l’occasione per reperire finanziamenti).

Bisogna purtroppo dire che Polesine Parmense non è propriamente fortunato in fatto di chiese parrocchiali. Le prime due, quando il paese si chiamava Polesine San Vito se le è “portate via” il Grande fiume distruggendole. La terza, l’attuale, è in precarie condizioni strutturali, al punto infatti da rendere inevitabile la sua chiusura.

Attingendo alla storia, bisogna dire che nel Codex diplomaticus Cremonae di Lorenzo Astegiano tanti e importanti sono i riferimenti anche a Polesine di San Vito, a partire dal 1186, ma in nessuna delle pergamene comunali pubblicate è citata la sua chiesa, tradizionalmente ritenuta di antica fondazione. Bisogna arrivare alla bolla di Eugenio IV del 9 luglio 1436 che vederla figurare, per la prima volta, accanto alle chiese della diocesi cremonese, che erano sottoposte alla collegiata di Busseto, eretta su istanza di Orlando Pallavicino, feudatario del luogo, e da lui ampiamente beneficiata.

La storia informa che la prima chiesa parrocchiale di Polesine di San Vito venne demolita nel 1400 perchè gravemente danneggiata dalle acque del Po. La successiva, costruita intorno al 1400 in sostituzione della precedente, fu a sua volta distrutta dalle acque del Po nel 1720. Doveroso ricordare che agli inizi del XVI secolo il fiume spostò il suo letto più a sud, fino a lambire le fondamenta della rocca, che nel 1547 crollò e la stessa sorte toccò pochi anni dopo anche alla chiesa costruita da Giovan Manfredo Pallavicino nei pressi dello stesso maniero. Successivamente il fiume riprese il suo corso e il borgo di Polesine rifiorì, con la costruzione di abitazioni e di due palazzi marchionali; la situazione precipitò ancora agli inizi del XVIII secolo, quando il Po deviò nuovamente verso sud e, straripando, distrusse nel 1720 la cinquecentesca chiesa di San Vito e, alcuni anni dopo, il palazzo delle Fosse, residenza di Vito Modesto Pallavicino.

Quest’ultimo finanziò i lavori di costruzione di una nuova chiesa (l’attuale) in una posizione più distante dalla riva, fulcro dello sviluppo successivo del paese. Vito Modesto morì nel 1731, nominando erede universale il “ventre pregnante” della moglie, che tuttavia partorì una femmina, Dorotea e, quindi, il feudo fu assorbito dalla Camera ducale di Parma, che lo assegnò, unitamente a Borgo San Donnino, alla duchessa Enrichetta d’Este, vedova del duca di Parma e Piacenza Antonio Farnese. L’attuale chiesa fu costruita tra il 1720 ed il 1724 e venne consacrata il 17 ottobre 1724 dal vescovo diocesano monsignor Gherardo Zandemaria.

Fu dedicata da subito ai santi Vito e Modesto, in onore del nobile signore che a sue spese ne aveva curato la realizzazione. Vito Modesto, ultimo signore di Polesine, è tuttora sepolto sotto l’altare della chiesa; la sua tomba venne alla luce nel luglio del 1957 durante i lavori di sistemazione di presbiterio e altare. Mentre si stava procedendo alla preparazione del fondo per la nuova pavimentazione in marmo, ai piedi dell’altare venne scoperta la tomba che consisteva in una stanza con volta in mattoni e, sulla sommità, la semplice iscrizione “Pregate per l’anima di Vito Modesto Pallavicino”. Con il completamento del sottofondo la tomba fu di nuovo ricoperta, ma in paese si risvegliò chiaramente la gratitudine verso l’antico ed indimenticato benefattore. All’interno spicca, nel mezzo dell’abside, il dipinto a olio su tela della scuola del Parmigianino che raffigura la “Madonna con i Santi Vito e Modesto”.

Dipinto che fu donato alla chiesa dalla marchesa Dorotea Pallavicino, figlia di Vito Modesto, unitamente alla ricca cornice in legno intagliato e dorato, decorata di volute e fogliami, che in basso reca uno scudo con fondo quadrettato con l’iscrizione “Dorothea Viti Modesti filia postuma mente secuta MDCCXLIV”.

E’ invece, da molti anni, del tutto inservibile l’organo Serassi che, nel 1935, fu radicalmente restaurato dal cremonese Arturo Bavelli. Trecento anni di storia, di vita, di vicende legate alle popolazioni rivierasche del Grande fiume non possono certo passare inosservati. Non resta che sperare, come evidenziano in molti, che qualche benefattore, sul’esempio del fondatore si metta una mano sul cuore (e magari sul portafogli, ci si passi la schiettezza) per portare nuova luce, nuovo futuro e scrivere una nuova pagina di storia per la pluricentenaria chiesa.

Eremita del Po, Paolo Panni

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